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HomeCAPIRE LA FINANZAFINANZA PERSONALEL’aritmetica creativa dei fondi di investimento. Cosa viene nascosto ai risparmiatori

L’aritmetica creativa dei fondi di investimento. Cosa viene nascosto ai risparmiatori

Premessa: i fondi comuni sono ottimi prodotti di investimento. L’analisi di questo post verte sui costi dovuti alla distribuzione i quali, però, dal punto di vista del risparmiatore si ripercuotono sulla convenienza dello strumento.

Iniziamo con un test per capire la situazione. Compro un fondo obbligazionario e lo tengo in portafoglio per 3 anni: il primo anno la performance è il 7%, il secondo il 2% e il terzo il 5%.

Quanto avrò guadagnato alla fine dei 3 anni: circa il 14%, circa il 4% o circa l’8%? Risposta: tutte e tre le opzioni sono corrette… complimenti!

Dal 1° luglio 2012 in Italia, in seguito all’applicazione della direttiva UCITS IV, è obbligatorio per le società che gestiscono fondi armonizzati o UCITS (Undertaking for Collective Investments in Transferable Securities) produrre e consegnare agli investitori il “KIID” (Key Investor Information Document). Con questo nomignolo da supereroe ci si aspetta un qualcosa che aiuta noi risparmiatori ed infatti così è (o, almeno, dovrebbe essere).

Il KIID sostituisce il prospetto informativo semplificato e racchiude tutte le informazioni fondamentali per l’investitore tra cui:

  • dati identificativi del fondo,
  • nome della SGR,
  • obiettivi e politica di investimento,
  • profili di rischio e rendimento,
  • spese,
  • risultati ottenuti in passato,
  • informazioni pratiche.

Per saperne di più potete leggere la “guida alla lettura” del KIID elaborata da Pioneer.

La chiarezza e la schematicità del documento sono sicuramente elementi molto positivi. Decido di andare a vedere quella che è la parte più “sensibile” delle informazioni, cioè il lato delle spese. Queste sono indicate nella misura massima prevista per il fondo. Chi lo vende potrà, su talune voci come le commissioni di ingresso e di uscita, farvi uno sconto. Esse sono suddivise in:

  • Spese una tantum: spese di sottoscrizione, spese di rimborso;
  • Spese prelevate annualmente dal fondo: spese correnti (più o meno coincidenti con le spese di gestione e che escludono i costi di transazione);
  • Spese prelevate dal fondo in specifiche condizioni: commissioni di performance (poco frequenti in Italia).

Noto  che in questa sezione si precisa che:

”… le spese corrisposte sono usate per coprire i costi di gestione del fondo compresi i costi legati alla commercializzazione e alla distribuzione del fondo stesso. Tali spese riducono la crescita potenziale dell’investimento.”

Non si fa parola del peso delle commissioni di retrocessione alle reti di distribuzione sul totale delle commissioni.

Assogestioni e altri organismi rappresentanti le società di gestione di altri paesi l’hanno giudicata “non significativa”.

Metto il link al comunicato di Assogestioni (leggere a pag. 4) per una lezione gratuita di “trasparenza all’italiana”:

“… l’obbligo di dare evidenza nel modulo di sottoscrizione alle retrocessioni erogate a favore dei soggetti distributori appare sistematicamente e praticamente del tutto ingiustificato…” .

Assogestioni non crede sia un’informazione rilevante rendere nota la percentuale retrocessa al distributore (tutta gravante sul risparmiatore, lo ricordiamo). Neanche se in Italia la quota del distributore (promotore, banca) è circa l’80% del costo di un fondo di investimento! Eh sì, promotori e banche dicono di offrire consulenza “gratuita”, ma in realtà vengono remunerati attraverso le vostre commissioni. La conseguenza? Spese maggiori per i risparmiatori.

Facciamo un esempio pratico

Ho deciso di analizzare sul serio questi benedetti KIID, quindi sono andata sul sito di una grande casa di gestione globale: BlackRock.

NB: La scelta della società dipende solo dalla completezza delle informazioni disponibili, nulla cambia per costi e caratteristiche con le altre (anzi, si potrebbe facilmente trovare di peggio).

BlackRock è un gestore conosciuto in tutto il mondo e con una presenza consolidata in Italia. Nel nostro paese non ha una vera e propria rete commerciale, ma distribuisce i suoi fondi attraverso reti terze (promotori, banche online, altre banche).

