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Inflazione ai massimi, ma quanto peserà sul Natale?

Quest’anno i pranzi (e lo shopping) delle feste saranno più salati del solito. E la colpa è tutta dell’inflazione. Prendiamo gli Stati Uniti, che in questi giorni sono alle prese con il giorno del Ringraziamento (il 25 novembre): il prezzo medio del tradizionale tacchino da servire a pranzo – un animale da 7 kg circa – è aumentato dai 12,96 dollari di gennaio 2019 a 21,76 dollari di settembre 2021, scrive Quartz.

Tanto che tre quarti dei consumatori statunitensi starebbero valutando un cambio di menù all’insegna di un maggiore risparmio, come ha rilevato un’indagine condotta di recente da Kpmg su un campione di 900 cittadini adulti. Tra coloro che meditano un’alternativa, il 28% intende dedicare più tempo alla ricerca di un’occasione e il 23% punterà su marchi meno cari.

E le cose non vanno migliorando, se pensiamo che solo nel mese di ottobre i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono saliti a un ritmo che non si vedeva dal 1990, segnando un +6,2% su anno, come riporta l’Us Bureau of Statistics.

 

Cosa succede in Italia?

Lo stesso discorso del Ringraziamento varrà chiaramente anche per il Natale, da questa e dall’atra parte dell’Oceano. Sì, perché anche in Italia la fiammata inflazionistica si fa sentire, con l’indice dei prezzi al consumo che il mese scorso è aumentato del 3% su base annua: una crescita di tale ampiezza, ha evidenziato l’Istat, non si registrava dal settembre del 2012 (+3,2%). L’ulteriore accelerazione, su base tendenziale, è in larga parte dovuta ai prezzi dell’energia, delle materie prime e, appunto, dei prodotti agroalimentari.

“Oltre a energia e carburanti, preoccupano gli incrementi dei prezzi delle materie agricole, come il grano, che l’Italia, non avendo una produzione sufficiente a soddisfare la domanda, deve importare dall’estero”, osserva l’avvocato Gianluca Di Ascenzo, presidente di Codacons. “Questo ha portato, per esempio, ad aumenti generalizzati, da nord a sud, del prezzo del pane, che ha raggiunto cifre impensabili. A cascata, poi, diventano più cari anche farine e prodotti da forno”.

Le quotazioni del grano, infatti, sono salite del 40% rispetto a un anno fa e i prezzi delle carne, anche in Italia, hanno subito incrementi a due cifre esattamente in linea con quanto successo Oltreoceano. E non si tratta solo del carrello della spesa. Il fatto che le bollette e la benzina abbiano visto rincari stellari lascia presagire che molti italiani potrebbero trovarsi costretti a ridurre anche il budget da destinare ai regali di Natale.

L’ufficio studi di Confcommercio stima che con un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi nel quarto trimestre di quest’anno, una cifra che potrebbe arrivare fino a 5,3 miliardi nell’ipotesi – non tanto irrealistica – di un’inflazione al 4%. E “una riduzione dei consumi per 5,3 miliardi equivarrebbe a una minore spesa pari a -204 euro a famiglia solo in occasione del Natale”, calcola il presidente del Codacons Carlo Rienzi.

 

 

Non solo Ringraziamento e Natale…

Ovviamente, il discorso va molto oltre pranzi e pacchetti regalo. I prezzi del gas negli Stati Uniti sono aumentati del 6,5% a ottobre e questo renderà più costoso viaggiare, in un momento in cui le persone non vedono l’ora approfittare delle ferie per farsi una vacanza dopo il lungo periodo di restrizioni.

Quanto ai commercianti, è possibile che inizino a rivolgersi a fornitori più economici, il che potrebbe incidere sulla qualità dei prodotti, rileva ancora Kpmg.

In ogni caso, i costi verranno ribaltati il più possibile sui consumatori finali, sostiene Kevin Bergquist, consulente di Wells Fargo, citato sempre da Quartz. “La gente non ha ancora davvero metabolizzato cosa significherà l’aumento dell’inflazione, ma non sarà affatto piacevole”. Gli aumenti più significativi colpiranno purtroppo le fasce più povere della popolazione, che tipicamente spendono una fetta più ampia del loro reddito in prodotti alimentari rispetto alle famiglie più abbienti.

Per concludere, la tendenza delle persone a portarsi avanti con gli acquisti, in un periodo di carenza di materie prime e difficoltà di approvvigionamento, potrebbe portare a situazioni che sono diventate tristemente familiari nel periodo del primo lockdown, con gli scaffali di negozi e supermercati semivuoti in attesa di rifornimenti. “La mentalità ora è che ‘se non sei in anticipo, sei in ritardo’ quando si tratta di shopping per le vacanze”, si legge in un rapporto di Wells Fargo.

 


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