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AO Tutor Focus | Il punto di luglio

Il mese di luglio si chiude con alcuni importanti segnali, soprattutto dalla BCE e dalla Federal Reserve. Analizziamo le cause che hanno appesantito le performance dei nostri portafogli.


Punti chiave

  • La Grecia torna sul mercato. Il paese ellenico torna a caccia di capitali con l’emissione di un’obbligazione a 5 anni, con una cedola del 4,75%.
  • La FED continuerà con il rialzo dei tassi, anche se più graduale. Dopo un inizio anno scoppiettante la FED ha deciso di stemperare gli entusiasmi: avverranno altri rialzi ma più graduali. A preoccupare potrebbe essere la mancata promessa sulla riforma fiscale da parte di Trump.
  • BCE, il QE è ancora necessario per rafforzare l’inflazione. Anche se il Quantitative Easing ha i giorni contati, ad oggi resta un’arma ancora da utilizzare in quanto l’inflazione europea non ha ancora raggiunto uno stadio capace di star in piedi da sola.
  • Salvataggio delle banche venete. Il Governo italiano assieme a Intesa Sanpaolo, come da attese, ha proceduto con il salvataggio dei due istituti, evitando le norme sul bail-in.
  • Secondo l’FMI in italia migliora la crescita ma peggiorano i dati sul reddito. Nel 2017 la crescita dell’Italia dovrebbe attestarsi all’1,3%, un dato in crescita dal precedente 0,8%; a preoccupare sono però i dati sul reddito, che si attestano ancora a valori di circa 20 anni fa.

Grafico del mese

L’Europa è tornata a crescere ma non abbastanza per ridurre l’ormai celebre rapporto debito/PIL. Cosa succederà con la fine del Quantitative Easing?

 

Commento generale

Non siamo tipi da breve termine, ormai l’avrete capito. Non temiamo la volatilità di breve, e chi ci segue da tempo sa che vi stimoliamo a non guardare alle oscillazioni fisiologiche dei mercati, che per loro natura fluttuano, anche bruscamente. Occorre avere un quadro generale e capire che cosa succede sui mercati, avere portafogli coerenti con il quadro di riferimento, e tenere la barra del timone ben ferma. Ciò detto, analizziamo la situazione. Se scomponiamo le performance da inizio anno dei portafogli (specialmente quelli tattici), i micro temi che ne stanno condizionando negativamente la performance sono essenzialmente due:

  • l’inflation-linked USA (ISIN: FR0010754127);
  • l’obbligazionario High Yield USA (ISIN: IE00B99FL386).

Tuttavia, a ben vedere, la causa che si cela dietro le performance negative dei due ETF è una sola, ovvero il deprezzamento del Dollaro USA nei confronti dell’Euro. O, più in generale, l’apprezzamento dell’Euro nei confronti delle principali divise.

Se riprendiamo le previsioni degli analisti di inizio anno, in pochi si aspettavano un apprezzamento dell’Euro così rapido. La media delle stime che abbiamo raccolto ruotavano intorno ad un cambio per fine 2017 praticamente uguale a quello di fine 2016. In termini probabilistici, per il mercato il cambio sarebbe dovuto rimanere sotto l’attuale soglia di 1,169 (dollari per 1 euro) con una probabilità dell’80%.

 

Cosa è cambiato rispetto ad inizio anno? Il punto di vista degli operatori.

Come abbiamo scritto a maggio, negli ultimi 5 anni l’equilibrio tra le due valute ha drasticamente cambiato traiettoria nel momento in cui la FED ha messo un freno alla politica monetaria e la BCE ha avviato il suo QE. Perciò, freschi di questa esperienza, gli analisti (noi compresi) si aspettavano che l’Euro sarebbe rimasto debole almeno fino a quando la BCE non avesse iniziato a tirare il freno. Cosa che non sarebbe dovuta avvenire prima di fine 2018. Tuttavia, con il passare dei mesi, il mercato ha cambiato prospettiva, e sembra fare più attenzione alla crescita economica e all’instabilità politica che non alla divergenza tra le due banche centrali, FED e BCE.

In una primo momento, l’elezione di Trump ha avuto un effetto benefico sul Dollaro USA, portandolo quasi alla parità con l’Euro verso fine 2016. Ma, con il passare dei mesi, le aspettative di stimolo fiscale (investimenti, deregulation e taglio delle tasse) hanno dovuto fare i conti con la realtà e con un’azione dell’esecutivo meno incisiva di ciò che si pensava. Ma mano che i mercati si adattavano al nuovo scenario, quello di una “delusione-Trump”, la zona euro sorprendeva in positivo, mentre l’economia USA appariva più fiacca e con prospettive meno allettanti. Questo cambio di scenario ha rinvigorito l’Euro e l’ha spinto ai massimi dal 2015, facendo uscire il tasso di cambio USD/EUR dal trading range degli ultimi 3 anni.

