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HomeECONOMIA E MERCATIECONOMIA, POLITICA E SOCIETA'Dalla blockchain alla Brexit, passando per BPVi: intervista a tutto campo con Davide Serra

Dalla blockchain alla Brexit, passando per BPVi: intervista a tutto campo con Davide Serra

In occasione della seconda tappa italiana del FinTechStage, in scena a Milano il 5 e il 6 maggio 2016 presso il Talent Garden di via Calabiana, abbiamo intercettato Davide Serra, CEO di Algebris Investments e keynote speaker dell’evento dedicato al mondo FinTech. A margine del suo intervento abbiamo parlato con lui di FinTech e blockchain, ma anche di banche, aumenti di capitale e Brexit. Ecco che cosa ci ha raccontato.

La tecnologia blokchain è davvero il futuro delle transazioni finanziarie?

Io credo di sì. Blockchain è un po’ come un catasto che però – invece di essere fatto come da noi, ancora come ai tempi dei romani – è digitale, non può essere alterato, ha costi bassissimi ed è distribuito in tutto il mondo, così chiunque potrà avere accesso immediato alla certezza della proprietà dei dati. È una tecnologia che consentirà di abbattere immediatamente i costi che attualmente gravano sulle banche per proteggere i dati.  Oggi, per esempio, il rischio di trasferimento del denaro passa da banca a banca. Domani avremo un registro pubblico, che si chiama public ledger, dove le informazioni saranno disponibili per chiunque abbia accesso allo stesso public ledger, distribuito a livello globale. Vedo la blockchain come una sorta di Wikipedia: uno shared asset a costo zero, gestito nell’interesse pubblico, che abbatterà sensibilmente i costi di gestione delle istituzioni finanziarie . E non stiamo parlando di briciole: oggi i costi IT delle banche e delle assicurazioni nel mondo sono pari a circa 800 miliardi di dollari l’anno. È quasi l’1% del PIL globale.

Questa trasformazione avrà un impatto già nel breve termine?

La trasformazione non avverrà presto, ma sicuramente ci sarà. Il primo vero test parte in Australia, con il mercato azionario ASX  che rimpiazzerà la sua piattaforma attuale con una tecnologia blockchain, ma anche in Estonia, dove sono già partite diverse iniziative in questo senso. Secondo me comunque, l’impatto inizierà a sentirsi nel giro di cinque-dieci anni. Attenzione però, qui è importante fare una distinzione: quando parlo di blockchain non parlo di Bitcoin. Il Bitcoin secondo me è il valore quotato del money loundering (riciclaggio di denaro, ndr): se tu chiedi “Quanto costa riciclare denaro?”… ecco, c’è un prezzo ufficiale e si chiama Bitcoin. La tecnologia sottostante invece, blockchain appunto, è evolutiva e trasformativa e ha un grande potenziale.

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Quali settori in ambito finanziario saranno più interessati dalla trasformazione?

Blockchain avrà impatto sui costi di tutti i settori – assicurazioni, banche, Borsa… – dal momento che permetterà di avere la certezza della proprietà. Ma le più interessate saranno le banche retail, che hanno costi di distribuzione troppo alti, e le assicurazioni, che grazie alla nuova tecnologia saranno in grado di prezzare i rischi in modo molto più preciso.

Quali sono gli ostacoli specifici alla diffusione del FinTech in Italia?

La tecnologia aumenta la trasparenza e abbassa i costi, e questo è sempre positivo per il consumatore. Poi però è necessario che lo stesso consumatore sia in grado di capire l’informazione che si trova di fronte, e questo non sempre succede. Non a caso in Italia ha preso piede il FinTech applicato ai mutui e alle assicurazioni, perché in questi ambiti è facile capire: tra una Rc auto che costa 1.000 euro e una che ne costa 900 è senz’altro meglio quella che costa meno. Le cose cambiano quando si parla di investimenti, perché qui il ritorno non è certo. E gli italiani in particolare hanno un rapporto molto forte con l’intermediario che si occupa del loro denaro, a maggior ragione in un momento come questo il cui il tasso d’interesse risk free è a zero o addirittura negativo. Comunque anche questa industria si dovrà adattare prima o poi, è solo questione di tempo: io penso che a livello globale l’impatto della digitalizzazione farà scendere i margini per gli asset manager. E allora l’unica via d’uscita sarà “fare scala”, cioè aumentare le dimensioni dell’attività per non erodere troppo i margini.

Cambiando completamente discorso, come vede la mancata quotazione della Banca Popolare di Vicenza?

Ah beh, lì c’era poco di FinTech, parliamo piuttosto di Prosecco e un aumento di capitale finto… Il problema fondamentale è che le banche in Europa sono oggi esattamente allo stesso prezzo del 1991. È un’industria che in 25 anni non ha creato valore. E poi l’Italia è l’ultimo Paese a riformare il sistema bancario: tutti gli altri Paesi europei hanno ristrutturato il proprio sistema bancario dopo il 2009, mentre qui si continuava a dire che andava tutto bene. Poi però i nodi sono venuti al pettine tutti in un colpo.

Per concludere, cosa pensa del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’UE, in agenda il prossimo 23 giugno?