In questo “spirito da Gabanelli” scelgo un prodotto semplice: un fondo obbligazionario di alto livello creditizio che investe in titoli a reddito fisso dell’area Euro: il Blackrock Euro Bond Fund. Quindi cerco i KIID del fondo in questione e… mi spuntano ben 7 versioni, corrispondenti a 7 diverse classi commissionali: X2, E5, A2, D2, E2, B2 e C2!

Cosa sono queste 7 classi contraddistinte da diverse sigle? Il fondo è sempre lo stesso, ma ci sono 7 (SIC!) diversi prezzi a cui lo stesso fondo viene venduto.

Andiamo più a fondo, come un risparmiatore dovrebbe fare. Nella tabella sotto ho elencato i 7 diversi profili commissionali delle 7 classi (o versioni del fondo). Diamo un’occhiata:

i costi per il risparmiatore che investe in un fondo obbligazionarioInteressante no?  Le commissioni d’ingresso variano dallo 0 al 5%, se non ci sono all’entrata, sono presenti le commissioni d’uscita (dall’1 al 4%). Le commissioni di gestione variano dallo 0,06% della classe X2 (chi pagherà così poco?) a un cospicuo 2,22% annuo nel caso della classe C2.

Vediamo quali sono le conseguenze sulla performance e sul rendimento dell’ipotetico fondo (sul KIID è precisato molto chiaramente che i costi possono incidere negativamente sulle performance! ).

Ipotesi

  1. L’investitore paga sempre le commissioni massime
  2. L’investitore resta nel fondo per 3 anni e investe € 20.000
  3. I rendimenti lordi del fondo sono pari al 7% all’anno 1, al 2% all’anno 2 e al 5% all’anno 3
  4. I rendimenti del fondo vengono reinvestiti ogni anno nel fondo stesso.

Risultati (davvero sorprendenti!)

quali sono i risultati di un investimento in un fondo obbligazionarioPrima di analizzare il rendimento totale sui 3 anni, guardiamo il carico commissionale su ogni anno.

Ad esempio il primo anno l’investimento rende il 7% ma, se il risparmiatore appartiene alla classe A2, il promotore applicherà tutte le commissioni d’entrata pari al 5% e quelle di gestione pari allo 0,95%. Il povero risparmiatore si porterà a casa un misero 1,05%.

Situazione analoga si verifica al terzo anno per l’investitore della classe B2: la commissione all’uscita del 4%, sommata ad una commissione annua dell’1,97%, porterebbe l’investitore ad avere un rendimento negativo nonostante il fondo avesse reso un 5% lordo!

Tutto sommato risulta più equilibrata la situazione del signore che acquista la classe C2. Certo, paga un fondo obbligazionario governativo ben il 2,22% annuo (un ETF equivalente costa 0,15% annuo!) ma almeno il rendimento è compresso in modo omogeneo.

Drammatico è anche il raffronto dei rendimenti cumulati sui 3 anni: si va da un 14,4% fino ad un minimo del 4,22%. Il che, su un investimento di € 20.000, fa una sonora differenza.

Sorgono spontanee alcune domande

  1. Come si fa a comprare la classe X2 e perchè costa solo lo 0,06% annuo? Verosimilmente la classe X2 è la classe cosiddetta istituzionale, cioè “all’ingrosso” che ottengono solo i grandi player istituzionali sul mercato. I 6 punti base annui rappresentano versosimilmente il costo alla produzionedel fondo, cioè il costo minimo a cui la SGR è disposta a venderlo. È un costo base e il concetto che il prezzo all’ingrosso sia inferiore a quello al dettaglio è ragionevole sulla base dei maggiori costi operativi che pesano di più sugli ammontari più piccoli.
  2. Ma allora perchè altre 6 classi di prezzo con varie modalità di tariffazione all’ingresso, all’uscita o annue?Le 6 classi diverse non sono state costruite dall’SGR perché voleva rendere il mercato opaco, ma sono state verosimilmente richieste da diverse reti di distribuzione che, lo ricordo, hanno una totale discrezionalità nell’applicare o meno le commissioni all’ingresso o all’uscita e nel  fare “sconti” ai loro clienti. Tuttavia esigono un certo ammontare delle commissioni (in media l’80%, ma in certi casi si arriva al 90%) per collocare i fondi stessi.