Come bisogna reagire adesso?

Da un punto di vista prevalentemente tecnico, l’Euro non è mai stato così tanto apprezzato come adesso. Infatti, stando ai dati raccolti da Bloomberg era da prima della crisi che gli operatori non avevano un differenziale tra posizione lunghe e corte (ovvero chi vende Euro) così favorevole alla moneta unica.

Da un punto di vista puramente fondamentale, invece, oggi come ad inizio anno la zona euro ha una valuta che appare prevalentemente sottovalutata” target=”blank”. Ciò, insieme al surplus della bilancia commerciale, dovrebbero spingere l’Euro a rafforzarsi. Tuttavia, in termini di differenziale dei tassi, dal momento che la FED continuerà ad essere più restrittiva della BCE ancora a lungo, il Dollaro potrebbe recuperare.

A questo punto la domanda più logica è: cosa potrebbe alleggerire il rischio Dollaro, o aumentare quello Euro?

Se guardiamo ai dati economici il peggio sembra passato. La debolezza del Dollaro è stata accompagnata da una decelerazione dell’economia proprio nel momento in cui emergevano le debolezze politiche di Trump. La successione di dati economici meno brillanti del previsto ha poi alimentato un alone di pessimismo che, stando ai dati attuali, sembra eccessivo. Per la maggior parte degli analisti e degli istituti pubblici, l’economia USA dovrebbe comunque crescere nel biennio 2017-2018 più di quella della zona euro. E, secondo il nostro indicatore sintetico del PIL, l’economia USA potrebbe persino accelerare nel secondo trimestre.

Inoltre, al momento nulla è perduto sul fronte della riforma fiscale, a maggior ragione dopo la sonora sconfitta sull’ObamaCare. Sia Trump che i Repubblicani hanno bisogno di portare a casa qualche riforma, altrimenti rischiano di compromettere definitivamente le elezioni di MidTerm dell’anno prossimo.

In Europa, d’altro canto, a settembre ci sarà il primo vero test per Macron, che dovrà fronteggiare i sindacati per far approvare la riforma sul lavoro. E poi c’è l’Italia, in piena campagna elettorale con un Governo che deve varare una legge di bilancio con una maggioranza instabile, uno scenario di tassi d’interesse in risalita, che andranno a impattare su un debito pubblico di preoccupante entità: un rischio un po’ sottovalutato dal mercato.

Ora, per ridurre il rischio Dollaro USA, e in generale il rischio di ulteriore apprezzamento dell’euro, occorrerebbe in buona misura ridurre asset denominati in altre divise (si pensi ai mercati emergenti) a favore di quelli in denominati in Euro, o utilizzare ETF a cambio coperto, ove disponibili. A questi livelli dell’Euro, significherebbe assumersi un consistente rischio di perdere il deprezzamento dell’Euro, esporsi oltre misura al rischio Eurozona (un po’ va bene, ma il troppo stroppia), e pagare costi di copertura eccessivi sugli asset in divise dei Paesi Emergenti (ove presenti nei portafogli).

Tenendo presente che, le fluttuazioni dei cambio sono quasi irrilevanti per la performance total return di lungo termine, e che i movimenti dei tasso di cambio sono per lo più casuali nel breve termine, non ci pare il caso di alleggerire il peso delle divise straniere. In particolare, poiché negli ultimi mesi abbiamo ridotto l’esposizione al Dollaro USA, riteniamo che le attuali proporzioni siano adeguate: il Dollaro rimane una valuta forte e, per questa ragione (difensiva nel medio-lungo termine) pensiamo che vada tenuto in portafoglio.

Snapshot Mercati

 

 

Valutazione per asset class

In termini di macro asset class, le azioni e le materie prime hanno valutazioni relative migliori rispetto alle obbligazioni, con l’unica eccezione del comparto societario ad alto rendimento (Corporate bond – High Yield).

Per quanto riguarda i mercati azionari, le valutazioni complessive (Value e Momentum) sono ancora sostanzialmente in linea con i fondamentali (fair value). Tra i Paesi Sviluppati, il Giappone è l’unico mercato ad avere un punteggio ampiamente positivo sia per quanto riguarda il mmentum che il rapporto tra prezzi e fondamentali. Tra gli Emergenti spicca la Cina, che come il Giappone, gode di una valutazione positiva su entrambi i fronti, al contrario della Russia, che è il mercato più value di tutti, ma con un momentum ampiamente negativo. Sia l’India che il Brasile, invece, hanno un rapporto prezzi/fondamentali negativo, ma un momentum di mercato molto forte.

