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Che cos’è Swift e cosa c’entra con il conflitto tra Russia e Ucraina?

Mentre il mondo intero rimane con il fiato sospeso in attesa di capire i prossimi sviluppi della drammatica situazione in Ucraina, tra le sanzioni comminate a Mosca dall’Occidente viene citata sempre più spesso l’idea di escludere la Russia da SWIFT, il che di fatto taglierebbe fuori il Paese dal circuito globale dei pagamenti bancari. Ma che cos’è esattamente SWIFT e perché le potenze occidentali sono così restie a servirsene per isolare Mosca?

Cogliamo l’occasione per fare luce non solo su SWIFT, ma anche su alcune altre sigle e acronimi del mondo bancario – come SEPA, IBAN e BIC – che si sentono pronunciare con una certa frequenza. Restate con noi.

 

Che cos’è SWIFT?

L’acronimo sta per Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication e indica una società cooperativa fondata nel 1973 con sede a Bruxelles, che andò a sostituire il vecchio telex. In pratica, si tratta di un sistema di messaggistica sicuro, usato oggi come standard da oltre 11mila istituzioni finanziarie per inviare comunicazioni e ordini di pagamento, per un traffico stimato in circa 42 milioni di messaggi ogni giorno.

Sospendendo il codice SWIFT di un individuo, di un’impresa o anche di un intero Paese, si impedisce di fatto a chiunque di effettuare pagamenti verso il beneficiario identificato da quel codice.

 

Quali possibili conseguenze per la Russia?

Non sarebbe la prima volta che un Paese viene tagliato fuori da questo circuito: era successo all’Iran nel 2012 e al Venezuela. Nel 2014, l’ex ministro delle Finanze Alexei Kudrin aveva stimato che l’esclusione della Russia da SWIFT avrebbe potuto comportare un calo del PIL del 5% annuo come conseguenza immediata. Tuttavia, oggi il quadro è cambiato: a seguito delle sanzioni del 2014, la banca centrale russa ha sviluppato un proprio sistema di pagamento, MIR, che intermedia circa il 25% di tutte le transazioni nazionali con carta (ma è difficlmente utilizzabile all’estero).

Tanto che il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Medvedev ha dichiarato che in caso di esclusione da SWIFT le transazioni finanziarie “diventerebbero più difficili, ma non sarebbe una catastrofe”.

Il problema è che nel caso della Russia ci sarebbero anche pesanti ripercussioni internazionali – basti pensare all’esposizione delle banche italiane e francesi verso Mosca o all’export, specialmente quello tedesco. Ma soprattutto pesa, ancora una volta, il tema dell’energia: congelare le transazioni con la Russia significherebbe per l’Occidente rinunciare a gas e petrolio al ritmo di 700 milioni di dollari al giorno. Infine, c’è il timore che l’esclusione da SWIFT incoraggerebbe la Russia, e magari la Cina, a sviluppare sistemi alternativi. Insomma, non è una decisione semplice.

Ma vediamo nel dettaglio a cosa serve il codice SWIFT, a prescindere dalla Russia. Sì, perché è qualcosa che interessa qualsiasi titolare di un conto corrente, anche quando non ci sono in ballo conflitti e sanzioni internazionali.

 

Cos’è il codice BIC/SWIFT di una banca

L’acronimo BIC sta per Bank Identifier Code ed è un codice che viene assegnato dalla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) per identificare un determinato tipo di banca.

È composto da 11 caratteri, che possono essere divisi in quattro blocchi:

  • AAAA: codice identificativo dell’istituto bancario a livello globale;
  • BB: identificativo della nazione (IT nel caso dell’Italia);
  • CC: identificazione della città (il secondo carattere di questa cifra può essere un numero e rappresenta alcune informazioni aggiuntive);
  • DDD: codice del ramo bancario (quando è assente questa sequenza, o è segnalata come XXX, ci si riferisce agli uffici centrali della banca).

A differenza del codice IBAN, che è facilmente recuperabile attraverso il contratto di conto corrente o nel proprio Internet banking, trovare il codice BIC potrebbe non essere un’operazione semplice. Si può in ogni caso consultare il sito della SWIFT, dove è possibile trovare i codici BIC di ogni banca.

 

BIC e SWIFT sono la stessa cosa?

BIC e SWIFT possono essere utilizzati come sinonimi, ma in realtà tra i due acronimi c’è una precisa differenza. Il BIC rappresenta infatti il codice personale assegnato a ogni correntista, mentre l’acronimo SWIFT si riferisce alla società che rilascia il suddetto codice e che controlla i trasferimenti internazionali. In ogni caso, a livello pratico sono esattamente la stessa cosa.

