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I mercati finanziari vacillano. Un check-up in 4 punti e le possibilità del 2015

La salute dei mercati finanziari in questi giorni è simile alla mia: vacillante. Potrebbe risistemarsi a breve, consentendomi di riprendere a correre in salita in pochi giorni, ma è anche sufficientemente debole da degenerare in qualche infezione seria.

Facciamo allora un rapido check-up in 4 punti ai mercati finanziari per capire il livello di salute del sistema dopo i sell-off dei giorni scorsi.

1) Gravità del sell-off

Nell’ultima settimana il mercato azionario USA, quello più caro tra i Paesi Sviluppati, ha perso il 2,1% (dati al 17/12). La settimana precedente anche.

Ora, utilizzando la serie storica dell’indice Dow Jones Average, disponibile dal 2 gennaio 1900, ho calcolato la distribuzione di frequenza dei vari livelli di perdita (e guadagno). Emerge che, storicamente, perdite pari o peggiori al 2,1% si sono verificate nel 14% dei casi. Insomma, sui mercati finanziari eventi di questo tipo accadono abbastanza frequentemente. Il che significa che siamo di fronte a una comune febbricciattola.

borse-2015

Distribuzione cumulata empirica dei rendimenti settimanali dell’indice DJA: sull’asse orizzontale sono riportati vari livelli possibili di performance, mentre su quello verticale la frequenza con la quale si sono verificati nella storia, dal 2/1/1900 al 17/12/2014. La linea rossa evidenzia le situazioni peggiori di quella attuale, corrispondenti a rendimenti peggiori del -2,1% che arrivano fino al -27% circa, unitamente alla loro frequenza di accadimento. In sostanza, nella storia rendimenti peggiori di quelli manifestati nella scorsa settimana sono accaduti nel 14% dei casi, cioè sono relativamente comuni, non eccezionali.

2) Livello di contagio attuale

I mercati finanziari sono un sistema complesso, sicché il contagio ha la tendenza a diffondersi con rapidità. Vediamo se si è già diffuso. Per farlo, analizziamo la tail dependence, concetto che (semplificando un po’) risponde alla domanda: in che misura gli attivi rischiosi stanno scendendo bruscamente e contestualmente?

Ho considerato 22 indici rappresentativi dei mercati azionari (Sviluppati ed Emergenti), di quelli valutari e obbligazionari, nonché delle commodities. Utilizzando dati settimanali da gennaio 1991 ad oggi, per ciascun mercato, ho individuato il livello di perdita settimanale superato solo nel 5% dei casi (livello che, per esempio, corrisponde al -3,7% per le azioni USA e al -5,1% per quelle giapponesi).

Quindi ho calcolato quanti mercati, contestualmente, hanno superato questo livello: un buon indicatore di quanto il sell-off sia generalizzato[1].

Guardate il grafico seguente: oggi solo il 13,6% dei mercati sta sperimentando perdite gravi (più precisamente, come solo nel 5% della storia sono accadute). Non è molto. Per dare un’idea, al tempo del default di Lehman Brothers e all’apice della crisi dell’eurozona, la porzione era del 90% circa… Ed era tra il 60% e il 70% durante la crisi russa del 1998 e durante lo scoppio della bolla internet del 2001.

porzione_di_mercati_coinvolti_nel_sell-off_1991_2014

Inoltre, il Barometro del Rischio globale, seppur in calo, resta sopra la soglia critica 50.

3) Rischi di contagio futuro

I focolai virulenti non mancano. Il drammatico calo del prezzo del petrolio sta mettendo in ginocchio vari Paesi Emergenti produttori, in primis la Russia, il cui default non è del tutto improbabile: secondo il mercato dei CDS la probabilità di default del debito russo nei prossimi 12 mesi è del 6,5%.

Poi c’è la Grecia. L’esito delle elezioni presidenziali rende la Grecia una mina vagante nella già gracile eurozona: dopo il fallimento di Samaras nel primo voto del 17 dicembre, l’attenzione è ora rivolta alle votazioni del 23, ed eventualmente del 29 dicembre. Se Samaras non otterrà due terzi dei voti, il Parlamento sarà sciolto si andrà alle elezioni anticipate, il cui esito potrebbe essere pericoloso per la stabilità dell’euro.

Infine vi sono grandi attese per le mosse della BCE a gennaio: i mercati si attendono un QE. Se Mario Draghi dovesse deluderli, non credo che i mercati la prenderebbero bene.

Quanto alle tensione geopolitiche, per il 2015 i punti caldi non mancano.

4) Fondamentali

Sull’azionario, i P/E aggregati di Graham&Dodd di USA, Giappone ed Europa sono inferiori alla media storica: su questi livelli i mercati possono continuare a crescere, ma è anche vero che in presenza di uno shock negativo possono scendere un bel po’.

Tuttavia, le politiche monetarie restano espansive. Quindi, in caso di sell-off, i rendimenti dei titoli “sicuri” (obbligazioni statunitensi e tedesche in testa) sono così bassi e la fame di rendimento degli investitori istituzionali così elevata (si pensi al problema di redditività dei grandi fondi pensione negli USA) che la spinta ad acquistare attivi più rischiosi probabilmente tornerebbe a ripresentarsi poco dopo. Ciò causerebbe un rimbalzo dei corsi dei valori mobiliari.

Diagnosi

Seppur consci dei rischi in corso, confermiamo l’opinione espressa nell’asset allocation di dicembre 2014: prudenza, diversificazione tra fattori di rischio, ma niente panico.


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[1] Per la cronaca, questa è una Copula empirica; ho approfondito il tema su Zenti, R. (2014), Volatility, decision models and complexity in financial markets, “Sistemi Intelligenti” (Il Mulino), n.2/2014, pp. 375-406; http://www.rivisteweb.it/issn/1120-9550.

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

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