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Breve guida di sopravvivenza contro le decisioni d’impulso

Ogni giorno, quando sorge il sole, ognuno di noi sa che dovrà prendere una serie di decisioni su un tot di questioni a volte anche molto importanti. E sa che dovrà farlo in maniera neutrale e oggettiva. Ma se davvero siete convinti di saper essere completamente neutrali e obiettivi nelle decisioni che prendete, se cioè non sono bastati tutti i post di psicologia e investimenti e di finanza comportamentale che vi abbiamo propinato in tutti questi anni a persuadervi del contrario, vi sfidiamo ancora una volta a ricredervi.

“In qualsiasi momento, 11 milioni di bit di informazioni colpiscono il tuo cervello. Solo 70 vengono elaborate coscientemente, e ne ricordi correttamente solo sette nella tua memoria a breve termine. A causa di questo enorme esercizio di filtraggio, il tuo cervello cerca schemi che gli rendano più facile l’esecuzione. Il cervello ama le scorciatoie. E ama essere nel giusto. Di conseguenza, quando guardi fuori nel mondo non fai altro che riconfermare – con ogni informazione che raccogli – qualsiasi teoria tu abbia già in mente. E questo è solo uno dei tanti pregiudizi cognitivi a cui siamo inclini”.

A scriverlo è Julia Sperling-Magro, senior partner presso l’ufficio di Francoforte di McKinsey, in un recente approfondimento dedicato appunto alla nostra mente e a come essa processa le informazioni e prende le decisioni.

 

Salvarsi dai loop comportamentali: serve qualcosa che ci faccia rompere gli schemi

“È estremamente difficile ricordare a te stesso che potresti essere di parte nel momento in cui stai per prendere una decisione. Ed essere semplicemente consapevoli in generale dei vostri pregiudizi molto probabilmente non vi aiuterà”. C’è bisogno di qualcosa che ci faccia rompere il nostro schema comportamentale.

A questo punto, Sperling-Magro fa un esempio. C’era una volta, racconta, un fund manager con il quale lavorava che quando vendeva qualcosa entrava in una specie di stato di esaltazione. Il suo “action-orientation bias” – un bias di orientamento all’azione – lo spingeva a vendere e poi a vendere ancora. “Sono sicura che gli piaceva la scarica di endorfina e serotonina, ma non era necessariamente un bene per il business”.

“Allora gli dissi: ‘Dopo che avrai venduto una cosa ti fermerai e ti siederai sulle mani. Letteralmente, ogni volta, ti siederai sulle mani così non potrai vendere nulla’. Lo ha fatto, ed è stato di aiuto perché ha rotto lo schema nel momento in cui iniziava a manifestarsi”. Insomma, quel piccolo trucco gli ha dato il tempo di fermarsi e pensare. “Più riesci a spezzare l’immediatezza delle tue azioni, meglio è”.

Ma si può introdurre una specie di controimpulso anche un po’ più automatico, per esempio lo schermo del computer che diventa nero dopo aver una vendita. “La tecnologia può davvero aiutarci in questo senso”.

 

 

Andare oltre l’“affinity bias”: confrontarsi con prospettive diverse e variegate

Un altro uomo d’affari citato dalla senior partner di McKinsey era convinto di avere sempre ragione. Un lavorone pazzesco per sfidare le sue convinzioni e rafforzare il suo processo decisionale. Ma non funzionava. Perché no? Perché alle sue convinzioni era emotivamente attaccato. E se qualcuno lo contraddiceva, ecco che l’uomo d’affari si convinceva ancor di più di avere ragione.

“Alla fine”, racconta Sperling-Magro, la contromisura che funzionò fu quella di creare una “squadra rossa” e una “squadra blu”. La squadra rossa sosteneva la sua opinione, mentre la squadra blu sosteneva l’opinione opposta. Il leader poteva guardarli discutere senza sentirsi attaccato: poteva, in sostanza, tirarsi fuori dalla situazione.

“In definitiva, ciò di cui questo leader aveva davvero bisogno – e di cui tutti noi abbiamo bisogno – è una serie più diversificata di prospettive”, spiega la manager. Il nostro “affinity bias” (pregiudizio di affinità), ci dice, fa sì che ogni team sia spesso omogeneo. E invece abbiamo bisogno di persone con diversi background, esperienze e modi di pensare, che sfidino i nostri presupposti.

 

In conclusione: quale lezione possiamo portare a casa?

Alla fine, tutti noi abbiamo bisogno di qualcosa che ci imponga di fermarci e di aspettare un attimo quando ci sentiamo prontissimi come non mai a lanciarci cavallo e carretto – un carretto stracolmo di bias ed errori di giudizio – in una qualunque impresa. Inclusa una decisione d’investimento.

 


 

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Ultimo commento
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    Articolo interessante, valido non solo per le decisioni d’investimento, ma per quelle decisioni quotidiane alle quali siamo tutti confrontati come detto sopra. Siamo in molti ad essere emotivamente attaccati alle nostre convinzioni. Ed è un bene avere invece persone con diversi background, esperienze e modi di pensare, che sfidino i nostri presupposti, per aprire i nostri orizzonti e capire che chissà se trovando un piccolo trucco che ci dia il tempo di fermarsi e pensare non ci aiuti a prendere la buona decisione, diversa da quella che avremmo presi d’impulso…

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