I crediti deteriorati italiani sembrano allentare la morsa sul sistema bancario, ma i nostri problemi sono ancora tanti. Non è ancora giunto il momento di abbassare la guardia.
Aggiornato il 06/12/2017
Buone news per le banche
Negli ultimi mesi, l’Italia ha messo a punto una serie di interventi che dovrebbero risollevare definitivamente le sorti del nostro fragile sistema bancario:
- il Governo ha messo al sicuro Veneto Banca e Banco Popolare di Vicenza, con un mix di soldi pubblici e l’intervento di Intesa Sanpaolo;
- Banca Carige, su sollecitazione della BCE, ha avviato un piano di ristrutturazione che prevede un aumento di capitale da 500 milioni di euro, la cessione di attivi non strategici e la cessione di 1,2 miliardi di euro di crediti deteriorati;
- Monte dei Paschi ha ricevuto l’ok della Commissione Europea sulla ricapitalizzazione preventiva da parte dello Stato per 5,4 miliardi ed è pronta a mettere in atto il nuovo piano strategico 2017-2021.
Al di là delle polemiche, i mercati hanno reagito piuttosto bene: le quotazioni dei titoli bancari italiani hanno continuato a crescere. E tutto sommato le banche italiane sembrano fare meno paura.
Il peso degli NPL sulla crescita
Crescere non è per nulla facile, specialmente quando la produttività è bassa e la demografia non aiuta. Se poi hai un sistema bancario “in difficoltà”, allora la missione diventa quasi impossibile. In un sistema bancocentrico come quello italiano, se le banche non sono in forma il sistema produttivo ne risente e il PIL fatica a crescere. Come regola del pollice, BNP Paribas stima che l’aumento di un punto percentuale di NPL (i Non Performing Loan, ovvero crediti deteriorati) riduca dell’1% il tasso di crescita annuale dei prestiti concessi dalle banche. La capacità di erogare credito (oltre alla solvibilità) del sistema finanziario italiano è stata messa a dura prova dalla crescente massa di crediti deteriorati che si è andata a formare durante gli anni bui delle due crisi, quella dei subprime (2009) e poi quella della zona euro (2012-2013). Perciò, ridurre la massa di NPL è essenziale affinché il sistema creditizio torni a funzionare a pieno regime, ed i piani di ristrutturazione approvati vanno in questa direzione.
Il potenziale degli NPL
Secondo una ricerca di PWC, l’Italia ha il mercato dei crediti deteriorati con le più interessanti opportunità di business, grazie ad una massa di circa 324 miliardi di euro (la più alta in Europa). Sotto la voce di crediti deteriorati rientrano tre voci distinte, ma ben definite:
- le sofferenze;
- le inadempienze probabili;
- le esposizioni scadute e/o sconfinanti.
Tra il 2015 ed il 2016 c’è stato qualche piccolo miglioramento, specialmente sul fronte delle inadempienze probabili e di quelle scadute (che sono diminuite di 10 miliardi e 7 miliardi rispettivamente), ma diciamo che il grosso è ancora tutto lì. Nonostante, negli ultimi anni il Governo le abbia provate un po’ tutte, il processo di smaltimento degli NPL è lungo e difficile, specialmente perché manca un vero e proprio mercato. Ovvero scarseggiano i compratori specializzati, in grado di assorbire tale mole di crediti deteriorati. Per fare un esempio, secondo la Banca d’Italia, dopo tre anni, il 62% delle inadempienze probabili rimangono tali, e dopo 4 anni scendono al 49%.
La cura da cavallo sta indubbiamente dando i sui frutti. Con tutte le difficoltà del caso, il sistema bancario nostrano sta pian piano risorgendo: il peso dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti si riduce, migliorano i dati sulla redditività e crescono i prestiti all’economia reale. Tuttavia, per completare l’operazione di risanamento abbiamo ancora bisogno di più tempo.
La flessione dei titoli bancari nei giorni successivi alla comunicazione del Consiglio di vigilanza della BCE sulle gestione dei crediti deteriorati ci ha ricordato che gli investitori rimangono sensibili al tema banche. E non potrebbe essere altrimenti dal momento che la Bce ci ha messo una pezza sul fronte del passivo (al momento le banche non hanno più problemi di liquidità) ma le banche devono ancora lavorare sulla qualità dell’attivo. E per farlo hanno bisogno di un sistema Paese più produttivo.
Fino a quando ci sarà crescita economica i mercati si potranno temporaneamente dimenticare della fragilità del sistema bancario italiano. Ma prima o poi le recessioni tornano, e la capacità di smaltimento degli NPL del sistema italiano è ancora tutta da dimostrare. Perciò prima di buttarsi a capofitto ad investire in obbligazioni subordinate, fate bene i vostri calcoli.
Matteo / Luglio 27, 2017
Articolo interessante.
Capire dove verranno spostati questi NPL è abbastanza centrale per comprendere dove si posizioneranno i prossimi grandi rischi sistemici.
L’idea che si possano “semplicemente” vendere ad uno “smaltitore” mi sembra improbabile.
E’ più logico aspettarsi di vedere qualche stralcio di bilancio, con le dovute conseguenze del caso.
Del resto, non si può pensare di risollevare i conti (compresi quelli pubblici) senza fare un doloroso (ma dovuto) deleveraging.
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