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I “robo advisor”: tutti ne parlano, ma a chi servono davvero?

Il fascino irresistibile dei robo advisor

Ci sono espressioni brutte, in questo caso anche incorrette, che diventano veri e propri tormentoni. È il caso di “robo advisor”,  acronomimo che designa le piattaforme di consulenza finanziaria digitali. Sarà l’allure da Matrix o il timore luddistico delle macchine che sostituiscono l’uomo,  ma anche nel nostro Paese, alle prese con i problemi legati all’avvento del bail-in e delle sofferenze bancarie, se ne parla moltissimo.

In realtà i cosiddetti “robo advisor” non sono robot né tanto meno advisor, ma semplicemente piattaforme digitali supportate da algoritmi finanziari che propongono soluzioni di investimento facili e a basso costo come portafogli modello in ETF, spesso abbinate a soluzioni per un planning finanziario di base, il tutto all’insegna di una grande semplicità d’uso.

Infatti la consulenza finanziaria vera – e non parliamo di quella del dipendente di una banca che propone i prodotti di casa – presuppone una relazione personale e un rapporto complesso che implica la conoscenza della situazione patrimoniale di una persona e della sua famiglia, di un’eventuale impresa, degli obbiettivi di vita, gusti personali, insomma mille sfaccettature difficili da replicare da una macchina.

Questo i consulenti e promotori finanziari in gamba l’hanno capito perfettamente, infatti essi non vedono nella tecnologia un nemico, quanto piuttosto un alleato per rendere ancora più efficiente e scalabile il proprio servizio.

E allora perché tanta preoccupazione e rumore intorno ai robo advisor?

Semplicemente perché l’ondata del fintech è un trend inarrestabile. Che le banche vogliano investire nella trasformazione digitale o meno, sono i loro clienti ad essere cambiati in modo irreversibile e ad aspettarsi dai servizi finanziari il livello di personalizzazione, la semplicità d’uso e l’immediatezza che già ricevono da altre industrie.

Senza un cambiamento del modo di proporre prodotti e investimenti da parte delle banche italiane molti clienti – specialmente quelli giovani – sceglieranno operatori esteri come la giovane e aggressiva banca tedesca mobile Number26 .

Credo che il punto stia nel capire che le piattaforme digitali come AdviseOnly , che ho contribuito a creare e che fornisce servizi di robo advisory a istituzioni finanziarie in modalità SaaS, non intendono sostituire i consulenti finanziari in carne ed ossa, ma possono fornire una soluzione per il cosiddetto “Advice Gap”. L’ “Advice Gap”, letteralmente “vuoto di consulenza” si riferisce ai milioni di persone in Italia, nel Regno Unito e in ogni altro Paese:

  • Coloro che non ricevono un servizio di supporto adeguato nel prendere decisioni di investimento perché non possono permettersi i costosi servizi di un consulente finanziario (il costo è generalmente intorno all’1% del valore del patrimonio),
  • i risparmiatori che semplicemente preferiscono fare da soli e gestire da sè i propri risparmi, come chi in Italia opta per un conto titoli in regime di risparmio amministrato
  • i giovani sotto i 35 anni e i patiti di tecnologia, che mai e poi mai vorrebbero avvalersi di un consulente finanziario in carne ed ossa.

Le soluzioni di investimento digitali proposte dai robo advisor potrebbero servire assai efficacemente questo nuovo segmento di clientela. L’impatto in termini di educazione finanziaria, trasparenza e comportamenti più virtuosi sui mercati finanziari potrebbe essere rilevante.

Avete visto cosa è  successo a seguito degli eventi che hanno travolto gli sventurati  possessori di obbligazioni subordinate e titoli azionari dei vari Banca Marche, Banca dell’Etruria, ma anche MPS, Carige e compagnia? Sapete che questi risparmiatori, poco informati e molto spaventati, oggi chiudono i loro conti correnti o si rifugiano in strumenti a rendimento nullo o negativo come i BOT o i buoni fruttiferi postali?

Un’opportunità da cogliere al volo

Per le banche fornire ai propri clienti nuovi strumenti online per capire il rischio dei propri investimenti e selezionare gli strumenti finanziari sarebbe un’opportunità di migliorare la propria immagine e di generare nuovi ricavi.

Non si tratta di nulla di fantascientifico ma di semplici strumenti per:

  • poter scegliere le obbligazioni per livello di rischio o rendimento
  • selezionare le azioni secondo i dividendi o i P/E ma anche considerando la volatilità,
  • scegliere ETF e fondi di investimento secondo criteri diversi dalla sola performance passata, ma utili come il costo (TER), o la volatilità.
  • mostrare stime di rischio per gli strumenti finanziari, cioè quanto è la massima perdita possibile in cui si può incorrere acquistando un dato strumento finanziario (spostando così l’accento dalle sole attese di rendimento al più “educativo” concetto di rischio).
  • misurare e mostrare il grado di diversificazione di un portafoglio.

Pensate che i risparmiatori non sarebbero disposti a pagare un piccolo costo addizionale per qualcosa di tanto utile?

Fornire queste informazioni non è difficile (noi lo facciamo da sempre e gratis), serve però la volontà di farlo e di capire che risparmiatori più informati e consapevoli sarebbero clienti migliori anche per le istituzioni finanziarie.

Perchè gli home banking delle maggiori banche non potrebbero spiegare online e con chiarezza le possibili conseguenze di un possibile bail-in per i detentori di conti, obbligazioni e azioni, invece che con opuscoletti pronti a diventare aeroplanini?

La rivoluzione è ormai in atto

È la vecchia cultura dominante nel management bancario che non coglie l’impatto dell’inarrestabile processo di miglioramento dell’infomazione e di trasparenza  portata dal web, che sta travolgendo le roccaforti dell’informazione asimmetrica.

La verità è che la maggioranza dei consumatori oggi quel livello di trasparenza e servizio lo dà per scontato. E notizie come quella di SnapChat che vuole fornire consulenza finanziaria sono solo l’aperitivo di quello che domani potrà proporre una Amazon.

Le tecnologie chiamate robo advisor non sono necessariamente antagoniste delle banche ma strumenti che potrebbero aiutare a educare i clienti, a presentarsi in modo più moderno e trasparente e anche a rendere più remunerativi i milioni di clienti che si trovano in regime amministrato.

Molti dei risparmiatori che optano per il regime di risparmio amministrato, che ammonta  a svariati miliardi di euro, spesso sono persone che non hanno nessuna voglia di essere seguite da promotori o private banker e investono poco e male seguendo consigli improbabili.

Ci sono milioni di risparmiatori in Italia che vorrebbero una specie di bussola per investire meglio i propri risparmi e orientarsi tra strumenti finanziari sempre più complessi e mercati che fanno paura,  e se non saranno le banche ad aiutarli sarà probabilmente qualche temibile robo advisor americano. O forse Amazon stessa.

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Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

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