Conclusioni

Proviamo a stimare un costo al dettaglio ragionevole di cui la società di gestione si potrebbe accontentare per distribuire il fondo ai risparmiatori italiani in maniera “diretta”. Basterebbe prendere il 2,22% (costo annuo della classe C2), tralasciando la commissione all’uscita, e calcolarne il 20% (il restante 80% è retrocesso al distributore, ricordate?). Risultato: circa lo 0,4% all’anno.

Restano ancora alcune domande sulle quali vi suggerisco di soffermarvi:

  • Ma tutte le volte che devo comprare un fondo devo fare tutto questo lavoro per stimare il costo appropriato?
  • È vero che i costi di distribuzione – che pesano fino all’80% del totale – sono irrilevanti o sarebbe meglio che ci fosse un po’ più di trasparenza?

Verificate anche se non esistono fondi e classi che disintermediano la rete di vendita, e che si rivolgono direttamente agli investitori finali… può essere molto conveniente.

E infine la mia domanda: non è che la crisi di fiducia che affligge il mercato italiano sia, almeno in parte, dovuta anche a questo deficit di trasparenza per il risparmiatore?

Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

Ultimi commenti
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    Ottimo articolo dott.ssa Torielli che conferma la mia scelta di uscire dal risparmio gestito e l’aumentare del nostro debito pubblico e la forte richiesta nei collocamenti dei titoli di stato ( 18 miliardi di BTP italia ottobre 2016 )

    • Serena Torielli

      In realtà il risparmio gestito è un ottimo prodotto per avere diversificazione e una gestione professionale. In molti casi i fondi sono superiori agli ETF, ma la scarsa trasparenza e i costi eccessivi risultano penalizzanti e così ben venga il BTP Italia , chiaro ben spiegato e a commissioni zero. Grazie per aver citato un caso scuola in cui la trasparenza e il giusto prezzo sono stati premiati dai risparmiatori.

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        Bellissimo articolo…il problema è che sembra non esistere nel “risparmio gestito” la legge della competizione…ci sono realtà ed SGR che fanno vendita diretta con fondi dal rendimento annuo quasi costantemente superiore al 5% ( ed un adeguato livello di rischio), senza commissioni all’entrata nè all uscita, e spese gestionali limitate ed inferiori a quello 0.4% “ragionevole”… ma il risparmiatore è “cieco” , sembra voler il grande nome ed i grandi costi!

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          Più che cieco il risparmiatore italiano è pigro. Cerca l’offerta migliore per comprare la tv e l’automobile e non si informa molto quando si tratta dei propri risparmi. E’ vero ci sono ottimi fondi a basso costo, e comunque sapere quanto si paga è possibile ed è nostro diritto, bisogna chiedere. Se è per quello esistono anche le classi di costo per i consulenti a costo qausi nullo, peccato non le usi quasi nessuno.

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    Si ma come fare a sapere con quale classe commissionale la ns banca ci vende il fondo?
    Basta chiedere e sperare che ce lo dicano?
    E via Internet banking? Certo queste informazioni non sono disponibili… o si?

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    Ma quando vai dal dentista ti rilascia un documento scritto su quanto gli costano i materiali che usa e qual è il suo guadagno al netto dei costi sostenuti? e poi ciò ti interessa o ti interessa il risultato? quando vai a mangiare da Cracco pretendi di sapere prima quanto lui paga le zucchine e quanto incidono sul conto finale?? o come hai mangiato? e quando vai dal meccanico?? consulenza indipendente?? da chi e soprattutto da cosa? credo che ciò che conta siano: la professionalità del consulente, la capacità di questo di generare alpha per il cliente, la stabilità nel tempo dei risultati in linea ai bisogni e la fiducia reciproca, la caccia alle mode ed ai luoghi comuni suoi prodotti e la famigerata ‘libertà’ del consulente sono parole per vendere i giornali e i propri interessi. ETf ETC meglio? chi li vende? gli stessi soggetti che vendono sicav ma con nomi diversi!!! costano meno? pariamone!!! sono efficienti? molti si moltissimi no!!! (contango pariamone!!) Btp? si spiegatelo al pensionato con il nipote al 7 anno fuoricorso e il figlio cassaintegrato che va in banca e deve vendere il btp sotto del 15% per mantenere con i risparmi di una vita tre generazioni. E’ UN MESTIERE DIFFICIlE che incide CON IL FUTURO E LA VITA DELLE PERSONE quello del gestore della relazione, consulente, promotore, chiamatelo come vi pare, ma diffidate dalle semplificazione e sopratutto dai sempliciotti.
    est modus in rebus!!

