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HomeCAPIRE LA FINANZAFINANZA PERSONALE#biascomportamentali: investire in Borsa, sicuro che è una tua libera scelta?

#biascomportamentali: investire in Borsa, sicuro che è una tua libera scelta?

Perché la gente investe in Borsa? La teoria classica ci racconta che l’aumento della ricchezza e il grado di educazione finanziaria sono le principali spinte. Non bisogna poi dimenticare il calo dei rendimenti dei titoli di Stato (quando si verifica) e strumenti finanziari come gli etf e i fondi comuni d’investimento. Questi ultimi, in particolare, guadagnano sempre più terreno tra le scelte delle famiglie italiane, come ha ricordato il presidente di Assogestioni Carlo Trabattoni nel recente Salone del Risparmio.

Ma a questi fattori “tradizionali” ne andrebbero aggiunti tre:

  • l’interazione sociale;
  • il comportamento gregario;
  • il ruolo dell’esperto.

Vediamoli uno per uno.

 

Interazione sociale: quanto conta davvero?

L’interazione sociale è quel fenomeno che vede diverse persone entrare in relazione le une con le altre, per svariate ragioni: gruppi di amici, colleghi, membri della medesima associazione e via discorrendo. A questo fenomeno fisico è facile aggiungere l’interazione virtuale dei vari social network, community e blog.

Il risultato è che si sviluppa un senso del sentire e un pensiero condiviso, comune. Si tende a “parlare la stessa lingua” e a comportarsi in modo uniforme. Anche gli argomenti di natura finanziaria sono condivisi e ci si confronta sui temi legati all’economia e alla finanza, proprio come avviene da sempre sul nostro blog.

Nasce una visione comune, tale per cui – in virtù dell’essere parte di un gruppo – si compiono azioni che, singolarmente, molto probabilmente non si compirebbero.

Uno studio apparso su The Journal of Finance nel febbraio del 2004 mette proprio in evidenza il risultato dell’interazione sociale e l’impatto che ha avuto sulla partecipazione al mercato azionario.

 

 

Il ruolo del comportamento gregario

Si tratta, banalmente, di seguire il comportamento di altri soggetti che, per varie ragioni, sono visti come meritevoli della nostra fiducia. O, come spesso accade, di sviluppare un comportamento da free-rider, ossia da “scrocconi”, copiando quello che fanno gli altri e traendone un duplice vantaggio.

Il primo vantaggio è che non si sostengono i costi della ricerca e della valutazione delle diverse possibilità di investimento offerte. Il secondo è di ridurre al minimo il proprio coinvolgimento psicologico (“commitment”). Si condividono le sorti di altri investitori e, se le cose vanno male, ci si consola proprio col fatto di non essere i soli ad aver subito le perdite.

Questa condivisione ci “solleva” dal punto di vista psicologico: “mal comune, mezzo gaudio”, come recita l’adagio popolare. Mentre se dovessimo guadagnare, ci verrebbe estremamente facile (quasi naturale) attribuire a noi stessi il merito del profitto: mica male il nostro cervello.

 

Il punto di riferimento: l’esperto

L’esperto guida e spesso condiziona il nostro comportamento. Alcuni studi hanno dimostrato come, di fronte a colui/colei che riteniamo un/a esperto/a, il nostro cervello si “spegne”: tendiamo a fidarci, più o meno ciecamente, di lui/lei.

Anche in questo caso gioca un ruolo importante la psicologia: la delega della decisione all’esperto solleva il risparmiatore dal doversi impegnare nella decisione, dal “commitment” di cui sopra. Ne limita fortemente il coinvolgimento psicologico ed emotivo: e il risparmiatore si pone nella posizione di poter accusare qualcun altro nel momento in cui le cose si mettono male.

 

Tre casi per due spunti di riflessione

Da questi tre semplici esempi si possono trarre due spunti di riflessione.

  • Il primo è che non sempre l’investimento è pienamente consapevole: ci facciamo condizionare (magari in maniera del tutto inconscia), da chi ci circonda (colleghi, amici, esperti, consulenti, tv, radio, social network);
  • Il secondo è che esiste un aspetto che riguarda il nostro benessere psicologico che dà forma alle nostre decisioni di investimento e le indirizza.

Quindi, in conclusione: va bene preoccuparsi di ottimizzare il rapporto tra rischio e rendimento (atteso) di un investimento, ma occorre anche lavorare – e molto – sul proprio onnipresente lato umano. E d’altra parte, non siamo mica macchine. Ma l’importante, come sempre, è prenderne atto ed esserne consapevoli.

 


 

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    Intendevo 94% liquidità/CD. 🙂

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