Io abito a Londra da 21 anni, i miei bambini sono inglesi e io… quasi. Il problema è che, come in tutti i referendum, anche nel caso della Brexit non sono stati spiegati bene gli impatti economici, né cosa succederebbe con l’uscita della Gran Bretagna dall’UE: la decisione è lasciata molto alla pancia della popolazione, quindi imperversano la disinformazione e il populismo. Alla fine, secondo me, il Paese voterà di rimanere nell’UE, o almeno me lo auguro. Spero che prevalga la scelta di contare di più nel mondo e in Europa, di avere accesso a un mercato molto importante e di avere maggior rilevanza geopolitica ed economica. Il tutto pur mantenendo una valuta e una banca centrale indipendenti. Buttare via tutto questo sarebbe un peccato. Non a caso, nessun Paese importante, dagli Stati Uniti alla Cina, ha detto che per il Regno Unito sarebbe meglio lasciare l’Unione Europea. Ecco, l’unica che forse sarebbe contenta è la Russia, che non vede l’ora di vedere l’Europa disintegrata.


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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

Ultimi commenti
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    Straparla perchè:

    – ogni strumento finanziario puo’ essere usato per il riciclaggio (e infatti in genere viene usato), cambiano solo le modalità. Bitcoin in questo senso offre alcuni vantaggi e tanti svantaggi: devi convertire gli euro “sporchi” in bitcoin e poi riconvertirli in euro “puliti” (i bitcoin non sarebbero facilmente utilizzabili da soli) e questo doppio cambio passa per i circuiti tradizionali e specialmente per somme rilevanti darebbe nell’occhio. Uno dovrebbe quindi adottare comunque tutte le misure e coperture che userebbe per i canali tradizionali ma a quel punto passare da bitcoin sarebbe un passaggio superfluo, scomodo e con potenziali costi aggiuntivi.
    Infatti ad oggi non c’è proprio confronto tra i volumi di denaro riciclato attraverso canali classici (banche incluse) e bitcoin. Le banche possono dormire sonni tranquilli ancora per molto: per questo tipo attività il loro monopolio è ancora al sicuro ;D (vedi il maxiriciclaggio di denaro dei narcos operato dalla hsbc, multata poi con briciole).
    – il valore di bitcoin non avrebbe in ogni caso nulla a che vedere col costo di questo fantomatico riciclaggio, se mai conterebbero le commissioni degli intermediari per i cambi (e la liquidità dei mercati).
    – ma soprattutto, una blockchain slegata da bitcoin (o altro token per la trasmissione di valore) e “privata” non ha molto senso: gli usi della tecnologia blockchain al di la’ della disintermediazione della trasmissione di valore in modo decentralizzato (diciamo abbastanza decentralizzato) lasciano il tempo che trovano e si possono implementare anche meglio con la “vecchia” tecnologia a database ecc.
    Possono avere un senso invece i servizi che si appoggiano su una blockchain esistente e con gia’ potenza di calcolo a sostenerla (al momento la maggiore è di gran lunga quella di bitcoin, quindi di nuovo bitcoin entra in gioco per forza di cose). Se la blockchain è privata bisogna comunque in ogni caso fidarsi dell’ente che la controlla, e quindi viene meno la sua “killer application” (il network “trustless” e non alterabile da un singolo partecipante).

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      Eppure ci sono stati casi di immissione e ripulitura di denaro sporco. E’ possibile arrivare ad avere una tracciabilità completa degli utenti e del flusso di…chiamiamolo valore?

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        Senz’altro ci sono e ci sono stati, come dicevo all’inizio, ci sono con QUALSIASI strumento finanziario, solo che con bitcoin il fenomeno è minuscolo rispetto ai canali tradizionali, per i motivi che ho esposto.

        La tracciabilità completa non sarà mai possibile ne’ con bitcoin ne’ con altro, perchè un modo per aggirarla si trova sempre. Con bitcoin sarebbe praticamente impossibile, se chi scambia adotta certe precauzioni aggiuntive.

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          ok, grazie delle risposte, magari approfondirò l’argomento, ma le criptomonete sono ostiche da digerire 🙂

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            Di nulla. Sicuramente ma vale la pena perchè è una milestone tecnologica di un certo rilievo: qualsiasi sia il futuro di bitcoin resta il fatto che con essa si è dimostrato che è tecnicamente fattibile trasmettere valore senza intermediari e da questo non si torna indietro.

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              E’ esattamente questo il nocciolo. Come ex programmatore e consulente finanziario colgo appieno la portata di questa tecnologia, quel che mi manca è una “bibbia” di riferimento e il fatto che oramai sarò semplice utente/fruitore di questi sistemi. Così come non conosco in dettaglio come funziona un semplice pagobancomat, devo chiedermi quanto dovrei approfondire la questione bitcoin.

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    confrontare il bitcoin al riciclaggio di denaro gia’ ti fa capire che soggetto sia questo qui. Ma taci.

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      Il problema esiste ed è stato affrontato. non entro nel merito poihè non ne ho le competenze. Il progetto bitcoin è interessante, indubbiamente.
      http://www.huffingtonpost.it/2013/06/03/bitcoin-cede-alle-norme-antiriciclaggio-ora-per-iscriversi-serviranno-foto-e-codice-fiscale_n_3379440.html

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        Quell’articolo risale al medioevo, nel frattempo Gox ha anche chiuso ^^’
        Non riguarda bitcoin di per sè, riguarda le piattaforme che ci operano come intermediatori di scambio (come era Gox appunto). Gia’ da tempo gli exchanges applicano varie procedure antiriciclaggio e know your customer (tutto aggirabile come con qualsiasi altro intermediario/banca ovviamente).
        Comunque non confondiamo bitcoin con le aziende che ci ruotano intorno.

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          Grazie

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    Cioè che dice su bitcoin è palesemente falso, e uno come Serra non può non saperlo, ergo è un bugiardo.

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      In quale punto è falso? Può argomentare? sono curioso

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    interviste a queste persone sono tempo sprecato, dicono solo boiate

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      Lei invece cosa propone? che diea si è fatta dei temi trattati?

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