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      Non prendiamoci in giro. Qui parliamo di uno stesso prodotto, cioè stessa qualità di base, venduto a prezzi differenti per ingrassare una struttura di vendita (non necessariamente il promotore, s’intende, qualche volta sì, dipende da com’è fatta l’organizzazione). Quindi se qualcuno appioppa a un risparmiatore un fondo con una classe più alta di quella che potrebbe, riprendendo l’esempio del ristorante gli sta servendo meno cibo, magari mascherando il tutto con un po’ più d’insalatina. Se il risparmiatore è contento lo stesso è solo perché non se ne accorge.
      Quanto all’Alpha è più inafferrabile e volatile dell’elio, ma per molti è buona lo stesso come paravento per commissioni più alte del dovuto. Quindi attenzione, risparmiatori, da chi cita troppo spesso l’Alpha come principale valore del proprio mestiere – con probabilità intorno al 90% (stando alle evidenze empiriche di valore scientifico) vi sta vendendo inafferrabili nuvolette di elio.

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        @Raffaele Zenti

        condivido in parte,

        stesso prodotto commissioni diverse per clienti diversi

        ….come tutte le cose di questo mondo, perchè la finanza dovrebbe essere differente? i figli non sono tutti uguali! richiedono tempi impegno e risorse differenti…

        c’è chi preferisce pagare commissioni di ingresso e ter più bassi chi invece non vuole pagare commissioni d’ ingresso perchè attirato /informato erroneamente su un orizzonte temporale più breve, o semplicemente perché gratis è meglio… ma visto che gratis non esiste….

        Più in generale l’alfpha è come santa Lucia, è sempre gradito anche se i ragali degli orfanelli sono più brutti di quelli dei bambini ricchi.

        Comunque ti capisco, spiritualmente anche a me piacerebbe essere Babbo natale.

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        Condivido in tutto soprattutto sull’Alpha.
        E’ mai possibile dire che l’alpha non esiste ma esiste solo una gestione dinamica dei Beta?

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      Mi ha profondamente colpito la scelta delle professioni che usi come termine di paragone: il dentista, cracco e il meccanico ??!!??. Dalle mie parti il dentista è uno che guadagna un sacco senza fare nulla, mentre il meccanico è uno che comunque vada ti frega con qualche lavoro inutile. Cracco invece e tipico posto dove vai quando paga l’azienda.

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        @Fab10m
        se consideriamo i liberi professionisti, gli imprenditori ed operai, diciamo che hai ottime aspettative nel prossimo,

        anche il commesso ti consiglia magari non il jeans più costoso, ma quello sul quale ha il maggiore ricarico!!
        quindi perchè per un consulente ‘indipendente’ , un promotore o un bancario dovrebbero essere diverso?? visto che comunque sono i commessi di loro stessi!

        la regola è il proffitto! non è il paese delle Meraviglie e non credo tu sia Alice,

        non raccontiamoci balle,

        saluti dal Bianconiglio

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          @tambanet:disqus facevo notare quello che, secondo me, è un paragone infelice (o comunque coraggioso) perché le categorie che hai citato non sono certamente le più amate. Detto questo, dal momento che non sono Alice 🙂 , conosco bene il sistema del profitto e me ne guardo bene dal demonizzarlo. Però, spero condividerai, all’interno di questo sistema c’è qualcuno che esagera (magari anche in buona fede) e col suo comportamento rischia di mettere in cattiva luca l’intera categoria. Per questo penso che, ogni tanto, sia utile a tutti fermarsi ad analizzare il sistema e vedere se si può migliorare.

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            fab 10

            assolutamente si c’è pieno di gente che mette in cattiva luce l’intera categoria, combattere i ladri e sopratutto gli incompetenti, ancora peggio dei primi, avendo anche però l’onestà intellettuale (termine che per altro aborro) di non raccontare di essere duri e puri e di fare SOLO l’interesse del cliente,

            altrimenti non sarebbe una professione, ma volontariato.

            se metto un’ ora = parcella può anche essere vero, ma in tutti gli altri casi…

            ribadisco non condivido l’idea di fondo che tutti i clienti siano uguali e che tutti debbano pagare le stesse commissioni perchè non è così. !!

