Nel mondo obbligazionario è in corso una svolta molto rilevante, quasi storica. Dopo un lungo periodo, durato oltre un decennio, di politiche monetarie accomodanti e tassi d’interesse bassi o a zero, le banche centrali stanno stringendo i cordoni della borsa. La variabile che ha innescato questo grande cambiamento è stata l’inflazione, che in Europa a settembre è arrivata al 10% e negli Stati Uniti, ad agosto, ha toccato l’8,5%.
L’effetto di tutto questo si riversa sui rendimenti dei titoli di debito, che hanno iniziato a salire in tutto il mondo facendo pressoché piazza pulita dei bond con rendimenti negativi. In questo momento, sia la Federal Reserve, la Banca centrale americana, sia la Banca centrale europea sembrano aver fatto convergere la loro strategia: entrambe sostengono che la priorità assoluta dei loro interventi debba essere rivolta al contenimento dell’inflazione, portandola a ridosso del 2% anche a costo di causare una recessione economica.
I rendimenti in ascesa e il porto sicuro del reddito fisso Usa
Tra le due banche, però, quella che ha iniziato ad avviare prima la sua politica restrittiva e che sembra procedere con maggiore decisione è la Fed. Il banchiere centrale, Jerome Powell, ha varato tre rialzi consecutivi dei tassi d’interesse da 0,75 punti base, l’ultimo in ordine di tempo lo scorso 21 settembre, portando il costo del denaro nella forchetta fra il 3 e il 3,25%.
Il dato dell’inflazione di agosto, più alto delle attese degli analisti, ha provocato una brusca correzione sui mercati azionari mondiali, aprendo la strada a ulteriori e forti rialzi dei tassi da parte della banca centrale, che tornerà a riunirsi i prossimi 1-2 novembre.
Ma se i rendimenti stanno salendo un po’ ovunque, ad attrarre l’attenzione degli investitori in questo momento sembrano essere soprattutto i bond governativi Usa: Washington, infatti, sembrerebbe meglio posizionata rispetto all’Europa, grazie alla maggiore autonomia energetica e a un mercato del lavoro ancora forte.
Attualmente, inoltre, c’è una fisiologica ricerca di asset di maggior qualità, e l’area europea sembra avere un profilo d’incertezza maggiore, che deriva dalla forte esposizione alla crisi energetica, al prezzo del gas e ai timori per le interruzioni delle forniture russe.
Investire nell’obbligazionario Usa: le opzioni tra duration e copertura del cambio
La casa svizzera d’investimenti Ubs ha nella sua gamma di prodotti alcuni Etf – fondi a gestione passiva che fanno riferimento a un benchmark – che permettono di prendere esposizione al reddito fisso statunitense.
Se ne possono trovare in quattro varianti, in base a durata dei titoli contenuti nel paniere, presenza di copertura contro il rischio di cambio e valuta di riferimento.
L’UBS ETF (LU) Bloomberg US 7-10 Year Treasury Bond UCITS ETF (USD) A-dis (ISIN: LU0721552973) e l’UBS (Lux) Fund Solutions – Bloomberg US 1-3 Year Treasury Bond UCITS ETF (USD) A-dis (ISIN: LU0721552544), per esempio, si basano sugli omonimi panieri di Bloomberg che offrono esposizione verso i bond governativi Usa con durate residue rispettivamente comprese tra i sette e i dieci anni e l’uno e i tre anni, denominati in dollari.
Ci sono però, in aggiunta, prodotti denominati in euro e copertura contro il rischio di cambio con il dollaro. L’Ubs Bloomberg US 10 Year Treasury Bond Ucits Etf hedged to Eur (ISIN: LU1459800113), per esempio, si basa sull’omonimo indice di Bloomberg che include titoli del Tesoro statunitense con una scadenza di almeno dieci anni.
È strutturato in classi di quote con copertura valutaria volte a ridurre l’impatto delle fluttuazioni dei cambi tra la moneta di riferimento (l’euro) e quella dell’indice (il dollaro), vendendo contratti a termine su valute al tasso forward a un mese. L’UBS ETF (LU) Bloomberg US 1-3 Year Treasury Bond UCITS ETF (hedged to EUR) A-dis</strong (ISIN: LU1324510525), anch’esso coperto contro il rischio cambio, conta invece nel suo paniere di riferimento titoli del Tesoro Usa con una durata residua compresa tra uno e tre anni.
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