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#ABCFinanza: Alfa e Beta, il grande classico degli investimenti

Tante volte, in questi lunghi anni, abbiamo citato due lettere dell’alfabeto greco abbastanza ricorrenti quando si parla di finanza e investimenti. E sono, appunto, proprio le prime due lettere: Alfa e Beta. Ma cosa sono l’Alfa e il Beta, quando si parla di investimenti? Cosa significano e che cosa ci segnalano? Concediamoci un breve ripasso.

 

Alfa: cos’è e cosa significa?

L’Alfa (positiva) nella gestione è quel rendimento extra che il gestore dovrebbe ottenere rispetto all’indice di riferimento, senza alcun rischio in più, grazie a un’attività di ricerca continua di opportunità di investimento. Nell’industria del risparmio gestito, è convinzione diffusa che la gestione attiva di portafoglio generi Alfa positiva. La maggioranza dei fondi comuni, sicav e fondi speculativi ha un obiettivo di gestione, costituito da un indice di mercato che può essere un indice azionario, obbligazionario, oppure (per i prodotti “total return”) il rendimento di un indice monetario.

Questo obiettivo è ciò che nei prospetti informativi dei fondi e nei siti di finanza viene chiamato “indice di riferimento” o “benchmark. In altre parole, investendo in un prodotto con Alfa positiva si dovrebbe “battere il mercato” senza rischi aggiuntivi. Negli anni, una vasta fetta dell’industria del risparmio gestito è parsa convinta del fatto che l’Alfa positiva esiste e può essere estratta, per ottenere maggior performance. Ma l’estrazione dell’Alfa, fa notare chi è del mestiere e se ne occupa, è costosa: occorre visitare aziende, procurarsi e analizzare dati economici e finanziari, andare a conferenze e via dicendo.

Il risparmiatore che cerca l’Alfa paga per questo, come si può evincere dal Ter (Total expense ratio), la commissione annua totale.

 

 

Quelli che non credono dell’Alfa

Tempo fa, una ricerca della Johnson Cornell University, pubblicata sul Journal of Portfolio Management, prestigiosa rivista di settore, evidenziava come l’Alfa positiva sia in realtà molto rara, se non addirittura pura fantasia. L’autore, Robert Jarrow, faceva ricorso ad argomentazioni teoriche e pratiche e portava esempi di Alfa autentica e di Alfa – diciamo così – meno autentica, tratti dall’esperienza della crisi creditizia del 2008. La ricerca mostrava come spesso, in realtà, il gestore ricerchi l’Alfa assumendo maggiori rischi, poco evidenti e magari poco chiari al gestore stesso.

 

Cos’è il Beta e come funziona?

Il Beta, in finanza, è un indicatore che misura la variazione attesa di un titolo, sia esso azione oppure obbligazione, rispetto alle variazioni del mercato di riferimento.

Per esempio:

  • se il mercato va giù e il prezzo di un titolo scende un po’ meno rispetto al mercato, allora quel titolo ha Beta inferiore a 1;
  • se il mercato va giù e il titolo scende in misura maggiore, allora il Beta è superiore a 1.

Titoli con Beta inferiore a 1 sono quindi considerati difensivi. Chi vuole approfondire può trovare nel nostro glossario una spiegazione completa su come si calcola.

Per farla breve, misurando “la variazione attesa del rendimento del titolo per ogni variazione di un punto percentuale del rendimento di mercato” (citiamo da Borsa Italiana), il Beta ci dice quanto è rischioso quel titolo, tenuto conto del fatto che se Beta è maggiore di 1 allora vuol dire che il titolo tende ad amplificare i movimenti del mercato, ed è quindi in linea di massima più rischioso, mentre se si colloca fra 0 e 1 allora vuol dire che tendenzialmente si muove nella medesima direzione del mercato, indicando un rischio più contenuto.

 


 

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