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      L’esempio che hai fatto è assurdo. Il prezzo di 1 bene/servizio è legato alla quantità/qualità. Se vado al McDonald spendo 5€, se vado al miglior ristorante di Milano pago 300€. I fondi dovrebbero applicare la stessa teoria, che in questo caso è legata al rendimento. Se il fondo rende 2% (panino) ti prendi una piccola percentuale o una parte fissa, sempre legata a 2%. Se rende il 14% (ristorante di milano) ti prendi una fetta legata al 14%. Se poi ci aggiungi i costi delle filiali, promotori, uffici, analisti e via dicendo, è chiaro che il profitto lo puoi fare solo alzando la % che trattieni e/o applicando delle commissioni esose. La verità è che questo settore sta cambiando. L’unico modo per far profitto, e farlo fare anche al cliente, è quello di snellire la filiera e avere un contatto diretto col cliente. Il modello Advise Only, e simili, è l’unico sostenibile. Pago per un’analisi e poi i soldi li investo da solo, pagando solo una piccola commissione alla mia SIM, rimanendo indipendente da entrata, uscita, costi accessori, costi occulti ecc. L’unica alternativa altrimenti sarebbe il classico conto deposito che rende 3-4% e amen.

      La parte finale “[….] che va in banca e deve vendere il Btp sotto del 15% [….]” è priva di senso. Chi investe deve pagare un scotto: rispettare i tempi del mercato. Non puoi entrare e uscire quando vuoi e contemporaneamente intascare i profitti. Chi ha tutti questi problemi non deve investire.

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        nella prima parte diciamo la stessa cosa,
        tu però vedi solo ed ovviamente la parte del cliente, mentre tralasci i clienti ladri di tempo, che se fai parcelle puoi spennarli con quelle o con altri stratagemmi tipo roll di portafoglio estremi facendogli fare 50 operazioni al mese per fargli ‘guadagnare’ mezzo euro e mettergli parcelle per due..

        dalla seconda (btp) capisco che non fai questo mestiere e che un consulente indipendente o di qualsiasi tipo ti serve!

        tranne il mago Forrest e il mago Otelma la gente normale non ha la sfera di cristallo e non può prevedere il futuro e i suoi imprevisti che dal nome capirai non essere prevedibili!
        ecco perchè è ancora più importante che si affidino ad un consulente, che gli prospetti i vari scenari possibili, benchè remoti e gli strutturi un portafoglio adeguato, evitandogli di lasciare i soldi sotto il materasso.

        non ci sono scotti nè profitti, ma commissioni e rendimenti.!

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    Chiarisco alcune cose che forse ho spiegato male:
    – penso che i gestori e le case di gestione in Italia siano pagati troppo poco a causa degli altri costi dellab distribuzione. Un bravo gestore ha il diritto di essere pagato.
    – sono d’accordo che quello del consulente sia un mestiere difficile e delicato e come tale abbia il diritto di venir remunerato. Ma allora perchè non essergli trasparenti e farsi pagare il costo dei buoni consigli, anzichè far credere al cliente di dargli consulenza gratuita e vendergli a 2% un prodotto che costerebbe l’1% annuo?
    Pensiamo che i clienti non siano in grado di capire e di scegliere?
    – Una maggior trasparenza riavvicinerebbe i clienti ai fondi, non il contrario!

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      gentile Serena

      ho già risposto in parte nei post precedenti.. comunque

      i clienti non sono tutti uguali e come in tutte le professioni per competenza, per amicizia per formazioni, per pignoleria ecc.. c’è chi paga di più e chi di meno, spesso il prodotto è lo stesso ma i servizi, il tempo, l’assistenza e la manutenzione, le masse variano da cliente a cliente, quindi ecco perchè devono pagare in modo differenziato,

      io non sono pinocchio non credo tu sia la fatina buona!!

      …e comunque NO i clienti non sono in grado di capire!!!!! e se capiscono capiscono quello che il consulente gli fa capire, nel 99% dei casi il cliente se ne va con quello che abbiamo deciso prima essere il suo ‘bisogno’ , dipende dalla tua /nostra professionalità.

