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Niente euro, siamo Inglesi

Devo dire che alla fiera dell’egoismo e della “piccolezza” dei policy makers nel 2011 mancava solo il contributo della Gran Bretagna. La culla della democrazia moderna durante l’ultimo summit Europeo che ha visto muovere i primi, timidi, passi verso una maggiore e diversa integrazione ha voluto fare la sua parte ed è rimasta fuori dall’accordo a 26.

Leggo sull’Economist, forse la voce più britannica e autorevole nel commentare gli scenari politico-economici mondiali (clicca qui) che la ragione del divorzio apparentemente “irreversibile” della Gran Bretagna dall’Unione Europea è “che siamo genuinamente diversi “.

Ma chi l’avrebbe mai detto di un Paese dove si guida a sinistra, la gente adora le pubbliche avventure e i cappellini di una monarchia da fumetto e pensa che pasticci di interiora e verdure bollite senza sale siano commestibili?

Io credo di avere problematiche e caratteristiche molto diverse da quelle di un abitante dell”Andalusia o di una mia coetanea di Helsinki, ma non per questo non voglio fare l’Europa con loro.

Quello che è successo in realtà, è che per fare un primo passo veramente concreto verso una maggior integrazione europea gli Stati nazionali hanno dovuto rinunciare a un po’ della loro sovranità in materia di politica fiscale, in particolar modo gli Stati con bilancio in miglior salute (Francia e Germania) hanno chiesto agli altri una maggiore austerità in termini di disciplina fiscale e di bilancio.

Forse la nascita di questo primo embrione di “nuova Europa” non sarà un granché (i mercati lo stanno già dicendo) ma è comunque un primo passo verso una diversa concezione di Europa, dove forse ci potranno essere anche i tanto attesi “Eurobond”, possibili solo in presenza di una politica economica molto più coesa.

Si dice che Mr. Cameron abbia esercitato il suo “veto” per proteggere gli interessi della City (solo un inglese sarebbe stato capace di scegliere una motivazione tanto impopolare!!!) da una possibile iper regolamentazione delle Banche in arrivo in Europa. Sarà, ma se il buongiorno si vede dal mattino la iper regolamentazione delle banche oggi non mi sembra il nostro problema principale… inoltre, se tutte le transazioni in euro fossero soggette a nuove regole, quali valute si scambierebbero in quello che resterebbe del paradiso finanziario della City?

L’altra motivazione addotta dai commentatori per il “Great Divorce” (leggi qui) sarebbe la storica “rivalità” con Sarkozy, apparentemente il vero vincitore del Summit.  Mi viene in mente Asterix e le battaglie tra Galli e Romani, Sarkò non sarà un simpaticone, ma se l’Europa la potessimo fare con la simpatia al Governo ci sarebbe Fiorello e non Mario Monti.

Credo che molto più semplicemente a Mr. Cameron siano pesate le preoccupazioni più terra terra: fronteggiare un consenso traballante nel suo Paese, preoccupazione, quella delle prossime elezioni che paradossalmente in Europa lasciano tranquillo solo Monti.

Lo diceva De Gasperi e lo ripropone spesso il Corriere “un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”. Oggi noi abbiamo bisogno di statisti che diano un futuro europeo ai nostri figli che non si limiti all’Erasmus o al biglietto Interrail.

I Britannici, dal canto loro, hanno ancora un rating AAA, tassi bassissimi ma le prospettive anche per loro non sono così rosee. Diamo un’occhiata a due grafici che ho preso dal sito della Bank of England.

  1. Grafico 1: uardate le revisioni alle attese di crescita del PIL UK per il 2011 e il 2012
  2. Grafico 2: la percentuale di debito dei cittadini inglesi rispetto al loro reddito

Anche per gli amici inglesi l’opzione di restare fuori potrebbe essere dolorosa. E a Mr. Cameron chiedo: preferisce assomigliare più ad una Norvegia senza petrolio, come dicono alcuni, o ad una Svizzera senza cioccolato?

Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

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