Sapete perché si chiamano “merendine”? Per via della dimensione di questi prodotti da forno confezionati, mediamente più piccoli rispetto alla merenda fatta in casa. Più piccoli – “piccole merende”, appunto – perché pensati per essere meno impattanti sull’apporto calorico quotidiano di ognuno rispetto alla versione artigianale a cura di nonne e mamme (ma anche nonni e papà, perché no).
La vicenda è nota: recentemente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è mostrato aperto all’ipotesi del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5S) di tassare merendine e bibite gassate destinando poi gli introiti agli investimenti nella scuola.
D’altra parte, come ricorda l’agenzia di stampa AGI1, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità indica la tassazione come uno degli strumenti per ottenere un minore consumo di zuccheri, anche e soprattutto tra i più giovani.
Consumo che, quando diventa eccessivo, può causare malattie anche molto serie, come obesità, diabete e malattie cardiovascolari. Ridurlo, quindi, può far risparmiare qualche pensiero a noi ma anche denaro ai sistemi sanitari nazionali. E ridurlo tramite tassazione può aiutare a incrementare il gettito fiscale.
Ma concentriamoci sulle merendine
Secondo un’indagine Doxa-Unione Italiana Food2, la merendina è un prodotto alimentare intergenerazionale che però, forse un po’ a sorpresa, trova riscontri e consensi soprattutto tra i Millennials.
Gli aficionados, infatti, sono soprattutto i consumatori di età inferiore ai 35 anni: il 70% dei Millennials mangia merendine. Ma anche i 35-54enni, ossia la generazione cresciuta nel periodo del boom del prodotto, amano degustare di quando in quando. E lo stesso vale per gli over 65.
Le merendine in cifre3 |
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1 miliardo di euro: Il fatturato dei prodotti da forno |
20 milioni di euro (2% del fatturato): La somma investita annualmente in ricerca e sviluppo |
Da 1 a 5 anni: Il tempo necessario per lanciare sul mercato una nuova merendina |
Circa 100: È la media dei progetti a cui lavora il settore ogni anno |
20-30: I nuovi prodotti che ogni anno entrano nel mercato |
Come si dice “merendina” in inglese?
Paese che vai, merendina che trovi. Se la merendina italiana ha un peso medio di 34 grammi, quella inglese ne pesa 66 – quasi il doppio – e quella statunitense addirittura più del doppio, 81 grammi.
Questo è quanto è emerso dal primo studio comparativo commissionato dall’Associazione Industriali del Dolce e della Pasta Italiani (AIDEPI) alla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (FOODEDU)4.
Ebbene, lo studio ha analizzato la merendina confezionata venduta negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Italia, confrontando le caratteristiche nutrizionali di 10 prodotti tra i più significativi del mercato della grande distribuzione venduti in questi tre Paesi.
La merendina dello Stivale risulta più “healthy” rispetto alle controparti inglesi e americane (e ce lo si poteva aspettare), con un apporto calorico e soprattutto di grassi decisamente inferiore (136 calorie per la merendina italiana contro le 251 e le 344, rispettivamente, di quelle made in UK e USA).
L’evoluzione della merendina
Peraltro, la merendina che mangiamo oggi non è quella che mangiavamo ieri. Negli ultimi 10 anni – secondo i dati riportati da AIDEPI5 – il contenuto di zuccheri si è abbassato (-30%), e lo stesso vale per i grassi saturi (-20%).
Nel 2008 la quantità di grassi saturi nelle merendine era di circa 11 grammi ogni 100 di prodotto: oggi è scesa a 8,8 grammi, sotto l’obiettivo di 10 grammi fissato nel protocollo d’intesa tra AIDEPI e ministero della Salute. E se non consideriamo le merendine a base di pasta frolla, il contenuto dei grassi saturi è sceso a 6,4 grammi.
Lo zucchero è passato dai 35 grammi ogni 100 di prodotto del 2008 ai 25 grammi ogni 100 di prodotto del 2017, a fronte dell’obiettivo fissato con il ministero della Salute di 28 grammi. A ciò si somma il fatto che le aziende hanno messo sul mercato vari tipi di merendine anche meno dolci, sotto forma di prodotti senza zuccheri aggiunti o a ridotto contenuto di zuccheri.
In calo, di riflesso, pure le calorie: dalle 200 di dieci anni fa alle 157 di oggi, con una riduzione del 21%. Posto che oggi sono in circolazione anche merendine che hanno appena 115 calorie.
Quante merendine mangiare, quindi?
Plumcake a garganella, come Zerocalcare6 mentre guarda le serie tv? Un momento. Vale per la nostra dieta quello che vi diciamo sempre a proposito degli investimenti: diversificare, diversificare, diversificare7. Tenendo a mente, in questo caso, non gli obiettivi e il profilo di rischio, ma la piramide alimentare8.
A chi invece volesse cogliere l’occasione per valutare un piccolo investimento, magari tramite fondi o ETF, nel quadro di un portafoglio adeguatamente diversificato, ricordiamo che quello alimentare rientra nella categoria dei settori cosiddetti “difensivi”9, ossia meno sensibili alla congiuntura economica (il che non significa che non ne risentano in assoluto).
Un tema di cui abbiamo spesso parlato e sul quale potremmo, eventualmente, tornare.
1 – Tassa sulle bibite gassate e le merendine? Chi ce l’ha e quanto funziona, fonte: AGI
2 – Indagine DOXA-Unione Italiana Food, fonte: Merendine Italiane
3 – Merendine e Innovazione, fonte: Merendine Italiane
4 – Studio Merendina Italia, USA, UK, fonte: Merendine Italiane
5 – Merendine negli ultimi 10 anni, fonte: Merendine Italiane
6 – Zerocalcare.it
7 – Perché è così importante diversificare il portafoglio?
8 – Piramide alimentare: sai cosa significa? Fonte: Fondazione Veronesi
9 – #ABCfinanza: qual è la differenza tra settori ciclici e difensivi?