      ..farò cose per te che tu solo in seguito capirai di avere desiderato.

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    Ho letto su Borsa & Finanza di qualche tempo fa che si stavano cominciando a vedere (negli Usa) fondi che, non essendo distribuiti tramite rete di distribuzione, azzeravano tali costi. ovvero chi approdava da se su tali fondi aveva il margine commissionale minore. se ne sa qualcosa sul nostro mercato europeo?

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    Cara Serena, ottimo articolo. Mi è piaciuto molto. Negli anni 90 la Sgr nella quale lavoravo aveva preso l’iniziativa, per prima in Italia,, di abolire completamente (non di scontare) le commissioni di ingresso e di uscita, In realtà nessun collocatore le applicava così gli effetti negativi sul conto economico si rilevarono insignificanti. L’iniziativa ci diede invece molto rilievo sulla stampa e quindi pubblicità gratuita. Questo solo per dire che anche nell’attuale contesto dominato dalla distribuzione, le Sgr potrebbero innovare e rendere più trasparente la propria politica di pricing. Magari premiando i clienti, con commissioni più basse, in funzione della propria “fedeltà”, quindi con sconti sulle commissioni di gestione in funzione della permanenza in un Fondo.

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      Caro Massimo, penso ci sia ampio spazio per iniziative innovative e all’ insegna della trasparenza in termini di pricing che riavvicinino i risparmiatori al risparmio gestito.
      Come diceva anche, Massimo Vicari più sotto c’è anche chi parla di totale “dematerializzazione” dei fondi con annullamento dei costi di distribuzione (io quel percorso lo vedo difficile).
      Quello che un po’ mi stupisce è proprio il silenzio dei risparmiatori, qui chiamati in causa come “pigri” o “non in grado di capire” dai professionisti del settore e che non battono ciglio. Il web è un ottimo strumento per far partire i cambiamenti e i miglioramenti dal basso. E allora se ci siete “battete un colpo” !

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    Un articolo e commenti con molti, moltissimi spunti da approfondire.
    Qualche numero, prima di tutto, ad ulteriore conferma di ciò che l’articolo dice.
    Cito da un nostro stesso intervento su Il Corriere Economia: “Su 142 miliardi di euro di risultato economico generati dai fondi negli ultimi dieci anni, solo 56 sono stati destinati a rendimento netto per i sottoscrittori, mentre gli altri 87 sono stati intascati sotto forma di commissioni dalle imprese di gestione.
    Quel che è però importante sapere è che l’80% di quegli 87 miliardi è andato alla distribuzione, in tutte le sue forme, e non a remunerare i gestori. (…)(http://archiviostorico.corriere.it/2012/ottobre/01/Fondi_cari_colpa_dei_distributori_ce_0_20121001_6fb8c9fe-0b89-11e2-97a7-6ac0cbf53e33.shtml )

    La crisi di fiducia che affligge il mercato italiano è senza dubbio in buona parte dovuta al deficit di trasparenza nei confronti del risparmiatore, e questo è uno degli esempi.
    La domanda spontanea è: “che cosa fanno le aziende del settore per colmare questo deficit? E’ sufficiente il KIID?”
    Sintetizzando in una frase potremmo dire: il risparmiatore deve essere messo nelle condizioni di scegliere e di scegliere consapevolmente.
    La frase suona bene, si, ma cosasignifica?
    Significa che l’investitore deve poter scegliere prodotti e servizi , in modo disgiunto, in funzione delle proprie esigenze; e poter distinguere se il costo è commisurato.

    Nella gestione del risparmio, quindi, deve accadere ciò che già è “normale” in altri settori.
    Se è possibile comprare un prodotto qualsiasi direttamente dal produttore, senza passare dalla distribuzione, il prezzo è più basso.
    Quando un prodotto è “spogliato” di servizi accessori, il prezzo è più basso.
    Analogamente in “finanza”, rivolgendosi al “produttore” (una Società di Gestione del
    Risparmio), dovremmo poter comprare il semplice prodotto e poterlo comprare ad un prezzo più basso rispetto a quello normalmente corrisposto.

    Interessa anche la consulenza? Bene: è corretto che ognuno possa scegliere se averla dal proprio promotore/consulente di fiducia, magari indipendente, o
    dalla stessa Società di Gestione del Risparmio. Ed avendo completa chiarezza su costi e livello di servizio di
    questa attività.