 

A cosa serve il codice BIC/SWIFT

Il codice BIC/SWIFT viene affiancato all’IBAN non solo per effettuare transazioni a livello internazionale, ma anche per indirizzare il denaro verso il giusto canale senza errori. Infatti, se si sbaglia a digitare l’IBAN, e quest’ultimo è sì sbagliato ma esistente, i soldi verranno accreditati sulla base dell’IBAN riportato al momento del pagamento, nonostante nome e cognome del beneficiario non coincidano2. Per questo è stato introdotto un codice personale che identifica univocamente un numero di conto, per tutelare il cliente quando esegue o riceve un bonifico.

Inoltre, il codice BIC è utile per individuare al primo sguardo il Paese di provenienza di un istituto bancario, un’informazione molto utile quando si devono applicare degli oneri o si vuole conoscere il regime di tassazione al quale uniformarsi.

E gli altri acronimi tanto in voga nel linguaggio delle banche?

 

 

IBAN: che cos’è?

IBAN sta per International Bank Account Number e rappresenta il codice identificativo univoco assegnato a ogni conto corrente.

A partire dal 2008, l’IBAN ha sostituito ufficialmente le vecchie coordinate bancarie e, da allora, è uno dei pochi sistemi riconosciuti a livello internazionale. Raccoglie in un unico codice alfanumerico tutti i dati necessari riguardanti il proprietario di un conto bancario come il numero di conto, le informazioni bancarie e il codice Paese.

È composto da un massimo di 34 caratteri alfanumerici (in Italia sono 27) e permette di trasferire denaro all’estero in tutta semplicità. I caratteri che lo compongono rappresentano più specificatamente:

  • IT (sigla nazionale ISO), che indica la nazione in cui si trova il conto corrente;
  • CIN EURO (2 numeri), che identifica un codice di sicurezza europeo;
  • CIN (una lettera), che consente di verificare la corretta trascrizione dei successivi 22 caratteri;
  • ABI (5 numeri), che serve a identificare l’istituto bancario presso il quale è aperta l’utenza bancaria;
  • CAB (5 numeri), che identifica in modo più specifico la filiale dell’istituto bancario dove è attivo il conto corrente;
  • conto corrente (12 cifre), che è appunto il numero di conto corrente, preceduto a sinistra da tanti zeri quanti ne sono necessari per arrivare a 12.

In molti Paesi europei, l’IBAN viene generalmente stampato su bancomat e carte di credito. In Italia non è sempre così, ma si può trovare facilmente consultando l’estratto conto o accedendo alla propria banca online.

 

A cosa serve l’IBAN

Con l’IBAN possiamo:

  • inviare bonifici a beneficiari con conti in Italia e all’estero;
  • ricevere accrediti direttamente sul conto, come lo stipendio e la pensione;
  • monitorare e tracciare le operazioni bancarie tra privati, ma anche tra aziende o fra le due categorie.

 

Cos’è la SEPA?

Il primo febbraio 2014 l’UE ha introdotto la SEPA, sigla che sta per Single Euro Payments Area. Si tratta di un’area nella quale è possibile effettuare e ricevere pagamenti in euro con modalità standard semplici ed efficaci definite dal Regolamento Europeo 260/2012. La sua introduzione ha permesso di armonizzare e standardizzare i vari sistemi di pagamento in euro verso un conto corrente situato altrove.

Ha inoltre sostituito il vecchio codice CRO (Codice di Riferimento Operazione) con il Transaction Reference Number (TRN)1, che permette di identificare univocamente l’operazione, consentendo quindi di verificare che il bonifico sia stato effettuato realmente.

Appartengono all’area SEPA tutti i Paesi dell’Unione Europea con l’aggiunta di Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Andorra, Monaco e San Marino.

 

Tempi e costi dei bonifici SEPA

I pagamenti SEPA sono gratuiti? Dipende dal proprio istituto bancario. Le banche possono infatti addebitare una commissione per i bonifici in euro, a condizione che sia uguale per tutti i Paesi dell’area e che siano trasparenti.

Per quanto riguarda i tempi del bonifico, la legge prevede che venga effettuato dalla banca entro un giorno lavorativo successivo a quello in cui è stato commissionato l’ordine. Le regole dettagliate sono definite da un documento europeo, il Sepa Credit Transfer Scheme Rulebook, che contiene tutte le prassi per il corretto funzionamento del sistema.

Per inviare o ricevere bonifici all’interno dell’Unione Europea (e dell’area SEPA) è sufficiente disporre del codice IBAN. Nel caso in cui però si debba predisporre o ricevere un bonifico bancario internazionale viene richiesto il codice BIC o SWIFT: cos’è e a cosa serve?

 



1 – IL TRN va richiesto alla banca.
2 – In questo caso la banca non ha alcuna responsabilità per l’errore ed è necessario richiedere la restituzione delle somme versate a colui che ne ha beneficiato.

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Ultimi commenti
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    Prego proseguire con il tema degli acronimi e del gergo finanziario: cosa significa UCITS, cosa ci dice? Cosa significa TOTAL RETOURN?

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      Ciao Giovanni, grazie per il suggerimento. Continueremo sicuramente con il filone del gergo bancario e finanziario.

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