“Il Dow Jones collasserà a quota 5000 entro fine 2013, questa è la più grande bolla speculativa della storia” Charles Nenner a Bloomberg TV
Premetto che, al momento in cui scrivo questo post, l’indice Dow Jones è a quota 16.418.
Negli ultimi anni, schiere di presunti guru hanno annunciato l’incombente catastrofe della Borsa USA (cataclisma che trascinerebbe nel baratro le azioni di tutto il mondo). C’è anche chi, utilizzando un modello derivato dalla sismologia (scienza messa male quanto l’economia, forse anche peggio, in termini di efficacia delle previsioni), ha previsto con esattezza la data del crash della bolla speculativa dell’azionario USA: il 17 gennaio 2014. Ma il diretto interessato, cioè il mercato azionario, ha finora risposto in modo ripetitivo e robotico: salendo.
Le azioni USA sono care oppure no?
Quando si analizza un fenomeno complesso come i mercati finanziari, gli strumenti più semplici si rivelano generalmente assai robusti, statisticamente parlando. Ed è questo il caso della relazione tra il rapporto prezzo/utili (anche noto come rapporto “Price/Earnings”, o P/E) e i rendimenti azionari nei 5 anni successivi. Si tratta di un classico dell’analisi fondamentale, uno dei metodi più utilizzati per valutare le azioni.
Proviamo dunque ad applicare questo metodo alle azioni USA.
Il rapporto prezzo/utili è calcolato rapportando il valore dell’indice S&P 500 agli utili aggregati delle società presenti nell’indice S&P 500 (depurati dall’effetto del ciclo economico utilizzando una media mobile a 5 anni- metodo di Graham & Dodd). I rendimenti a 5 anni dell’indice S&P 500 sono lordi, senza effetto dividendi e denominati in USD. Si tratta di elaborazioni Advise Only su dati grezzi Bloomberg aventi frequenza mensile e riferiti al periodo 10/3/1969-10/3/2014.
In breve, per ciascun mese, dal 1969 ad oggi, ho considerato il rapporto prezzo/utili realizzati, verificando poi il rendimento azionario nei 5 anni successivi e ottenendo così una coppia di valori. Il grafico riporta tutte le coppie di valori.
Così, con un colpo d’occhio, si coglie la relazione tra il rapporto prezzo/utili e la dinamica dei mercati negli anni a seguire: più il rapporto prezzo/utili è basso, più è probabile che il rendimento negli anni successivi sia buono. Al contrario, più è alto, più è probabile che il rendimento sia basso (magari negativo).
Un grafico del genere l’ho proposto 3 anni fa, in un post che sinceramente vi consiglio di leggere: il grafico indicava che sarebbe stato legittimo aspettarsi nel quinquennio successivo rendimenti annui superiori al 10% per l’S&P 500 (senza dividendi). Ebbene, da allora il rendimento medio annuo dell’indice è stato pari a 12,65%, in linea con le indicazioni del grafico. Non male per un’analisi così semplice.
Ripetendo oggi l’esercizio, cosa emerge?
Oggi il nostro indicatore di P/E di Graham & Dodd è pari a 22. È un valore alto o basso? Si tratta di un valore superiore alla media degli ultimi 45 anni, ma in linea con la media a 30 anni e lievemente superiore a quella a 10 anni.
Traduzione: indicazioni non esaltanti, ma nemmeno catastrofiche, che sembrano indicare come questi prezzi non siano “da saldi”, ma nemmeno troppo cari come qualcuno afferma. Per avere un riferimento, prima dello scoppio della bolla azionaria del 2000, il P/E di Graham e Dodd ha oscillato, per anni, tra 35 e 40.
Come andranno le azioni USA nei prossimi 5 anni?
Per rispondere a questa domanda, mi sono spinto un po’ più in là del semplice grafico e ho stimato una curva che “aderisce” al meglio alla nube di punti del grafico (tecnicamente ho effettuato una robust quadratic regression) e che, come indicazione per i prossimi 5 anni, dà un rendimento medio annuo compreso tra il 2,5% e il 4,5% con probabilità superiore al 90%.
Ci andrei piano a prendere alla lettera questi numeri. Infatti il mercato azionario è un oggetto complesso, al cui cospetto l’esercizio statistico effettuato si pone (come la maggior parte degli esercizi statistici applicati ai mercati finanziari) come un badile utilizzato al posto di un cucchiaino da dessert. Tuttavia, con le dovute cautele, qualche indicazione si può trarre:
- guardando alle mere valutazioni aggregate, non sembra esserci spazio per performance esaltanti delle azioni USA;
- è però lecito attendersi che siano ancora positive;
- il crash “imminente”, il -50% profetizzato dagli oracoli del collasso economico finanziario, è poco verosimile nel breve termine (ciò non significa che sia impossibile; solo è difficile attribuirgli probabilità elevata).
Guardando al quadro generale, l’economia USA è in ripresa e le aziende americane hanno ottenuto buoni risultati in termini di ricavi e di utili: difficile pensare che, dopo gli sforzi effettuati per arrivare fin qui, la FED lasci affossare l’economia permettendo un collasso dei mercati finanziari.
Come investire oggi?
Bisogna investire tutto sulla Borsa USA? Certo che no! Né oggi, né mai. È però ragionevole mantenere azioni USA all’interno del proprio portafoglio di investimento. Quante e in quale strumenti finanziari?
Vi consiglio di dare un’occhiata ai nostri Portafogli Express (un’app gratuita con la quale ottenete un portafoglio realizzato da Advise Only in pochi click) oppure date un’occhiata al portafoglio Top Sectors 2014.
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Alessandro Alex / Giugno 11, 2014
Sisal si appresta ad entrare in Borsa
http://www.statistiche-lotto.it/sisal-group-quotazione-borsa-italiana
Si possono fare previsioni sull’andamento della quotazione?
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