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Come costruire un portafoglio d’investimento a massima diversificazione del rischio

come investire

Noi di Advise Only (per fortuna) riceviamo tantissime domande e commenti da parte dei nostri utenti (grazie!) e, soprattutto in questa fase, riteniamo che l’interrogativo più comune sia:

“l’incertezza è tanta, i mercati sono tumultuosi e ho le idee poco chiare su come investire. Che tipo di portafoglio d’investimento posso creare per i miei risparmi?”

Prassi e teoria finanziaria affermano che, per investire al meglio i propri risparmi, occorre costruire il portafoglio suddividendo il denaro in categorie (ad esempio obbligazioni governative Euro, liquidità, azioni USA, azioni Euro, ecc). Questa fase, detta “Asset Allocation”, è importantissima, in quanto da essa generalmente dipende l’80%-90% della performance. La scelta del prodotto finanziario specifico con cui attuare l’Asset Allocation, avviene in un secondo momento.

Vari sono i metodi per definire l’Asset Allocation, il dibattito sul “miglior metodo” è aperto.  Il metodo della “Massima Diversificazione del Rischio” (in questo post abbreviato come MDR) è una modalità relativamente nuova, che sta rapidamente diventando popolare tra i professionisti del risparmio (nel mondo anglosassone la MDR è nota come “Risk Parity” o “Equally-Weighted Risk Contributions”).

L’idea è questa:

“Ripartire al massimo i rischi,  in modo che ogni investimento contribuisca in ugual misura al rischio totale.”

In pratica il peso assegnato a ciascuna attività in portafoglio è inversamente proporzionale al suo rischio e a quanto tale attività si muove in sintonia con le altre. Così, se una classe d’investimento ha rischio elevato, come ad esempio le azioni Europee, e si muove generalmente in sintonia con altre categorie d’investimento presenti in portafoglio, come le azioni USA, allora peserà poco; viceversa, la liquidità o le obbligazioni con scadenza breve, tipicamente poco rischiose e con movimenti in controtendenza rispetto alle azioni, riceveranno un peso elevato.

Quindi il metodo MDR focalizza l’attenzione sui rischi e sul loro bilanciamento; il fine è creare portafogli difensivi.

A mio parere ciò è positivo per almeno tre motivi:

  1. di questi tempi “cigni neri” sotto forma di crisi finanziarie globali accadono con dolorosa frequenza, quindi una modalità di definizione dei portafogli incentrata sulla gestione dei rischi dovrebbe di per sé esercitare un fascino evidente su chiunque sia dotato d’istinto di conservazione;
  2. è più semplice misurare decentemente i rischi che prevedere l’andamento dei mercati, mestiere difficile se non impossibile; la metodologia si presenta credibile (nessuna pretesa da oracolo…);
  3. se si intende il rischio come “possibilità di subire perdite” e si utilizza una misura di rischio dinamica, tenendo conto del fatto che il rischio cambia nel tempo (cosa piuttosto evidente a chiunque segua anche solo distrattamente i mercati finanziari…), il metodo MDR fa sì che quando il rischio di uno o più investimenti sale rispetto agli altri, il suo peso diminuisca con l’effetto di ridurre il rischio di perdite potenziali – proteggendo il portafoglio.

Mettiamo alla prova questa metodologia grazie ad un esempio. Consideriamo le seguenti categorie d’investimento: liquidità Euro, obbligazioni governative italiane a breve e medio-lungo termine, oro (fisico), azioni per Europa, USA, Area Pacifico e Paesi Emergenti.

Ipotizziamo di utilizzare dei semplici strumenti di attuazione dell’Asset Allocation: i fondi comuni di diritto italiano (escluso l’oro, per il quale si è ipotizzato l’acquisto fisico, tenendo conto della fiscalità), rappresentati dagli Indici Fideuram. Per tali indici sono disponibili serie storiche di dati lunghe, dal febbraio 1999 ad oggi, periodo interessante perché include eventi di mercato molto critici, come lo scoppio della “Bolla Internet” e il caso Enron, la crisi del credito 2008 culminata con il fallimento di Lehman Brothers, l’attuale “crisi del debito sovrano”.

Per capire il funzionamento del metodo, l’andamento del portafoglio viene confrontato con l’andamento di:

  • un portafoglio equipesato (cioè ogni attività ha il medesimo peso percentuale);
  • un portafoglio liquidità Euro;
  • due portafogli bilanciati
    • il primo è di impronta “europea”: 50% in attività a reddito fisso Euro, 50% in azioni Europa;
    • il secondo ha piglio più internazionale: 50% in attività a reddito fisso Euro, 50% in azioni Euro, USA, Pacifico.

Clicca per ingrandire l’immagine

Fonti: serie storiche dei prezzi dei Fondi Fideuram di fonte Bloomberg dal 02/02/1999 al 30/08/2011, rilevate con cadenza settimanale. Elaborazioni Advise Only, effettuate senza anticipazione d’informazione (“Out of sample”), adottando come misura di rischio il Downside Risk, con ribilanciamento mensile dei portafogli e peso massimo della liquidità pari a 50%.

In breve, sebbene tutti i portafogli abbiano nel periodo performance piuttosto deprimenti, quella dell’MDR risulta la migliore e con rischio contenuto, superiore solo a quello dei fondi di liquidità. La massima perdita riscontratasi nel periodo, il Max DrawDown (la perdita del più iellato degli investitori, che entra sul massimo ed esce sul minimo), è stata pari a -4,9%, molto meno delle perdite tra il 25% e il 30% dei bilanciati. E, in effetti, il portafoglio MDR presenta il miglior rapporto tra rendimento e rischio (Sharpe Ratio).

