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Se le incertezze politiche mandano in tilt gli indicatori di rischio

Il famigerato Vix, indicatore di rischio base per tastare il polso dei mercati, non è sempre efficace. Ecco un esempio di come non bisogna fidarsi acriticamente degli indicatori, ma guardare l’insieme della realtà che ci circonda.

Frugando nel web, mi è balzata quest’immagine che meritava i suoi 5 minuti di attenzione e che volevo condividere: una semplice relazione tra un indicatore di rischio (VIX) e il bene di rifugio per eccellenza (l’oro).

Beh, strano non trovate?

Il Vix, di cui abbiamo ampiamente parlato qui, è uno degli indicatori che misura il rischio dei mercati azionari, anche se al momento non riesce bene a prezzare il rischio sui mercati, complice l’andamento dell’indice S&P500; per questo è importante sempre valutare gli indicatori insieme ad altri strumenti e soprattutto collegandoli con la realtà che ci circonda.

Oro e Vix si sono mossi assieme fino al 26 dicembre, ma dopo…

  • Da un lato l’indicatore di rischio VIX resta praticamente sui propri minimi (11%) e ben sotto la media storica che si aggira tra il 15 e il 20%: questo significa in sostanza che tutto va bene e i mercati sono quasi privi di rischio. In effetti gli indici americani e alcuni titoli sono nel pieno del record mondiale, meglio di così non si può;
  • Dall’altro lato abbiamo un bene rifugio che ha rotto gli schemi logici e continua a salire, quasi come a segnalarci che alcuni operatori credono che il rischio sia presente e preferiscono coprirsi da eventuali eventi negativi…

Eventi negativi? Chi vuole rovinare la festa?

Quest’immagine, a prescindere dall’andamento futuro dei mercati, è un chiaro segno di come cominci a esserci indecisione tra gli operatori e soprattutto come un indicatore di rischio quale il VIX non sia in grado di captare tutti i rischi. A questo punto, la domanda naive da porsi è:

“…Ma allora, di che rischio stiamo parlando?…”

Parliamo del rischio politico, ossia di tutti gli eventi politici (scelte economiche o semplici dichiarazioni) che hanno un notevole impatto sui mercati. Un assaggio?

Pensiamo alla dichiarazione di Marine Le Pen, candidata all’Eliseo per il Front National. Le Pen ha detto che, qualora vincesse le Presidenziali Francesi, proporrà un referendum per uscire dalla zona euro (ormai va di moda strappare il biglietto all’Europa). Ecco l’effetto sullo spread tra i rendimenti francesi e quelli tedeschi:

A questo punto ci mettiamo poco ad aggiungere gli effetti delle parole di Trump su dollaro e peso messicano o gli effetti della Brexit sulla sterlina. Dopo aver inizialmente sottovalutato l’impatto del populismo e degli eventi politici in generale, è probabile che i mercati imparino dai propri errori. E di rischio politico il 2017 ne è ricco, eccovi serviti:

I rischi politici spiegano il grafico? (domanda naive livello 2)

Nel 2017 saranno chiamati al voto con certezza due Paesi che hanno un peso specifico notevole in Europa e che ne potrebbero decidere le sorti, Francia e Germania. Considerato l’andamento delle ultime elezioni o referendum, potrebbe succedere davvero di tutto e fare previsioni è pressoché inutile, anche perché il supporto politico all’euro è andato scemando dalla sua introduzione ad oggi, con la sola Germania che resta a favore della valuta unica. Ecco un sondaggio di Bloomberg che mostra come, con l’andamento del tempo, Italia e Francia siano passate da un parere positivo a negativo dell’Europa:

Oltre al bingo delle elezioni in Europa ricordiamo l’incertezza politica che regna negli USA e come qualche giorno fa alcune testate giornalistiche abbiano già iniziato a parlare delle scommesse sull’impeachment di Trump. E non dimentichiamo i possibili effetti derivanti dalla Brexit o dalla Grecia, che in questi giorni si gioca la carta del debito.


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