L’aumento dei prezzi dà segni di persistenza, dopo un’iniziale discesa guidata dal calo dei costi energetici. Gli ultimi dati Eurostat per il mese di aprile hanno rilevato che la media nell’area dell’euro è stata di un incremento annuale del 7%, dal 6,9% di marzo. Negli Stati Uniti il dato è stato del 4,9% in aprile: si tratta di un miglioramento, ma va comunque detto che i numeri sono ancora lontani dall’obiettivo della Federal Reserve, intorno al 2%.
Del resto quella al carovita è una battaglia lunga e dura da affrontare, motivo per cui è lecito aspettarsi che il dato sull’inflazione continuerà negli anni a venire a essere superiore a quello cui eravamo abituati prima della pandemia.
Lo ha detto anche la Commissione Europea nelle sue previsioni di primavera, segnalando un’inflazione complessiva nell’area dell’euro al 5,8% nel 2023 e al 2,8% nel 2024, rispettivamente lo 0,2% e lo 0,3% in più rispetto alle previsioni invernali.
Il carovita: una fonte di rischio per gli investitori
L’inflazione erode il potere d’acquisto e per questo rappresenta una fonte di rischio per gli investitori. Fortunatamente è possibile attenuare tale rischio tramite le obbligazioni indicizzate all’inflazione (note anche come “obbligazioni reali”).
Un mercato in espansione: i più importanti Paesi dell’area dell’euro stanno emettendo titoli indicizzati, e fra questi la Francia (265 miliardi di dollari), la Germania (82 miliardi di dollari), l’Italia (169 miliardi di dollari) e la Spagna (79 miliardi di dollari).
Tali obbligazioni si caratterizzano per un adeguamento all’evoluzione del carovita, per il tramite di uno specifico indice dei prezzi al consumo. Mettiamo che l’inflazione cumulata in cinque anni di un’obbligazione indicizzata ammonti al 30%: allora mille euro di capitale si rivaluterebbero attestandosi a 1.300 euro alla scadenza.
Le obbligazioni reali corrispondono anche una cedola (generalmente semestrale) stabilita come percentuale fissa del capitale indicizzato che, in quanto tale, si adegua al variare dell’inflazione. Tornando all’esempio sopra, una cedola fissa del 4% si applicherebbe ai 1.000 euro iniziali e poi, a salire, ai 1.300 euro risultanti dalla rivalutazione, con un risultato più corposo in termini di remunerazione. Un risultato che consente all’investitore di proteggersi dagli effetti del rialzo dei prezzi.
Questi prodotti consentono di ridurre i rischi di portafoglio legati all’inflazione in un’ottica di lungo periodo e possono essere una scelta opportuna soprattutto nel momento in cui l’investitore ritiene che la futura crescita dei prezzi batterà al rialzo le stime degli analisti.
Le cosiddette “obbligazioni reali”, quindi, mirano a coniugare l’affidabilità creditizia del Paese emittente con l’esigenza di proteggere il futuro potere d’acquisto del proprio capitale dall’inflazione.
Proteggersi dall’inflazione con i Treasury Usa
La casa d’investimenti UBS, in tal senso, nel suo portafoglio di Etf quotati (fondi passivi che replicano l’andamento di un indice) permette di accedere a diverse strategie che offrono protezione dai rischi inflattivi.
Per esempio, l’UBS ETF (LU) Bloomberg TIPS 1-10 UCITS ETF (USD) A-dis (ISIN: LU1459801434) è un prodotto che replica l’indice Bloomberg US Government 1-10 Year Inflation-Linked Bond.
Quest’ultimo include titoli del Tesoro degli Stati Uniti con una durata residua di almeno un anno ma non superiore a dieci. E c’è anche la versione con copertura dal rischio di cambio con l’euro (ISIN: LU1459801780).
Il focus è appunto sulle Tips, sigla che sta per Treasury inflation protection securities, obbligazioni emesse dal Tesoro statunitense che adottano il CPI-U come indice d’inflazione di riferimento. Il CPI-U è il Consumer Price Index For All Urban Consumers, l’indice dei prezzi al consumo per tutti i consumatori urbani, e misura la variazione mensile dei prezzi al consumo per un paniere rappresentativo di beni e servizi. È uno dei parametri che misurano l’inflazione, oltre che un indicatore dell’efficacia delle politiche fiscali e monetarie del governo.
A questo prodotto si affianca l’UBS (Lux) Fund Solutions – Bloomberg TIPS 10+ UCITS ETF (USD) A-dis (ISIN: LU1459802754). L’indice di riferimento, stavolta, è il Bloomberg US Government 10+ Year Inflation-Linked Bond, che include titoli del Tesoro emessi dagli Stati Uniti con una scadenza di almeno dieci anni.
Anche quest’ultimo offre un’alternativa che prevede la copertura contro il rischio di cambio con l’euro (ISIN:LU1459803059).
Proteggersi dall’inflazione nell’area euro
L’UBS ETF (LU) Bloomberg Euro Inflation Linked 1-10 UCITS ETF (EUR) A-dis (ISIN: LU1645380368) si basa sull’indice Bloomberg Euro Government Inflation-Linked 1-10 Year Index (Series-L), e raccoglie solo titoli obbligazionari denominati in euro e con una vita residua tra l’uno e i dieci anni.
Sono ammessi quelli di Francia, Italia, Germania e Spagna.
Per quantificare l’adeguamento all’inflazione si guarda allo IAPC, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo progettati per consentire una comparazione a livello internazionale dell’inflazione dei prezzi al consumo. Anche in questo caso c’è una proposta alternativa: si tratta dell’UBS (Lux) Fund Solutions – Bloomberg TIPS 10+ UCITS ETF (hedged to EUR) A-acc, un Etf il cui paniere comprende i titoli con una vita residua superiore ai dieci anni (ISIN: LU1645381689).
Un ampio ventaglio, insomma, di soluzioni che mira a proteggere dall’inflazione e volendo consente di diversificare non solo per area geografica ma anche in base alla vita residua dei titoli.
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