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Italiani e finanza: più del 50% non sa cosa sia l’inflazione

L’ennesima bacchettata agli italiani arriva dalla Consob: in base all’ultimo report sulle famiglie italiane, più del 20% degli intervistati non ha familiarità con alcuno strumento finanziario e la maggior parte fatica a comprendere l’andamento dei mercati finanziari.

Mancano le basi

Tutti sappiamo quanto può essere pericoloso acquistare alla cieca un oggetto – un capo d’abbigliamento, un’automobile – senza avere la più pallida idea di quali sono gli aspetti importanti da considerare nella scelta. Eppure questa consapevolezza sembra perdere consistenza quando l’acquisto riguarda l’ambito degli investimenti e degli strumenti finanziari. La materia, lo sappiamo, non scalda particolarmente il cuore degli italiani: un’ulteriore conferma sulla scarsa alfabetizzazione finanziaria del Belpaese, nel caso servisse, arriva dalla Consob.

Secondo l’ultimo report della Commissione sulle famiglie italiane, solo poco più del 40% degli intervistati (su un campione di 1.000 famiglie ) è in grado di definire correttamente nozioni di base come inflazione e il rapporto fra rischio e rendimento. E se ci avventuriamo su concetti più sofisticati, come il rapporto tra tassi di interesse e prezzo delle obbligazioni, la percentuale di risposte esatte scende fino all’11%. Niente di cui andare particolarmente fieri.

01 - financial knowledge

Più del 20% degli intervistati dichiara di inoltre non avere familiarità con alcuno strumento finanziario e la maggior parte di loro fa fatica a comprendere l’andamento dei mercati finanziari. Prendiamo ad esempio i titoli di Stato dell’Eurozona con rendimenti negativi: il 40% degli intervistati non è in grado di esprimere un’opinione a riguardo, mentre il 38% li considera troppo rischiosi; solo il 23% si mostra in grado di comprendere il fenomeno ponendolo in relazione con il trade-off rischio-rendimento.

rendimentinegativi

Questa scarsa conoscenza, insieme a un’elevata quota di famiglie che possiede almeno un prodotto finanziario (50% a fine 2015), si traduce in una nutrita schiera di persone che si affida acriticamente ai consigli di soggetti più o meno affidabili o che, peggio, si dà al fai-da-te senza avere gli strumenti di base, convinto di riuscire in qualche modo a cavarsela. Un po’ come buttarsi in mare sprovvisti di salvagente e senza saper nuotare.

Consulenti vs familiari

In base ai risultati dell’indagine, ben il 24% degli intervistati decide come investire in maniera totalmente autonoma e un altro 38% segue i suggerimenti di familiari e colleghi (cosiddetto informal advice), mentre solo il 28% chiede consiglio a un professionista e il restante 10% delega un esperto. Anche nella selezione del professionista a cui affidarsi per la gestione dei propri risparmi gli italiani tendono a essere piuttosto “pigri”: il 50% di chi si avvale di un consulente o delega le decisioni a un professionista si basa esclusivamente sulle indicazioni dell’istituto di credito di riferimento, mentre meno del 20% decide dopo aver valutato più di un’alternativa tra quelle disponibili sul mercato.

Roboadvisory, questa sconosciuta

Quanto al ricorso a piattaforme online, la consulenza automatizzata (la cosiddetta roboadvisoryrisulta sconosciuta all’87% degli intervistati e la grande maggioranza del campione si dichiara comunque poco interessato a fruirne, chi per timore di possibili truffe (66%), chi perché sostiene che un software non sia in grado di fornire consigli validi sugli investimenti (13%), chi ancora perché preferisce affidarsi al proprio consulente in carne e ossa (15%). Eppure esistono soluzioni trasparenti ed economicamente accessibili a tutti che potrebbero dare una mano a orientarsi nel mare degli investimenti, come il nostro servizio AO Tutor.


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Come prevedibile alla luce di queste premesse, al momento di prendere una decisione gran parte degli investitori non ha piena consapevolezza dei fattori da ponderare. Secondo il report della Consob, l’orizzonte temporale viene preso in considerazione solo nel 24% dei casi, gli obiettivi nel 18%, le aspettative di guadagno e la capacita economica di assumere rischi nel 15% circa, mentre poco meno del 39% degli investitori dichiara di non avere nessuna particolare attitudine al processo decisionale di investimento.

02- prodotti finanziari

Quanto infine al prodotto di investimento preferito dagli italiani (in questo caso il campione è costituito da 2.500 famiglie), a fine 2015 il titolo spettava alle obbligazioni bancarie (e anche qui ci sarebbe da riflettere), mentre negli ultimi anni risulta diminuita la partecipazione a a titoli del debito pubblico domestico, prodotti del risparmio gestito e azioni quotate italiane.

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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

Ultimo commento
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    C’è da dire comunque che queste indagini lasciano sempre un po’ il tempo che trovano. Mille soggetti a rappresentanza dell’Italia sono un po’ pochini e poi sarebbe interessante sapere la stratificazione del campione (caratteristiche del rispondente, regione, ecc.).

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