Per quanto riguarda le obbligazioni, l’unico segmento che ha in sé un po’ di valore è quello corporate, con in testa il segmento ad altro rendimento: quindi, se si cerca il rendimento, bisogna accettare qualche rischio creditizio in più.

Tra le materie prime lo scenario è più eterogeneo. I metalli preziosi e l’energia, ad esempio, hanno un rapporto prezzi/fondamentali favorevole, ma un momentum fortemente negativo che ne limita il potenziale. I metalli industriali e l’agricoltura sono i segmenti con il miglior potenziale.
[accordion title=” Come si legge il grafico?”]

Con l’analisi multicriteria sintetizziamo in un’unica matrice gli indicatori quantitativi che ci permettono di fare una prima scrematura sulle opportunità di mercato offerte dalle varie asset class: azioni, obbligazioni e materie prime. Ogni asset class viene analizzata in base a quattro criteri: rapporto prezzi/fondamentali (criteri value); momentum a breve e medio termine; analisi del rischio sistemico; contesto economico.

In base al punteggio finale ricevuto, le asset class vengono classificate dalla più interessante alla meno interessante. L’analisi multicriteria è solo uno dei tanti strumenti di analisi che utilizziamo per leggere i mercati. Le scelte finali d’investimento vengono ponderate con l’analisi dello scenario di rischio prospettico e un’overlay qualitativa (cioè ampie considerazioni non desumibili direttamente e semplicemente dai dati).

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I portafogli

La flessione dei titoli obbligazionari unita alla dinamica valutaria continua a penalizzare le performance dei portafogli. In generale, il clima finanziario rimane positivo per quanto riguarda gli attivi rischiosi, ma le valutazioni non ci consentono di aumentarne il peso. In questa fase, l’unica alternativa alle obbligazioni è la cassa, che tuttavia presenta un costo/opportunità non trascurabile: questo è il mondo del post-QE, ci vuole pazienza.

Molti di voi ci hanno scritto per avere delucidazioni sulle performance di breve termine. Capiamo perfettamente che non è piacevole avere un portafoglio in perdita, ma vi ricordiamo quanto scritto all’inizio: i mercati finanziari sono volatili e nel breve termine producono oscillazioni anche in portafogli ben diversificati. Questa è la norma. Non esistono soluzioni d’investimento che vanno bene in ogni momento, sicché bisogna essere in grado di accettare fasi un po’ negative come questa.

Per inciso, da inizio anno, la massima perdita potenziale di un nostro portafoglio è del 4,6%, valore assolutamente ordinario, anzi modesto, per chi investe nei mercati finanziari. Chiunque non si senta a proprio agio con una perdita di breve periodo di questo tipo, molto probabilmente ha scelto il portafoglio con un profilo di rischio eccessivo. Ma attenzione: i portafogli molto prudenti, perdono poco quando va male, e guadagnano poco quando va bene, quindi siate razionali e non fatevi sopraffare dall’emotività – ci permettiamo di ricordarvi di quanto sia difficile e improbabile il market timing (che magari tenta qualcuno), e di quanto, in situazioni apparentemente difficili in passato aver mantenuto la lucidità abbia pagato.

A posteriori qualsiasi scelta d’investimento è discutibile (torneremo prossimamente su questo argomento) e, non possedendo la sfera di cristallo, non abbiamo la pretese di offrire delle soluzioni d’investimento che vanno bene in ogni singolo momento. Quello che possiamo offrivi è un processo d’investimento chiaro e solido, come dimostrano le performance di lungo termine dei nostri portafogli. In ogni caso, non smettete mai di chiedere spiegazioni, sia a noi che al vostro consulente di fiducia.

In conclusione, non abbiamo fatto cambi di asset allocation.

[accordion title=”Portafogli Obiettivo”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation. Per chi ha un Portafoglio Figli Reddito il 3 Agosto procederemo alla sostituzione dell’ETF UBS ETF BARCL US LIQ CORP A DH USD DIS (ISIN LU1371467116) con l’ETF ETF UBS ETF Bloom. Barc. US Liq. Corp.UCITS ETF A (ISIN LU1589326013). Da un punto di vista di asset allocation non cambia nulla perché il sottostante dell’ETF offre la medesima esposizione. Purtroppo per ragioni di regolamentazione UBS ha deciso di chiudere il primo fondo e sostituirlo con l’altro. La sostituzione dell’ETF può essere fatta in maniera automatica basta comunicarlo alla propria banca entro il 9 agosto. Altrimenti, l’ammontare investito verrà direttamente accreditato sul vostro conto titoli. Per maggiori informazioni leggere qua.
portafogli_obiettivo_luglio

 

[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tematici”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation.

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[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tattici”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation.

portafogli_tattici_luglio
[/accordion] Avete altre domande? Avete bisogno di assistenza?
Scriveteci all’indirizzo: aotutor@adviseonly.com


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