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Diario di due anni di Brexit

Come procede il passaggio verso la Brexit?

“Brexit means Brexit”.

Theresa May, 13 luglio 2016

Così parlava il premier inglese pochi giorni dopo il referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Dopo due anni, nessuno sa ancora bene come andrà a finire. Conclusa la prima fase della contrattazione, la Commissione Europea ha preparato una bozza di accordo1 che mette nero su bianco i punti di contatto con Londra, ma che lascia aperti altri punti cruciali.

Intesa raggiunta

  • La timeline della trattativa
  • I diritti dei cittadini europei
  • Prima di uscire Londra dovrà pagare il “conto”
  • Cosa succede durante il periodo di transizione

Nodi da sciogliere

  • Confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda: come gestirlo?
  • Cosa succede dopo il divorzio?

I tempi stringono

Il tempo inizia ad accorciarsi: il testo sull’uscita del Regno Unito dall’UE dovrà essere finalizzato entro ottobre, per poi passare al vaglio del Consiglio UE e del Parlamento Europeo entro il marzo del prossimo anno. E la versione definitiva, prima di passare al Parlamento, deve essere approvato dal Consiglio Europeo con una “super maggioranza”, ovvero con il supporto di almeno 20 Paesi su 27.

Se tutto va come deve andare, dal 29 marzo 2019 il Regno Unito non farà più parte dell’Unione Europea, anche se di fatto resterà ancorato all’UE per un periodo transitorio. Tale transizione ha una scadenza ben precisa, il 31 dicembre 2020, e serve a rendere meno traumatica la Brexit e a sciogliere gli ultimi nodi.

Gli step che porteranno alla Brexit

Durante la fase di transizione il Regno Unito guadagna qualche diritto, come la possibilità di ratificare nuovi accordi commerciali con Paesi terzi (anche se saranno effettivi solo dopo il periodo di transizione), e ne perde qualcuno, come quello di partecipare al processo decisionale dell’UE. Ma sui grandi temi rimane tutto come prima della Brexit. Per esempio, almeno fino al 2020 Londra continuerà:

  • a versare la sua quota nelle casse di Bruxelles;
  • ad accettare le sentenze della Corte di Giustizia Europea;
  • a rimanere nel mercato unico e nell’unione doganale.

E se al contrario l’accordo non dovesse passare il vaglio dell’Unione Europea? Beh, la questione si complica. O l’Unione Europea acconsente a una proroga, oppure dalle 23:00 del 29 marzo 2019 il Regno Unito diventa un Paese come un altro: sul piano commerciale, per esempio, probabilmente verrebbero applicate di default le regole e le tariffe dell’Organizzazione Mondiale del Commercio2.

I mercati hanno retto bene finora

In attesa di sapere come andrà a finire, dopo due anni dal voto sulla Brexit, avvenuto nel giugno del 2016, possiamo abbozzare un primo bilancio. Fin qui la reazione dei mercati è stata del tutto razionale: passato lo shock iniziale, gran parte dell’incertezza si è riversata sulla sterlina (-13,5%) e sulle obbligazioni (-11,4%). Nello stesso periodo, il mercato azionario è cresciuto del +13,8%, ma se concentriamo la nostra attenzione su quei titoli che hanno un’elevata quota di fatturato proveniente dal mercato UK, le performance si assottigliano (+0,6%). Nello stesso periodo, il mercato azionario dell’eurozona ha fatto molto meglio (+24,8%).

Sul fronte economico, il Prodotto Interno Lordo non ha smesso di crescere, il tasso di disoccupazione è sceso e l’inflazione dopo una breve impennata (post svalutazione) si è gradualmente stabilizzata nel corso del 2017.

Un primo bilancio

Tutto sommato, a distanza di due anni e con il giusto distacco, possiamo dire che il Regno Unito è riuscito a governare questo periodo piuttosto bene, senza troppi patimenti. Allo stesso tempo, bisogna essere consapevoli che gli effetti reali della Brexit si devono ancora materializzare: l’economia e le Borse hanno potuto fare affidamento sull’indebolimento della sterlina in un contesto globale favorevole; il mercato obbligazionario ha retto anche grazie alla debolezza strutturale dell’inflazione.

Man mano che le prossime scadenze si avvicinano, però, la pressione potrebbe salire. Per prima cosa, il contesto globale non è più così favorevole come lo è stato per tutto il 2017: per esempio, i dati sulla produzione industriale e sulle aspettative di crescita (indice PMI) fanno presagire che il picco di crescita sia bello che passato. Nessun dramma, ma le economie dei Paesi Sviluppati stanno decelerando e il Regno Unito fa peggio di Stati Uniti ed eurozona.

Poi, c’è la guerra commerciale. I dazi USA ed europei potrebbero colpire gli esportatori e il calo degli investimenti (nei primi sei mesi dell’anno si sono dimezzati nell’industria dell’auto3) potrebbe ridurre ulteriormente la crescita potenziale.

La storia della Brexit di questi due anni ci dovrebbe insegnare che essere troppo pessimisti non serve: il Regno Unito ha tutte le carte in regola per riuscire a gestire questa fase storica inedita. Ma deve decidere da che parte andare: o fuori o dentro l’UE, con tutte le conseguenze del caso. Il peggio che possa accadere è che il Paese rimanga sospeso in un limbo che, senza accorgersene, gli fa gradualmente perdere competitività.

Come abbiamo detto agli abbonati AO Tutor, le valutazioni del mercato inglese sono relativamente interessanti, ma l’incertezza che aleggia intorno al processo della Brexit e la debolezza del governo May ci rendono scettici su tutta la linea. Almeno, nel breve-medio termine.


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1 – Draft Withdrawal Agreement – 19 March 2018, fonte: www.gov.uk
2 – Brexit: a che punto siamo?, fonte: www.ispionline.it
3 – UK automotive industry urges rethink on Brexit red lines as uncertainty bites, fonte: www.smmt.co.uk

Scritto da

Segue tematiche economiche e finanziarie per il team financial strategies group di Advise Only. Dopo aver conseguito una doppia laurea in Management all’Università di Torino e all’ESCP Europe, ha deciso di proseguire i suoi studi con un master in Economia Internazionale a Paris Dauphine. Dopo 4 anni di vita parigina ed esperienze lavorative come economista e strategist, sbarca in Advise Only con l’obiettivo di sviluppare la parte di analisi economica e congiunturale.

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