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Pensione, gli italiani preferiscono non sapere

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Secondo l’ultimo rapporto realizzato dal Centro Einaudi e da Intesa Sanpaolo su un campione di oltre 1.000 famiglie, circa la metà degli intervistati non ha fatto bene i conti sull’impatto sulla sua pensione delle ultime riforme in materia.

La pensione? Non sapendo se e quando arriverà, tanto vale non pensarci. Sembra essere questa la filosofia dei lavoratori italiani che, nonostante debbano versare in contributi obbligatori una sostanziosa fetta del loro reddito (nel caso fortunato in cui abbiano un contratto di lavoro vero), preferiscono non fare i conti con la pensione. E così rimandano sempre a domani lo scontro con la realtà di quello che sarà il loro assegno previdenziale.

Non solo: proprio a causa degli elevati contributi obbligatori, spesso non attivano una forma di previdenza integrativa, citando come motivazione principale la scarsa liquidità disponibile. È quanto emerge dall’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016, realizzata dal Centro Einaudi con Intesa Sanpaolo tra il 20 gennaio e il 10 febbraio 2016, e basata su un campione di 1.011 famiglie e 567 piccoli investitori.

Ebbene, alla domanda se avessero provato a quantificare l’effetto delle ultime riforme pensionistiche, quasi la metà degli intervistati ha risposto di non averci pensato. L’impreparazione riguardo sia all’età del pensionamento sia all’ammontare della pensione si riscontra principalmente tra i più giovani: in base all’indagine, il 40% degli intervistati tra i 18 e i 24 anni ha detto di non essere interessato e il 60% di non aver fatto i conti. Ma anche nelle età centrali della vita lavorativa la percentuale di disinformati è significativamente alta.

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Fonte: Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016, Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi

Le cose migliorano leggermente con l’avanzare dell’età e della carriera: tra i 45 anni e i 54 anni il 50,3% degli intervistati comincia a fare i conti sull’età del pensionamento (e il 44,6% sull’ammontare della propria pensione). Ma anche tra coloro che hanno tra 55 e 64 anni quasi il 40% (il 39,5%, per la precisione) non si è ancora chiesto quando andrà in pensione (e il 40,4% con quale assegno). Dopo i 65 anni – prevedibilmente – la quasi totalità degli intervistati considera il problema: la metà ha richiesto una consulenza sull’età del pensionamento, oltre il 40% sull’ammontare della pensione.

A fronte della scarsa volontà di informarsi, si rileva un aumento – da meno di un quinto del campione nel 2007 a più di un terzo nel 2015 – di chi prevede un reddito “appena sufficiente” in età anziana. Se prima della crisi quasi metà degli intervistati ritenevano che avrebbero passato la vecchiaia con un reddito sufficiente o più che sufficiente, nel 2016 meno di un terzo dichiara tanta fiducia.

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Fonte: Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016, Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi

E la previdenza integrativa?

Quanto alle soluzioni di previdenza integrativa, solo l’11% degli intervistati dichiara di aver aderito a fondi pensione chiusi di categoria o aziendali (il cosiddetto secondo pilastro), o a fondi pensione aperti e PIP (terzo pilastro). Tra chi non è interessato ad aderire ai fondi pensione, nonostante i vantaggi fiscali, il 45,7%  motiva la scelta con una carenza di liquidità: dal momento che “il sistema previdenziale pubblico vincola obbligatoriamente una buona parte del reddito a fini previdenziali, quello che rimane disponibile è conteso tra una molteplicità di scopi e non rimane molto spazio per la previdenza integrativa”, rileva il rapporto.

I vincoli di liquidità sono particolarmente stringenti tra i più giovani e colpiscono in modo rilevante le fasce di età che più dovrebbero essere interessate alla costruzione del risparmio previdenziale: fra i 35 e i 54 anni, la metà di coloro che non sottoscrivono forme di previdenza integrativa (o non incrementano la loro partecipazione a esse) lo fa perché non ha liquidità.

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Fonte: Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2016, Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi

Tutto questo naturalmente senza considerare tutta quella fascia – non trascurabile – di persone senza un contratto o con rapporti di lavoro a intermittenza, che non versano nemmeno i contributi obbligatori. Insomma, nonostante gli sforzi messi in atto ultimamente dall’INPS per aprire gli occhi dei contribuenti e sensibilizzare sul problema sociale della pensione, pare che la strada da percorrere verso una maggiore consapevolezza sia ancora lunga.


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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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