La fase più acuta dell’emergenza sanitaria sembra finalmente superata, tanto che molti Paesi in tutto il mondo stanno allentando le misure restrittive imposte alla popolazione per limitare i contagi, e fanno le prove per un graduale ritorno alla normalità. Ma l’esperienza vissuta negli ultimi due mesi ha inevitabilmente trasformato abitudini e mentalità delle persone – sicuramente in modo repentino, vedremo se anche in modo duraturo.
Nuove abitudini, nuovi consumi.
Nel giro di poche settimane infatti, circa tre miliardi di cittadini del mondo si sono trovati improvvisamente chiusi in casa e hanno dovuto adeguarsi rapidamente a una situazione inedita. Non serve certo che ve lo raccontiamo noi, lo avete sicuramente sperimentato sulla vostra pelle: da un giorno all’altro Amazon si è sostituito a supermercati e negozi, Facebook, Google Meet e Zoom hanno rimpiazzato passeggiate e aperitivi e Netflix è diventato il compagno delle nostre serate. Vi suona familiare, vero?
Ecco, questo cambio di passo si è fatto sentire chiaramente anche sulle Borse – del resto stiamo parlando di società quotate: le cosiddette FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google/Alphabet) – insieme a Microsoft – sembrano aver retto l’urto della crisi molto meglio rispetto al resto del listino statunitense.
E i titoli tech schizzano in alto.
Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle performance year-to-date: l’indice Nasdaq Composite – dove i titoli tech hanno un peso molto elevato – guadagna quasi il 4% da inizio anno, mentre l’S&P 500, meno esposto al settore tecnologico, perde oltre l’8%.
Non solo. Complessivamente, le Faang più Microsoft hanno accumulato 36,9 miliardi di dollari di utili netti nei primi tre mesi dell’anno, una cifra in calo rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso, ma comunque consistente se pensiamo alle perdite registrate in altri settori.
Certo, l’avanzata dei colossi tech non è una novità: dal 2009, la performance netta dell’indice MSCI Usa ha raggiunto il 140% contro oltre il +700% delle sei grandi aziende tecnologiche che, da sole, rappresentano oggi oltre il 20% della capitalizzazione totale di mercato dell’S&P 500 – al di sopra della capitalizzazione totale di mercato di ciascun Paese, ad eccezione di Stati Uniti e Giappone.
Non esattamente briciole, insomma. E il lungo lockdown reso necessario dal diffondersi dei contagi da coronavirus non ha fatto che accelerare la corsa di questi titoli. Risultato? I Faang + Microsoft hanno contribuito per oltre il 20% al rimbalzo dal crollo del mercato Usa del 23 marzo 2020.
L’altra faccia della medaglia.
Tutto vero, non c’è che dire. È innegabile che questi mesi abbiano dato una spinta senza precedenti ai processi di digitalizzazione in tutti gli ambiti. Ma quella raccontata fin qui è solo una parte della storia.
Come evidenzia una recente analisi di Mirabaud AM, se si calcola il contributo di un titolo al suo indice quando alcune azioni dello stesso indice hanno una performance fortemente negativa – come per esempio i settori finanziario ed energetico, che hanno segnato perdite nell’ordine del 30% e 40% – l’apporto totale di tutti i titoli in crescita non ammonta a 100, ma a molto di più. Quindi un contributo pari al 20%, anche se impressionante, non implica che la creazione di valore sia limitata a queste società.
Megatrend da non perdere di vista
Resta il fatto che l’evoluzione tecnologica rientra a pieno titolo tra i megatrend (link) destinati a trasformare il nostro mondo di qui ai prossimi decenni. E che la spinta di questi mesi si innesta su una tendenza che, come abbiamo visto, è già in atto da tempo. Insomma, siamo sicuramente di fronte a un tema da tenere d’occhio in una prospettiva di investimento a lungo termine.
Mentre potrebbe essere un po’ forzato – vista anche la volatilità dimostrata dai mercati in questa fase delicata – arrivare alla conclusione che la crescita nei mercati azionari si spieghi solo con la performance dei giganti della tecnologia.
1 – Megatrend, il portafoglio che punta dritto al futuro
2 – Se il coronavirus incontra il Megatrend