Aggiornato al 16/07/2020
Tanti auguri a Borsa Italiana, che quest’anno compie 22 anni: è nata infatti nel 1998 dalla privatizzazione dei mercati di Borsa. Dal 2007 Borsa Italiana fa parte del London Stock Exchange Group, a sua volta di proprietà di investitori istituzionali per l’82%, con una quota di maggioranza del 10,3% nelle mani della Qatar Investment Authority.
Oggi, questa è la situazione proprietaria (fonte: Consob).
Non solo listini azionari
Possiamo dire che il compito principale di Borsa Italiana è gestire l’infrastruttura che consente agli strumenti quotati di accedere all’ampio bacino dei capitali internazionali. In un sistema ormai completamente elettronico, Borsa Italiana gestisce non solo i mercati azionari, ma anche quelli obbligazionari e del reddito fisso, il mercato degli Exchange Traded Product e quello dei derivati, come sintetizziamo qui di seguito.
Ora ci chiediamo: in un mondo che vorrebbe rimettere confini e paletti, cosa ne sarà di Borsa Italiana dopo la Brexit?
La normativa è un passo avanti
A questa domanda rispondeva l’ex presidente della Consob Mario Nava al convegno “European Capital Markets and Brexit. The Road(s) Ahead”, in programma a Milano, presso l’Università Bocconi, il 10 settembre 2018, tre giorni prima delle sue dimissioni. Possiamo ipotizzare che le indicazioni contenute nella sintesi del suo intervento, di tono estremamente istituzionale, varranno anche per il suo successore, “un servitore dello Stato e non della finanza internazionale”, come ha assicurato il ministro Luigi Di Maio.
Secondo Nava, il quadro normativo e di vigilanza è già concepito per garantire che, indipendentemente dalla proprietà UE o non-UE, gli operatori del mercato italiano siano ben equipaggiati e adeguatamente strutturati per svolgere i compiti e tenere fede alle responsabilità che la legge assegna loro, garantendo la trasparenza e un ordinato svolgimento della negoziazione.
Insomma, l’impalcatura normativa farà sì che non ci siano grosse novità nel funzionamento tecnico della Borsa. A ciò si aggiunge il fatto che tra la Consob e la Financial Conduct Autority (FCA), ovvero il suo corrispettivo inglese, è in piedi da un decennio un memorandum d’intesa per cooperare in tema di vigilanza sul London Stock Exchange e sulla Borsa Italiana, a valle appunto della fusione del 2007. Consob è impegnata nella revisione degli accordi di cooperazione esistenti per aggiornarne e rafforzarne il contenuto.
La vera sfida è l’accesso ai capitali
Ma qualcosa potrebbe cambiare invece in termini di accesso ai capitali internazionali e di liquidità sulle piattaforme di negoziazione di Borsa Italiana. L’Italia, diceva Nava il 10 settembre, potrebbe essere tra i Paesi che più avrebbero da guadagnare non dai confini e dalla divisione tra i Paesi europei ma proprio dall’Unione del mercato dei capitali (la CMU su cui sta lavorando la Commissione UE), che garantirebbe la libera circolazione dei capitali e più ricche opportunità di finanziamento alle imprese e all’economia attraverso gli strumenti quotati e negoziati in Borsa.
Sarà decisivo, spiegava l’ex presidente, mantenere l’accesso dei “partecipanti al mercato UK” alle piattaforme di negoziazione italiane, con l’obiettivo di preservare – e creare potenzialmente le condizioni per aumentare – la liquidità sulle infrastrutture di trading italiane. Il tutto con un occhio alla trasparenza, alla condotta disciplinata del trading e alla protezione degli investitori, considerando che il quadro normativo e di vigilanza dell’UE introdotto dalla MiFID II e dal MiFIR è stato a suo tempo definito senza tenere conto del terremoto Brexit. Il cantiere è apertissimo, al successore di Nava l’arduo compito di portare avanti i lavori. Ad oggi, si pensa ad una quotazione sul mercato azionario con la partecipazione dell’ormai onnipresente Cassa depositi e presiti…si vedrà.
Per approfondire il tema “Brexit”
– Diario di due anni di Brexit
– Brexit o non Brexit, il grande bidone è sempre in agguato
– Il Regno Unito post Brexit? Avrà le sembianze di un Paese periferico
– Sarà Milano il nuovo hub finanziario d’Europa dopo Brexit?