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Brexit: 5 cose da sapere sul referendum

Manca ormai poco al referendum del 23 giugno con cui gli inglesi decideranno se la Gran Bretagna resterà o meno all’interno dell’UE. Ecco cinque cose da sapere su quella che è ormai stata ribattezzata come “Brexit”

1)  Che cos’è la Brexit

Il prossimo 23 giugno i cittadini britannici andranno alle urne per decidere con un referendum se restare nell’Unione Europea votando “Sì”, oppure votare “No” optando per la cosiddetta Brexit – termine coniato fondendo le parole “Britain” ed “exit” (come fu fatto con “Grexit”).

2)  Possibili conseguenze se vince il “No”

  • Si entra nello scenario Brexit – “Exit light, enter night” (Cliccate qui, e usatela come sottofondo per la lettura).
  • Decadono gli accordi UE e inizia una lunga discussione che porta a stipularne altri, cruciali per determinare il futuro dei rapporti economici tra UK e UE, e quindi l’impatto pratico di un’eventuale Brexit. Come in qualsiasi causa di separazione, sarebbe incauto riporre eccessive speranze nell’atteggiamento favorevole di chi viene lasciato (UE).
  • La sterlina tenderebbe a deprezzarsi (perché gli operatori immaginano minori investimenti stranieri in UK).
  • L’incertezza economica si accompagnerebbe con elevata probabilità a una forte volatilità di Borsa, a livello globale. La storia però insegna che è difficile prevedere la reazione di un sistema complesso come i mercati finanziari: potrebbe trattarsi di un temporale, o di un uragano, chissà…
  • Gli attivi considerati più sicuri, come dollaro USA, yen, oro, tenderebbero al contrario ad apprezzarsi.
  • La maggioranza degli economisti ritiene che Brexit farebbe soffrire PIL e occupazione in UK, e che l’inflazione aumenterebbe. Il CEP-London School of Economics stima che il PIL UK subirebbe una contrazione compresa tra -2,2% e -9,5%. C’è invece chi (Open Europe) stima che se UK strappasse ottimi accordi commerciali con l’UE l’impatto sul PIL britannico sarebbe positivo – si tratta però di un’opinione di minoranza, va detto. Ancora più confuse le idee degli economisti circa l’impatto sulle altre economie europee, anche se prevalgono comunque le opinioni negative.
  • Brexit impatterebbe violentemente sul settore finanziario britannico. Il ruolo di primaria piazza finanziaria di Londra sarebbe messo in discussione. Ciò potrebbe aprire opportunità per altre città europee. Anche il settore immobiliare UK continuerebbe a soffrire (le vendite di immobili commerciali britannici nel primo trimestre 2016 sono calate del 28%).
  • In breve, per alcuni analisti, Brexit potrebbe essere addirittura il primo passo verso la disintegrazione dell’UE. Altri Stati potrebbero muoversi nella direzione di lasciare l’euro, spinti dall’onda crescente di euroscetticismo.
  • Per qualcun altro potrebbe anche essere uno shock positivo per l’agonizzante UE.

3)  Possibili conseguenze se vince il “Sì”

  • Niente Brexit. Nessuna soluzione di continuità economico-politica con l’attuale situazione – dunque nell’immediato non cambierebbe nulla.
  • La sterlina, che negli ultimi 6 mesi si è deprezzata del 9% rispetto all’euro e del 7% rispetto alle principali divise mondiali (indice GBP Bloomberg Correlation Weighted Currency), dovrebbe apprezzarsi.
  • La Borsa UK, e in generale quelle europee, riceverebbero verosimilmente un impulso positivo.

4)  Come avviene il voto

Molto anglosassone, bello diretto: si contano i “Sì”, poi si contano i “No”, e alla fine vince la maggioranza. Per dire, se votano tre persone e due optano per il “Sì”, beh, quello è il risultato, senza tante menate. Semplice e chiaro. (Posso dirlo? Adoro gli inglesi).

5)  Probabilità di Brexit

Il grafico seguente riporta una stima della probabilità di Brexit e della permanenza nell’UE in base ai sondaggi (per quel che valgono, cioè non molto). Ho effettuato il calcolo con un modello statistico Bayesiano (Beta-Binomiale, che pesa maggiormente gli ultimi sondaggi – se avete qualche domanda sul metodo, risponderò nei commenti).

Stando ai poll, dunque, la Brexit non è granché probabile. Infatti, al momento appare vincente il “Sì”, con probabilità 82% (corrispondente all’area sottesa della curva blu a sinistra del 50% – cioè l’integrale – ecco uno delle tante ragioni per cui si studiano). La probabilità di vittoria dei “No” (Brexit) è invece del 18%. Detto altrimenti, quotando come un broker, daremmo Brexit 4,6:1 (e in effetti il broker William Hill ora quota 4,9:1, corrispondente ad una probabilità ancora più alta alla permanenza UK nell’Unione Europea).

Probabilmente ciò dipende dal fatto che un’importante fetta della società (e di questo ho tenuto rozzamente conto nell’analisi statistica Bayesiana) si muove pro “Sì”. A cominciare dal primo ministro britannico David Cameron, che ha deciso di rinegoziare i trattati con l’UE per cercare di convincere i cittadini del Regno Unito a rimanere all’interno dell’Unione.

Come è vista la Brexit dall’estero?

Dall’estero si rema nella stessa direzione, con in testa il presidente statunitense Barak Obama. Idem per i ministri delle finanze e i banchieri centrali del G7, per i quali Brexit è uno dei principali rischi all’orizzonte. E tanto il Fondo Monetario Internazionale quanto l’OCSE hanno lanciato segnali d’allarme: potrebbe trattarsi di un shock finanziario ed economico che va ben oltre i confini della Gran Bretagna. Anche la posizione del mondo degli affari (in particolare della City londinese) è per la permanenza nella UE ed è ben riassunta da questa dichiarazione (tratta da una lettera aperta al Times, firmata da 200 economisti, indirizzata agli elettori britannici):

“Focalizzandoci sull’economia

noi riteniamo che sarebbe un

grave errore che il Regno Unito

lasciasse l’Unione Europea.

L’uscita dall’UE comporterebbe

costi pesanti nel lungo termine.”

 

 


Recentemente abbiamo scambiato due parole con Davide Serra, il presidente e fondatore di Algebris che ormai da anni vive stabilmente a Londra. Ecco cosa ci ha detto a riguardo della Brexit.

Tirando le somme possiamo dire che il rischio Brexit è relativamente basso, anche se tangibile. Proprio per questo motivo, nella recente asset allocation abbiamo alleggerito la nostra posizione nei confronti degli strumenti legati al panorama anglosassone (ed europeo in generale), in attesa di un periodo di probabile volatilità.


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Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

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