Diversi colossi tecnologici stanno investendo con convinzione nel Metaverso; Facebook ha addirittura cambiato il proprio nome in Meta e Bloomberg stima che questo mercato arriverà a valere 800 miliardi di dollari su scala globale già nel 2024.
Sappiamo che si tratta di un “mondo virtuale” e che molte aziende, provenienti dai settori più disparati, vi stanno guardando con interesse. Ma, al di là di tutto questo, cosa significa Metaverso e di che cosa stiamo parlando, concretamente?
Proviamo a spiegarvelo nel modo più semplice possibile.
Piacere, Metaverso
Tanto per cominciare, la parola Metaverso è formata da due parti: Meta, un prefisso greco che sta a significare “oltre” (come nella parola “metafisica”, per esempio) e Universo. Insomma, quello di cui parliamo è niente meno che “l’universo del futuro”.
In buona sostanza, si tratta di una realtà “virtuale” in cui è possibile immergersi completamente, grazie a visori e altri dispositivi da indossare che consentiranno di percepire questo “altro mondo” con tutti i nostri sensi.
Per certi aspetti potremmo definire il Metaverso come un’evoluzione di Second Life (ve la ricordate?), ma a dire il vero c’è una bella differenza. Sì, perché per quanto vivere in una realtà parallela tramite un avatar possa essere coinvolgente anche in 2D, l’interazione resta pur sempre con un monitor di fronte a noi.
“Catapultarsi” in un altro mondo grazie alla realtà aumentata è tutta un’altra cosa: nel Metaverso potremo vedere in tre dimensioni, sentire i suoni e la direzione da cui provengono, percepire lo spazio intorno a noi – per esempio potremo avvertire la sensazione delle gocce di pioggia che cadono sulle nostre spalle.
Possiamo assistere a concerti ed esposizioni, acquistare (con valute virtuali) capi di abbigliamento di brand reali (Balenciaga, Gucci, Moncler, Ray-Ban, Nike e Adidas per citarne alcuni) per vestire il nostro avatar in modo che rispecchi la nostra (reale) personalità, parlare con amici che stanno dall’altra parte del mondo avendo la realistica sensazione che siano seduti proprio lì, al nostro tavolo.
Un mondo più inclusivo?
Ma ci sono altri fattori che rendono unico il Metaverso – e più ricco di opportunità, anche economiche, rispetto a quelli che definiamo impropriamente come suoi predecessori.
Tanto per cominciare, nel Metaverso saremo davvero proprietari degli oggetti che possediamo: i nostri stessi avatar, ma anche vestiti, automobili, appezzamenti di terreno… E questo è possibile grazie alla blockchain, che permette la decentralizzazione della proprietà, e agli nft, non fungible tokens, che permettono di avere una certificazione di proprietà degli oggetti e di tener traccia dello storico degli scambi di quei beni.
Questo sui social media che conosciamo oggi non succede: non solo non possediamo nulla, ma cediamo addirittura i nostri dati alla compagnia proprietaria della piattaforma, la quale li utilizza o addirittura li rivende (quasi) a suo piacimento.
Inoltre, il Metaverso potrebbe essere estremamente inclusivo, offrendo a tutti la possibilità di socializzare con gli altri, di essere produttivi, di svolgere un lavoro e di guadagnare dei soldi, a prescindere da dove ci si trovi, di quali siano le proprie condizioni sociali o fisiche.
E in un mondo dove circa 2 miliardi di persone sono tagliate fuori dal sistema bancario, questo ha un che di rivoluzionario. Insomma, non importa chi sei e da dove vieni: il Metaverso ti permette di renderti produttivo ed economicamente indipendente semplicemente usando la creatività.
Per le aziende, le opportunità sono enormi
Pensiamo a Nike, che proprio nel Metaverso ha già creato una città virtuale – Nikeland – dove gli abitanti indossano solo i suoi capi. In questo modo, l’azienda permette agli utenti di provare prototipi virtuali dei nuovi prodotti prima di avviare una eventuale produzione su larga scala. Insomma, una sorta di “palestra” in cui analizzare le esigenze e gli interessi dei consumatori per poter poi calibrare la produzione vitando gli sprechi (il che permette di ridurre i costi, oltre ad essere ecosostenibile).
