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Gli 8 motivi del crollo dei tassi d’interesse a livello globale

Negli ultimi 30 anni almeno, i tassi d’interesse decennali sono scesi a livello globale. Come notano gli economisti Maurice Obstfeld e Linda Tesar, il calo dei tassi d’interesse ha almeno tre caratteristiche degne di nota.

  • Il crollo ha interessato sia i mercati sviluppati che in via di sviluppo. Attualmente esiste un certo numeri Paesi (come Danimarca, Svezia, Svizzera ed alcuni paesi dell’eurozona) che mostrano tassi d’interesse a breve termine negativi.
  • La caduta ha interessato sia i tassi d’interesse nominali che reali. La moderazione dei tassi d’inflazione è infatti uno dei fattori che spiega il trend di lungo termine dei tassi d’interesse. Ma, come vedremo, anche altri fattori sono in azione.
  • Il crollo dei tassi d’interesse è stato in larga parte inaspettato. I mercati finanziari e i professionisti della finanza hanno regolarmente sbagliato le previsioni sul trend secolare che ha interessato i tassi d’interesse a 10 anni, focalizzandosi troppo su fattori ciclici.

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Ci si domanda sovente se i tassi d’interesse a lungo termine si stabilizzeranno permanentemente a livelli più bassi di quelli prevalenti prima della crisi finanziaria. La questione riporta:

  • al recente dibattito tra Ben Bernanke e Larry Summers;
  • a esaminare i fattori che hanno contribuito al crollo dei tassi d’interesse.

Il dibattito tra Ben Bernanke e Larry Summers

Ben Bernanke attribuisce il crollo dei tassi d’interesse all’eccesso di risparmio globale (global saving glut).

Larry Summers, tuttavia, attribuisce i bassi tassi d’interesse alla carenza cronica di domanda aggregata (stagnazione secolare). Summers sostiene che prolungati tassi d’interesse bassi sono inevitabili e probabilmente continueranno a rimanere tali, a meno che i governi non intervengano direttamente con maggiori politiche di stimolo alla domanda aggregata.

I fattori che hanno contribuito al crollo dei tassi d’interesse

A nostro avviso sono 8, di cui 3 probabilmente transitori e 5 probabilmente duraturi.

Fattori probabilmente transitori

  1. Rischio d’inflazione e premio a termine. I premi a termine (term premium) stimati sono stati bassi o addirittura negativi. Questa è un’insolita caratteristica, probabilmente legata al contesto deflazionistico. Tuttavia, anche in questo caso i term premium verosimilmente aumenteranno non appena le politiche macroeconomiche si normalizzeranno.
  2. Politiche fiscali, monetarie e del cambio. Durante e dopo la Grande Recessione, le politiche economiche a livello globale, hanno contribuito a ridurre i tassi d’interesse reali e nominali, specialmente quelli a lungo termine, al fine di sostenere la domanda aggregata. Tuttavia, l’impatto di queste politiche probabilmente diminuirà nel momento in cui la crescita economica si rafforzerà nell’economia globale.
  3. Deleveraging del settore privato. Famiglie ed istituzioni finanziarie hanno avviato dopo lo scoppio della crisi un processo di riduzione dei loro debiti attraverso aumenti dei risparmi e riequilibrio dei bilanci. Questo processo ha contribuito a mantenere i tassi d’interesse bassi. Tuttavia, anche questo fattore sembra destinato a finire nel momento in cui i bilanci d’imprese e famiglie torneranno in buona salute.

Fattori probabilmente duraturi

  1. Bassa crescita di lungo periodo della produttività e della produzione. La teoria moderna sulla crescita economica (modello di Ramsey) suggerisce l’esistenza di un legame tra tassi di interesse reale a lungo termine, il tasso atteso di crescita del consumo pro-capite e la crescita della produttività. Sebbene esistano accesi dibattiti sulle prospettive future dell’innovazione e crescita delle produttività, istituzioni internazionali come l’OCSE, il FMI e la Banca Mondiale hanno ridotto le previsioni di crescita e produttività a livello globale. Se queste previsioni sono accurate, allora sono indicative di tassi d’interesse bassi per un lungo periodo.
  2. Modelli demografici. Sebbene il legame tra dati demografici e tassi d’interesse sia complesso, i modelli che incorporano fattori demografici suggeriscono l’esistenza di un legame tra crescita della popolazione e tassi d’interesse. Ci sono ragioni che portano a ritenere che l’invecchiamento della popolazione tenderà a spingere verso il basso i tassi d’interesse. Le proiezioni demografiche indicano un costante declino della crescita della popolazione in futuro a livello mondiale.
  3. L’eccesso di risparmio globale. Mentre Bernanke vede l’eccesso di risparmio globale come un fenomeno in gran parte transitorio, non è dello stesso avviso il FMI. Il Fondo prevede un elevato risparmio globale in futuro. Un più alto risparmio globale manterrà i tassi d’interesse bassi. Inoltre nel contesto economico attuale sembra che il risparmio globale sia guidato in parte da più basse aspettative di crescita della produttività, che spingerebbero i tassi d’interesse verso il basso.
  4. Squilibrio tra domanda e offerta di asset “sicuri”. Secondo alcuni economisti, l’offerta di safe asset è stata inferiore alla domanda a livello globale, una situazione che sembra continuare. L’eccesso di domanda di asset “privi di rischio” come i buoni del Tesoro americano riduce i tassi d’interesse.
  5. Tail risk. Il tail risk indica eventi a bassa probabilità di verificarsi ma dalle conseguenze disastrose, come epidemie e disastri ambientali, che possono deprimere i tassi d’interesse a lungo termine.

In conclusione, abbiamo visto diversi fattori che contribuiscono ai bassi tassi d’interesse a lungo termine. Alcuni probabilmente transitori, altri di più lunga durata. Sebbene non esista una risposta definitiva alla domanda se i tassi d’interesse rimarranno bassi a lungo, la maggioranza di fattori duraturi suggerisce che i tassi di rendimento a lungo termine rimarranno per molto tempo più bassi dei livelli pre-crisi.

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