    Per questo AcomeA propone due classi di quote per i propri fondi.
    La prima dedicata ai clienti “in collocamento”.
    La seconda, la classe “A2”, dedicata invece a clienti privati e istituzionali che non necessitano di servizio post‐vendita (o che hanno già un consulente che li segue) e che agiscono di propria iniziativa.
    A questi link trovate le caratteristiche http://goo.gl/5zvNV (sezione classe A2) ed i costi http://goo.gl/inHnY di entrambe le classi.

    Il KIID aiuta.
    E’ uno strumento valido che aumenta la trasparenza e che permette ad una prima occhiata di evitare prodotti con costi assurdi o evidentemente ingiustificati.
    Può si essere fuorviante (come quando il T.E.R. è comprensivo di commissioni di performance), ma grazie alla consultazione del KIID, con un lavoro tutto sommato semplice e rapido, si possono facilmente evitare le situazioni più…diciamo meno nell’interesse del sottoscrittore, come prodotti con commissioni di ingresso o di uscita fisse,magari di diversi punti percentuali.

    Il KIID quindi è importante, ma non dice tutto ciò che c’è da sapere.
    Un esempio qualitativo? I costi sono si esplicitati nel KIID, ma “non tutti i costi sono creati uguali”: a volte non si capisce quale sia l’attività di gestione realmente svolta e per cui si sta pagando.
    Alcuni prodotti che chiamano “attivi” non sono realmente gestiti in questo modo, come ben sapete: spesso anche chi copia un indice si fa pagare tanto quanto chi cerca di aggiungere valore con la gestione, ed ha uguali costi riportati sul KIID.
    Insomma, sarebbe come pagare un bollo per i 100 cavalli della vostra automobile, avendone solamente 50.

    Rimangono le considerazioni sull’affermazione di Assogestioni, che farebbero dilungare ancora di più e che, se volete, rinviamo ad un altro post.
    Nel mentre, buone scelte a tutti.

    Luigi Ripamonti
    Responsabile comunicazione e progetti digitali

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      Ad essere cinici non si sbaglia quasi mai: l’assenza di totale trasparenza è frutto di un’attività di lobby da parte di un’ampia porzione dei player storici dei servizi finanziari in Italia, che avrebbero tutto da perdere e pertanto si muovono con ottica conservatrice.
      Realtà più piccole, dinamiche, orientate all’innovazione di servizio e di modello distributivo (e per questo poco o nulla rappresentate dalle associazioni di categoria, ad esempio Assogestioni) fanno così fatica ad avere visibilità presso i risparmiatori.
      Il web può essere un punto di partenza per provare a cambiare lo stato delle cose. A tutto vantaggio della trasparenza e dei risparmiatori.

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      condivido! è quello che ho cercato di spiegare, in parte e non riuscendoci, nei post precedenti.
      grazie

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    volevo chiederLe un dettaglio che non ho capito.
    la percentuale di commissioni di gestione fondo (riferendosi al suo esempio su blackrock, classe E5, correnti% 1.47) sono già scontate nel prezzo della quota del fondo (valore che trovo online su morningstar, ad esempio) oppure vengono conteggiate(addebitate) annualmente? (oppure suddivise nell’arco temporale in cui si possiede tale fondo)
    spero di essere riuscito a spiegarmi, mi scuso se sono stato poco chiaro ma non ho nessuna esperienza pregressa in finanza. saluti

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    “Premessa: i fondi comuni sono ottimi prodotti di investimento”

    Non corrisponde minimamente alla realtà dei fatti!!

    Di seguito due links con miei post ( quelli a nome di Fab ) in cui dimostro la totale inefficienza ed inefficacia del business model fondi comuni d’investimento!!

    1) http://ilglobalista.investireoggi.it/questo-fondo-non-mi-piace-1846.html

    2) http://ilglobalista.investireoggi.it/i-vantaggi-del-fondo-comune-1853.html

    Cordiali saluti.

    Fab

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    li mortacci loro sono uscito con un pò di quote 39 del fondo prima globale classe a mi dovevano arrivare 1300 euro ne sono arrivati 1208 euro questi ladroni di merda si sono presi 92 euro di commissioni che li venisse un cancro a questi ladroni di merda

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