E anche per il mondo dei servizi finanziari
Banche e servizi finanziari non resteranno estranei all’”universo del futuro”. Né avrebbe senso che lo restassero, viste le cifre in gioco.
Stando a un recente studio di “the Financial Brand”, circa il 47% dei banchieri ritiene che i clienti utilizzeranno abitualmente realtà aumentata e realtà virtuale come canali alternativi per effettuare transazioni bancarie entro il 2030. Insomma, per le banche la Fomo (fear of missing out, ne abbiamo parlato qui) inizia a farsi sentire. Non sorprende dunque che qualcuno abbia già iniziato a esplorare il Metaverso.
Jp Morgan per esempio, ha aperto una sede in un centro commerciale (virtuale) in Decentraland (sì, perché non esiste un solo Metaverso, ne esistono diversi). Ad accogliere i clienti, nella sala virtuale, ci sono una tigre vagante e un ritratto digitale del ceo della banca, Jamie Dimon. Il quale ha spiegato: “Crediamo che il panorama del gaming virtuale abbia molti elementi in comune con l’economia globale del presente. Per questo le nostre competenze principali nei pagamenti internazionali, negli scambi con l’estero, nella creazione di asset finanziari, nel trading e nella sicurezza, insieme alla nostra enorme base di consumatori, potranno giocare un ruolo centrale nel Metaverso”.
Anche Hsbc ha aperto una sede virtuale, in questo caso nel Metaverso di The Sandbox, mentre Bnp Paribas ha lanciato un’app che permette ai clienti di aprire un conto ed effettuare operazioni bancarie nella realtà virtuale. Citi, da parte sua, ha testato delle postazioni di lavoro create con ologrammi per il trading finanziario. Ancora, la banca sudcoreana Kookmin già permette incontri one-to-one tra l’avatar del cliente e quello del consulente nella sua banca virtuale.
Ma le opportunità, evidenzia un report di Accenture, sono interessanti anche dal punto di vista di chi in banca ci lavora.
Una rivoluzione a tutto tondo
“Il training immersivo, come quello sperimentato da Bank of America su 50.000 dipendenti, simula scenari reali di servizio al cliente per i dipendenti delle filiali, in modo che possano intercettare le emozioni e regolare di conseguenza il proprio comportamento in un ambiente privo di rischi”, si legge nello studio.
Si può anche fare team building nel Metaverso. Durante il lockdown, la stessa Accenture ha organizzato una battaglia di palle di neve virtuale tra dipendenti che lavoravano da casa.
Nel Metaverso, dunque, le banche potranno gestire interazioni virtuali con i clienti, organizzare eventi virtuali e consentire operazioni bancarie virtuali. Magari riuscendo a raggiungere un target di clientela più giovane, che in questa realtà prevedibilmente ci sguazzerà con una certa dimestichezza. E noi, tramite i nostri avatar, potremo prelevare denaro virtuale presso un atm nel Metaverso e poi proseguire fino al nostro negozio preferito e usare quei soldi per acquistare una borsetta, una giacca, un paio di scarpe… tutto rigorosamente virtuale.
Il potenziale è enorme, per tutti. Le banche dovranno decidere il ruolo che giocheranno e approfittare di questa opportunità per estendere il loro marchio. Con un’unica sicurezza, in un mare di incertezza: per chi non ha ancora iniziato a esplorare il Metaverso… beh, è tempo di cominciare.
Come si investe nel Metaverso?
Gli investitori non resteranno a bocca asciutta. I settori destinati a beneficiare dell’evoluzione del Metaverso sono tantissimi, come abbiamo visto: e-commerce, gaming, social media, e-health, fitness, istruzione online e intrattenimento online sono solo alcuni esempi.
Alcune società di investimenti, tra l’altro, hanno già lanciato portafogli che offrono esposizione a questa industria nascente. E ci aspettiamo che ne seguiranno tanti altri.