In un contesto di mercato volatile, gli investitori possono avere difficoltà nell’orientare la loro bussola. Tra conflitto russo-ucraino, inflazione e aggressività delle banche centrali, in questo momento l’asset class in maggiore sofferenza è l’azionario. Basti pensare che l’S&P 500, l’indice azionario statunitense più rappresentativo, nei primi sei mesi del 2022 ha lasciato sul terreno oltre il 20% della sua capitalizzazione. Ed è sicuramente stato in buona compagnia, se si pensa ai principali listini europei e al loro andamento a dir poco incerto in questa prima parte dell’anno.
L’incertezza e i timori di recessione alimentano i ribassi
I ribassi si sono accentuati in seguito all’aumento dei tassi di interesse da 0,75 punti base della Federal Reserve, che è stato il più alto mai visto dal 1994. Il presidente, Jerome Powell, intende muoversi in modo deciso per domare una crescita dei prezzi che si attestata all’8,6% negli Usa, al massimo da 40 anni a questa parte.
Si sta preparando a un percorso di rialzo dei tassi anche la Bce, che procederà a luglio con un aumento da un quarto di punto, a cui molto probabilmente seguirà un altro ritocco al rialzo, questa volta da mezzo punto, in settembre. Un fatto, quest’ultimo, inedito per i mercati, abituati ormai da molti anni a una Bce accomodante in fatto di tassi d’interesse.
A spaventare di più è il timore che queste politiche restrittive possano portare a una recessione.
L’opportunità delle banche multilaterali di sviluppo
Provando a guardare oltre la cortina fumogena attuale, però, ci si può aggrappare ad alcune vie d’investimento meno soggette alle oscillazioni di breve termine. Una di queste è rappresentata dai bond delle cosiddette Multirateral Development Bank, istituti che hanno come mandato principale quello di promuovere la crescita dei Paesi in via di Sviluppo in armonia con i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Sono istituzioni sopranazionali, create e garantite dagli stati sovrani: una di queste, per esempio, è la Banca Mondiale.
Ci sono case d’investimento, come la svizzera Ubs, che hanno ideato degli Etf – fondi a gestione passiva che replicano l’andamento di un indice – per investire sulle attività delle Mdb. Questi prodotti hanno vari punti di forza: in primis, nonostante l’aumento dei rendimenti in atto, hanno spread che rimangono bassi rispetto ai Treasuries – i titoli di stato Usa – della stessa durata.
Inoltre, da un punto di vista storico, questi prodotti hanno sempre offerto una buona diversificazione, simile a quella degli Us Treasuries, e performato bene nel lungo periodo.
Prendiamo, per esempio, l’indice MSCI ACWI (un paniere azionario internazionale in cui convivono titoli dei Paesi sviluppati ed emergenti) come benchmark di riferimento: l’Mdb Index offre una correlazione negativa nei rendimenti giornalieri dall’inizio del 2012 a oggi. Grazie alla loro correlazione di solito bassa o negativa con l’azionario, il prezzo degli Mdb tende a rimanere stabile, o addirittura a salire, quando i prezzi delle azioni scendono.
La costruzione dell’indice
Ubs contiene nella sua gamma di prodotti l’UBS ETF (LU) Sustainable Development Bank Bonds UCITS ETF (USD) Acc (ISIN: LU1852211215) e l’UBS ETF (LU) Sustainable Development Bank Bonds UCITS ETF (hedged to EUR) Acc (ISIN: LU1852211991). Sono prodotti simili, solo che il secondo offre la copertura contro il rischio di cambio con l’euro.
Ma come funzionano? L’Etf replica l’indice Solactive UBS Global Multirateral Development Bank Bond USD 25% Issuer Capped TR che copre circa il 65% della capitalizzazione del mercato dei bond emessi dalle Mdb, pari a oltre 350 miliardi di dollari. Vi fanno parte solo emissioni di minimo 500 milioni di dollari con rating medio di AAA per Standard & Poor’s o di Aaa per Moody’s.
I bond hanno scadenze massime di 5 anni e una durata minima residua di 12 mesi e sono solamente in dollari, escludendo tutti i titoli di debito emessi in rubli. Quest’ultimo dettaglio garantisce liquidità al prodotto e ne ha limitato la volatilità. Infine, l’indice è ponderato sulla base della capitalizzazione di mercato, con un tetto massimo per emittente del 25%.
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