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AO Tutor Focus | Il ritorno dell’inflazione e la curva di Phillips

L’attenzione del mondo economico è tutta rivolta verso il ritorno dell’inflazione e le decisioni delle banche centrali. In questo contesto, ha ancora senso di parlare della curva di Phillips?


L’idea centrale della nostra strategia d’investimento si fonda sulla semplice considerazione che i tassi d’interesse ritorneranno verso la normalità e che l’inflazione inizierà a mordere prima negli Stati Uniti, poi nel resto del mondo (anche perché l’inflazione tende ad essere piuttosto correlata nei Paesi dello stesso blocco economico-politico). La Federal Reserve ha iniziato ad alzare i tassi d’interesse perché è convinta che la cosiddetta curva di Phillips funzioni ancora e che, prima o poi, i salari faranno salire l’inflazione verso l’obiettivo del 2,0% (e probabilmente oltre).

Ma c’è ancora da fidarsi di questo modello economico, basato sulla curva di Phillips? Secondo un recente studio della Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS) è troppo presto per disfarsi del modello. E, per evitare di rincorrere l’inflazione, è necessario che la FED continui a stringere la cinghia sui tassi. Ma non corriamo: prima di giudicare, cerchiamo di capire le basi logiche del discorso – passaggio fondamentale per un investitore consapevole.

Cos’è la curva di Phillips?

Alban Williams Phillips (1914 – 1975) è stato un ingegnere neozelandese prestato all’economia. Dopo aver lavorato come minatore ed essere stato pilota della RAF(Royal Air Force), si laureò in ingegneria ma, affascinato dal pensiero di Keynes, decise di studiare alla London School of Economics dove divenne professore di statistica (costruendo, tra le altre cose, un modello idraulico dell’economia).

Fu grazie ai suoi studi sull’evoluzione dei salari e dell’occupazione che una generazione di banchieri centrali ha potuto studiare la cosiddetta curva di Phillips, che lega il tasso di disoccupazione alla crescita dei salari.

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In estrema sintesi e nella sua variante più semplice, secondo la curva di Phillips, man mano che la disoccupazione scende, i salari crescono e le banche centrali devono accettare un livello d’inflazione più elevato. E viceversa. Ma come aveva già fatto notare il vincitore del premio Nobel Milton Friedman, la curva di Phillips non funziona sempre: ad esempio, a partire dal 2008 l’aumento dell’occupazione non è stato accompagnato da un corrispondente aumento dell’inflazione. Infatti, oggi gli USA si trovano ad avere un tasso di disoccupazione ai minimi storici, ma un tasso d’inflazione ancora troppo basso, lontano dagli obiettivi della FED. Per questa ragione c’è chi si chiede se la curva di Phillips abbia ancora senso.

Un modello ancora attuale

La BIS ha fatto per noi il lavoro sporco ed ha analizzato la veridicità empirica della curva di Phillips, in tutte le sue forme. Come si evince dai grafici sottostanti, negli ultimi 40 anni, la curva di Phillips resiste, ma si è appiattita, rendendo il legame tra il livello di disoccupazione e inflazione meno sensibile. Detto in altre parole, rispetto a qualche anno fa ci vuole più tempo prima che un basso livello di disoccupazione faccia aumentare salari e inflazione.

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L’appiattimento della curva di Phillips non è un fenomeno nuovo, ma ben risaputo, che è andato di pari passo con il calo del potere contrattuale del lavoratori, causato da un mix di fattori, quali la globalizzazione del mercato del lavoro e l’automatizzazione industriale. Ad esempio, negli ultimi 40 anni, il numero di lavoratori iscritti ad un sindacato si è nettamente ridimensionato, contribuendo a ridurre l’elasticità del rapporto tra disoccupazione e inflazione. Tradotto: la disoccupazione può variare un bel po’ prima che l’inflazione ne risenta.

L’inflazione e le scelte di investimento

Inquadrato il problema (speriamo), andiamo alla pratica. Al momento, da qualsiasi angolazione si guardi alla situazione economica, le pressioni inflazioniste sembrano contenute. Tuttavia, rispetto a qualche tempo fa, abbiamo fatto grossi passi in avanti: tanto per cominciare non si parla più di deflazione. E, anche se di poco, i prezzi sono tornati a salire praticamente ovunque.

Se considerassimo la curva di Phillips un modello “defunto”, dovremmo correggere il nostro scenario d’investimento, probabilmente allungando la scadenza media della parte obbligazionaria dei portafogli ed evitare gli inflation-linked bond. Tuttavia, il modello concettuale incentrato sulla curva di Phillips sembra meno reattivo di prima, pur restando ancora molto influente tra le banche centrali. E chi siamo noi per attribuirne la fine?

Perciò, man mano che l’economia migliora, verosimilmente l’eccesso di offerta si ridurrà ed i salari si adegueranno, facendo risalire l’inflazione. Ci vorrà probabilmente più tempo del previsto, ma non ci sembra opportuno sottostimare questo rischio, come stanno facendo i mercati. Dunque, sul fronte obbligazionario prediligiamo scadenze brevi (ovvero duration breve) ben diversificate a livello valutario, obbligazioni a spread (Paesi Emergenti e Corporate bond), nonché obbligazioni legate all’inflazione.

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Scritto da

Segue tematiche economiche e finanziarie per il team financial strategies group di Advise Only. Dopo aver conseguito una doppia laurea in Management all’Università di Torino e all’ESCP Europe, ha deciso di proseguire i suoi studi con un master in Economia Internazionale a Paris Dauphine. Dopo 4 anni di vita parigina ed esperienze lavorative come economista e strategist, sbarca in Advise Only con l’obiettivo di sviluppare la parte di analisi economica e congiunturale.

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