Pure essendo un mero esempio e nulla di più, ritengo che con questo esercizio vengano alla luce i fatti salienti dei portafogli MDR:

  • hanno basso rischio e tendono a cavarsela in ogni situazione, ma meglio non aspettarsi rendimenti stellari;
  • fanno “fatica a prendersi rischi”, cioè tendono sempre alla prudenza, anche quando si potrebbe fare qualcosa di più; tale caratteristica può andar bene a molti investitori ma non a tutti, a ciò si può ovviare combinando questo portafoglio (utilizzato come base o “Core”) con un altro, dalle maggiori potenzialità di performance (da utilizzarsi come “Satellite”);
  • il peso della liquidità tende ad essere esagerato per molti investitori (e di questo ne parleremo nel prossimo post).

La strategia è naturalmente attuabile anche mediante ETF ed ETC, con costi di gestione (TER) bassi e commissioni di negoziazione contenute per via della scarsa movimentazione (nell’esempio riportato il turnover è 37% annuo).

Il metodo ti interessa? Lo vuoi provare? Sei fortunato. La “massima diversificazione del rischio” è anche un’applicazione gratuita sul sito www.adviseonly.com: per applicarla, ti basta andare nell’area Portafogli, entrare con modalità “Edit” su un portafoglio, cliccare sull’icona “Modifica Peso” e, successivamente, sull’icona all’estrema destra.


La settimana prossima riprenderemo il tema, con alcuni suggerimenti pratici, con l’obiettivo di mettervi in condizione di costruire da soli un portafoglio sensato con questa metodologia. Beh, non proprio da soli; potete cercare conforto sulla Community Advise Only, il posto giusto per confrontarsi su questi (e molti altri) temi, con noi e con altri investitori di ogni tipo e livello. Sul mio profilo, ad esempio, trovate alcuni articoli sull’Asset Allocation, che ne illustrano l’importanza e confrontano varie metodologie.

Buona navigazione.

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

Ultimi commenti
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    Se nel 2000 o 2001 o 2002 prendevi un portafoglio 100% di BTP a 10 anni, ti cuccavi rispettivamente un gustoso 5.57%, 5.13%, 5,04% lordi annui per 10 anni e non ci pensavi più.
    Visto che sono cedole, per compararlo ai portafogli dell’articolo (se non ho sbagliato i calcoli) è un 4,14% annuo lordo (cioè un 50% lordo in 10 anni che è circa un 4,14% lordo/annuo rivalutato).

    Fonte: http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/dati_statistici/principali_tassi_di_interesse/storico_principali_tassi_di_interesse.html?showAll=true

    Capisco che con il senno di poi siamo tutti bravi, però quello su cui mi “auto invito” a riflettere è se poi ne vale la pena faticare per creare un portafoglio diversificato, per poi soffrire comunque perché ci saranno comunque momenti che calerà e poi alla fine di 10 anni aver preso un forse misero 2,1% lordo annuo, quando con tutti BTP avevi risolto il problema.

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      Gianni, non puoi ragionare con il “senno di poi” (…il detto dice “del senno di poi sono pieni i fossi”): le decisioni si prendono tutte ex-ante, e quelle relative agli investimenti finanziari sono prese in un contesto di elevata incertezza e molto “rumore” (nel senso fisico del termine: tante onformazioni, difficile filtrare l’essenza davvero utile). La diversificazione serve proprio ad affrontare questa incertezza.
      Considera che un portafoglio ben diversificato (ma non troppo) farà sempre un lavoro peggiore degli investimenti che, a posteriori si rivelano i migliori, ma farà probabilmente comunque un buon/discreto lavoro.
      Per dire, “Tempo Stabile”, portafoglio abbastanza scolastico, e il portafoglio Anti-Crisi “Intermedio”, due tipici portafogli figli della diversificazione, rendono circa il 6% all’anno da quando sono partiti, con un rischio accettabile per molti. Niente di eccezionale, ma neanche malaccio.

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        Concordo!

        Forse il mio è più un discorso sull’aspetto psicologico dell’investitore.

        Quello che intendevo è che un BTP preso con l’intento di tenerlo fino a scadenza (ammesso e non concesso che non capitino ristrutturazioni dell’Italian debt) può far soffrire meno di un portafoglio diversificato.

        Cioè entrambi sono volatili, ma nel caso del BTP a 10 anni alla peggio puoi sempre pensare “va beh se li vendessi ora perderei (esempio salgono ii tassi a breve), ma tanto avrò indietro i miei soldi a 100 a scadenza, quindi mi basta attendere la scadenza” con il portafoglio diversificato temi meno i default su un singolo titolo, ma quando vedi perdere l’insieme del portafolgio ti viene spontaneo chiederti: “Oh Dio, ma quando tornerà a crescere? Quando potrò disinvestire avendoci guadagnato? Non è che tra 10 anni sarà ancora in perdita?”.

        P.S.1: mi piace molto la riflessione: “un portafoglio ben diversificato (ma non troppo) farà sempre un lavoro peggiore degli investimenti che, a posteriori si rivelano i migliori”.

        P.S.2: Portafoglio “Intemedio” concordo, ma sei sicuro del “Tempo Stabile”? Non parlo di rendimento, ma “Tempo Stabile” non mi sembrava fosse molto “scolastico” come portafoglio essendo un “total return” che investe sulla base delle previsioni del Barometro del Rischio.

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          E’ volutamente un po’ scolastica la costruzione dei due portafogli base, quello aggressivo e quello difensivo, nel senso che manca l’asset allocation tattica (per dire, c’è l’oro in un periodo in cui noi pensavamo fosse in super-bolla): l’obiettivo era infatti l’utilizzao del Barometro come variabile che fa passare da un portafoglio più aggressivo a uno più difensivo e viceversa.

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