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BollettinoAO | Wall Street da record, in Europa scatta la MiFID II

I fatti salienti della settimana

Vincitori e vinti. Il 3 gennaio è entrata in vigore nel Vecchio Continente la MiFID II, evoluzione della precedente disciplina sui servizi di investimento, la Markets in Financial Instruments Directive. Obiettivo, potenziare la tutela dei risparmiatori.

L’agenzia Standard and Poor’s ipotizza un impatto negativo per broker e banche d’affari e parzialmente negativo per gli asset manager, positivo per le infrastrutture dei mercati finanziari e, tutto sommato, gestibile per le banche.

“Attualmente non vediamo impatti significativi sul rating di nessuna delle banche da noi seguite”, ha fatto sapere S&P. “Tuttavia, come accaduto per MiFID I, la struttura e le pratiche del mercato si evolveranno gradualmente in risposta alla direttiva, il che significa che vincitori e vinti di MiFID II emergeranno in maniera più chiara con il tempo”.

Regole nuove, ma non negli States. Sempre dal 3 gennaio è in vigore in Italia il nuovo regolamento PRIIPS, che introduce il nuovo documento semplificato con le informazioni chiave sui prodotti finanziari (KID). E non finisce qui: nel 2018 arrivano in Europa anche la direttiva sui servizi di pagamento, la PSD2, e i nuovi standard contabili, IFRS9, di cui le banche dovranno tenere conto per i prossimi bilanci, effettuando accantonamenti non solo per i crediti deteriorati (quelli, cioè, che i debitori non riescono più a ripagare), ma anche per quelli che potrebbero diventare tali.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, il presidente USA Donald Trump punta in tutt’altra direzione: non più regole, ma meno regole. “Il Dow ha appena rotto quota 25.000. Congratulazioni! I grandi tagli alle regolamentazioni inutili continuano”, ha twittato giovedì 4 gennaio dopo il nuovo record dell’indice di Wall Street.

I verbali della Federal Reserve. L’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti potrebbe procedere più velocemente di quanto preventivato: così è scritto nei verbali della riunione di dicembre della Federal Reserve, pubblicati mercoledì 3 gennaio.

La banca centrale americana ha espresso “incertezza” sugli effetti della riforma fiscale USA, approvata a fine 2017, che potrebbe rendere necessario un rialzo dei tassi di interesse più rapido nel corso dell’anno, considerando anche l’aumento dell’inflazione in agguato. La maggior parte dei membri FED ha comunque ribadito di essere favorevole a un approccio graduale al rialzo dei tassi.

Grafico della settimana

Fiat Chrysler domina a Piazza Affari. Lo scettro per la migliore performance del 2017 fra le big quotate sulla piazza milanese è andato a Fiat Chrysler Automobiles (che ha corso anche nella prima settimana dell’anno). In base ai dati diffusi da Borsa Italiana, il valore del titolo è cresciuto del 73,5% nei 12 mesi dello scorso anno, aggiudicandosi così il primo posto per performance tra le società del Ftse Mib.

Secondo posto per StMicroelectronics (+70,1%) e terzo per FinecoBank (+60,1%). A seguire Ferrari (+59%) e Moncler (+58,8%). Peggiore performance 2017 invece per Saipem (-28,5%), nei cui paraggi troviamo Leonardo (-25,1%), Tenaris (-22,4%), Mediaset (-21,3%) e BPER Banca (-16,8%). Il Ftse Mib, nel complesso, ha guadagnato il 13,6% contro il -10,2% del 2016.

Qui sotto, il grafico che fotografa l’andamento dei migliori e dei peggiori due ponendoli a confronto con il Ftse Mib.

Come si sono mossi i mercati

Wall Street stellare. Il 2018 è iniziato all’insegna degli acquisti per le principali Borse asiatiche. Tokyo, chiusa per festività il 2 e 3 gennaio, alla fine ha riconquistato vette che non vedeva dal 1992. Wall Street, dal canto suo, si è spinta su livelli inediti, con il Dow Jones che ha superato i 25mila punti e dopo un 2017 contraddistinto dalla migliore performance annuale dal 2013 per i tre indici.

Avvio d’anno incerto, invece, per i listini europei, penalizzati soprattutto dal rafforzamento dell’euro, al quale hanno contribuito le indicazioni positive dall’agenda macro (gli indici PMI manifatturieri di Germania ed Eurozona si sono confermati su livelli record a dicembre e quelli di Italia, Francia e Regno Unito, pur rallentando, hanno dato ancora segnali positivi). La settimana, tuttavia, si è chiusa in clima un po’ più euforico, nel solco di Wall Street.

Euro col turbo. Il cambio euro/dollaro è stato l’osservato speciale della settimana, stabile sopra quota 1,20. Alla luce delle recenti indicazioni macro positive e malgrado l’inflazione nell’eurozona attesa in calo, secondo i dati preliminari pubblicati dall’Eurostat, sono cresciute le aspettative per un possibile avvio prima del previsto dello stop agli stimoli monetari da parte della Banca Centrale Europea.

Altro osservato speciale è stato il differenziale tra BTP e Bund, salito fino a 160 punti (poi sceso). Forse un accenno di “ansia”, insomma, in vista delle elezioni del 4 marzo per il rinnovo del Parlamento italiano.

Focus sul petrolio. Il calo oltre le attese delle scorte settimanali di petrolio negli Stati Uniti sulle prime ha contribuito a far salire le quotazioni del barile, che poi ha ripiegato mantenendosi comunque sopra quota 61 dollari per il WTI e 67 per il Brent.

In agenda

Ed ecco alcuni dei principali dati macroeconomici che saranno pubblicati nel corso della prossima settimana (fonte: Bloomberg).

Eurozona – Si comincia con la fiducia di consumatori, economia, industria e servizi a dicembre. Nello stesso giorno, ossia lunedì 8 gennaio, conosceremo la variazione mese su mese e anno su anno delle vendite al dettaglio, aggiornata a novembre. Altro dato atteso è il Business Climate Indicator, che dà conto della situazione attuale e delle aspettative per l’immediato futuro delle imprese.

Martedì 9 gennaio sarà la volta del tasso di disoccupazione aggiornato a novembre, mentre giovedì 11 è in calendario la produzione industriale. In quella stessa giornata verranno pubblicati i verbali della riunione di politica monetaria della Banca Centrale Europea che si è svolta il 14 dicembre.

Italia – Le giornate più interessanti saranno giovedì 11 e venerdì 12 gennaio, quando arriveranno indicazioni sulla variazione mese su mese e anno su anno delle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale.

Stati Uniti – Tra gli appuntamenti macroeconomici è da annotare, nella giornata di giovedì 11 gennaio, la Dichiarazione Mensile sul Budget, ovvero la differenza fra le entrate e le uscite del governo federale nell’ultimo mese del 2017. Il dato precedente ha evidenziato un deficit di 138,5 miliardi di dollari, mentre stavolta gli operatori si aspettano un disavanzo di 52 miliardi.

Un dato da monitorare perché potrebbe avere un effetto rialzista – se positivo o migliore del previsto – o ribassista – se non buono o peggiore delle attese – sul dollaro USA.


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