Ormai lo sanno pure i dossi stradali. Come un contagio influenzale di metà estate, negli ultimi giorni s’è diffusa la febbre per una curiosa e stuzzicante app: si chiama FaceApp e pare abbia il potere di acquisire le foto di volti e persone e di restituirceli invecchiati di qualche anno.
S’è scatenato un “vediamo come sarò” che ha suscitato non pochi allarmi sull’applicazione stessa, sulla privacy che – dicono alcuni – non è così sicuro sia garantita e sulle finalità d’uso delle immagini acquisite.
FaceApp applicato all’economia
In verità, noi che per lavoro ci relazioniamo con materie economiche e finanziarie maneggiamo ogni giorno tutta una serie di “FaceApp” di fatto: sono gli outlook delle istituzioni e degli organismi internazionali – Fondo Monetario, OCSE, Banca Mondiale, Eurostat, e via dicendo – che con le loro stime, previsioni e proiezioni ci dicono dove l’Italia potrebbe essere fra un anno, un biennio, un quinquennio o anche di più.
Il Fondo Monetario Internazionale, per esempio, due volte all’anno – ad aprile e a ottobre – pubblica il suo World Economic Outlook, con le stime sui vari Paesi del globo. Tra l’una e l’altra scadenza possono intervenire piccole correzioni di rotta e aggiornamenti. Nel momento in cui scriviamo, i dati più aggiornati sono dell’aprile 20191. Cosa ci dicono?
Facciamo il FaceApp all’Italia
Cominciamo col dire che ad aprile il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato ulteriormente le stime di crescita dell’economia italiana per il 2019: +0,1% quest’anno dopo il +0,9% del 2018 e il +1,6% del 2017.
Né la situazione sembra destinata a migliorare nei prossimi anni: la variazione annua del PIL reale nel 2024 è posizionata a un +0,6% appena.
Va detto che, nel momento in cui il Fondo Monetario Internazionale ha diffuso le sue stime, uno dei fattori di incertezza segnalati era ancora al di là da venire: le elezioni europee di fine maggio, con tutte le incognite sui suoi esiti.
Né aveva ancora preso la parola il presidente della BCE Mario Draghi, facendo intendere che la banca centrale ha ancora munizioni da mettere al servizio dell’economia dell’area euro, cosa che ha dissolto molte delle tensioni che aleggiavano intorno al rischio Italia: tant’è che oggi lo spread BTP-Bund è ben sotto i 200 punti base (ad aprile era prossimo ai 260).
Ma c’è ancora l’incognita Brexit, e questa sì che continua a gravare sulle nostre prospettive di crescita. E vale anche l’altra preoccupazione espressa ad aprile dall’FMI: quella sul debito pubblico, ancora troppo elevato. Questa la proiezione che ne dava ad aprile l’istituzione che ha sede a Washington.
Né, secondo le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, possiamo sperare di venire risparmiati dall’inflazione: il livello generale dei prezzi al consumo continuerà a crescere, e per giunta a un tasso più alto rispetto a quello registrato alla fine del 2018 (comunque sotto il target della BCE, che è al 2%).
Tutti gli studi ci parlano di un Paese demograficamente in declino. Secondo le previsioni dell’ISTAT2, per esempio, i residenti in Italia saranno 59 milioni nel 2045 e 54,1 milioni nel 2065. Prima di imboccare la discesa, però, a quanto sembra aumenteremo ancora un po’ di numero secondo il World Economic Outlook di aprile del Fondo Monetario.
Tutto questo in un contesto nel quale, secondo la piattaforma di dati Statista.com3, l’età mediana della popolazione salirà pressoché inesorabilmente.
Cosa ne dite? Vi piace come potremmo essere tra qualche anno?
1 – World Economic Outlook, April 2019 Growth Slowdown, Precarious Recovery, fonte: International Monetary Fund
2 – Previsioni demografiche, fonte: ISTAT
3 – Statista.com