Ricordate il motto francese: “Libertà, uguaglianza e fratellanza“?
Cita i tre principi cardine della Rivoluzione Francese, spartiacque tra l’età moderna e l’età contemporanea.
Sono passati 225 anni, eppure quei principi rappresentano ancora, in gran parte, delle aspirazioni. Concentriamoci su quella più “economica” delle tre: l’uguaglianza. L’economia – da scienza triste qual è – non può che indagare il suo lato oscuro: la disuguaglianza.
Quest’ultima è stata oggetto di un intenso dibattito in questa prima metà del 2014. È stata infatti al centro del World Economic Forum di Davos di inizio anno e soprattutto è il tema trattato in “Capital in the Twenty-First Century” (Il Capitale nel XXI secolo), l’ultimo saggio dell’economista francese Thomas Piketty. Il libro, diventato un best-seller da quando è stato tradotto dal francese all’inglese, documenta l’aumento delle disuguaglianze nei principali Paesi Sviluppati. Un saggio oggetto di stroncature (Financial Times), giudizi più sfumati (The Economist), ma anche acclamato da Krugman, Stiglitz e dal Guardian. Quest’ultimo l’ha addirittura definito “Le cinquanta sfumature di grigio dell’economia”.
Nel libro non appronfondisce in modo dettagliato il caso dell’Italia: cosa direbbe di noi l’economista?
Abbiamo approfondito per voi le cinque disuguaglianze che affliggono il nostro Paese. Vediamole.
1. Le disuguaglianze di reddito
Per analizzarle, prendiamo due dati chiave: la percentuale di reddito totale detenuta rispettivamente dall’1%, dallo 0,1% e dallo 0,01% più ricco dei contribuenti (gli stessi sottogruppi esaminati da Piketty in USA e UK) e l’indice di Gini relativo al reddito disponibile. Quest’ultimo ha un valore compreso tra 0 e 1: un valore pari a 0 indica perfetta eguaglianza, mentre 1 corrisponde a massima diseguaglianza nella distribuzione del reddito.
In Italia il valore è intorno allo 0,4 con delle differenze tra aree geografiche. Ecco un’infografica che sintetizza la situazione.
2. Le disuguaglianze nella ricchezza
L’indice di Gini calcolato sulla ricchezza degli italiani (che include immobili e attività finanziarie) ha un andamento molto simile a quello del reddito. Una precisazione: per “reddito” s’intende ciò che guadagniamo dal lavoro, dalle rendite, dagli interessi e dai dividendi. Esso è un flusso, ossia è espresso per un certo intervello di tempo (esempio: reddito settimanale, mensile o annuale). A differenza del reddito, la “ricchezza” è il valore di tutte le attività (reali e finanziarie). È uno stock, ossia riguarda un preciso momento (esempio: ricchezza al 13 Giugno 2014).
3. Le disuguaglianze tra generazioni
Nell’ultima “Indagine sui bilanci delle famiglie italiane”, Bankitalia nota che, nel lungo periodo, la dinamica della ricchezza delle famiglie con capofamiglia più anziano è migliore rispetto a quelle con capofamiglia più giovane. Del resto, la generazione dei padri è entrata nel mercato del lavoro nel momento del boom economico mondiale e italiano. Inoltre, essendo i padri a loro volta figli dei baby boomers (la generazione dei nostri nonni, molto prolifica, come suggerisce il nome) possono contare su una rete familiare numerosa e quindi su un maggiore sostegno economico in caso di difficoltà.
Vediamo la situazione nel dettaglio nel grafico sotto.
4. Le disuguaglianze nel mercato del lavoro
Le maggiori fonti di disuguaglianza sul mercato del lavoro sono il sesso e la Regione in cui si vive. Il tasso di occupazione degli uomini è in linea con la media Ue (70-75%), ma quello femminile ne è ben lontano (sotto il 50%). Nel Sud questo tasso è attorno al 30%.
Pesa il “fattore figli”: il 15% delle italiane lascia definitivamente il lavoro dopo il parto. Guardando al mercato del lavoro, confrontando l’indice di Gini dei lavoratori subordinati con quello degli autonomi, emerge che i primi hanno sperimentato maggiori disuguaglianze dagli anni Novanta in poi.
5. Le disuguaglianze di opportunità
L’FMI nel suo recente rapporto “Fiscal policy and income inequality” parla anche di “disuguaglianza di opportunità”, definendola come “relazione tra disuguaglianze di reddito e mobilità economica, ossia la mobilità tra classi di reddito e tra le diverse generazioni”. Essa si misura come dipendenza (tecnicamente: elasticità) dei redditi dei figli da quelli dei padri. Più è alta, minore è la mobilità sociale in termini di reddito, a sua volta associata a un’alta diseguaglianza. Tale relazione è stata fantasiosamente ribattezzata “curva del Grande Gatsby” dall’economista Krueger (di lui abbiamo già parlato qui).
I dati più recenti dell’Istat e dell’Ocse ci dicono che in Italia la mobilità sociale è molto bassa e i salari dei figli dipendono in modo significativo da quelli dei padri.
Ma perchè siamo così disuguali?
Lo indagheremo nel prossimo post: continuate a seguirci!
cb / Giugno 16, 2014
ciao ottima idea parlare del libro di piketty ! Nel libro comunque si parla anche di Italia, non in capitoli dedicati ma in tante tabelle … e i dati fanno pensare…
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giuseppe leozappa / Giugno 16, 2014
Sii più preciso, che dicono quei dati (io non ho letto il libro)?
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cb / Giugno 16, 2014
sono tutti i dati che piketty pubblica anche nel top income database, sulle varie metriche di cui parla nel libro (saving rates, capital share of income, total private capital, net public wealth …) e che fanno vedere come l’Italia è uno dei paesi in cui maggiormente, negli ultimi decenni, un’ enorme massa di ricchezza è passata dallo Stato ai privati. L’Italia è anche tra gli Stati in cui il rapporto savings/growth è più alto, cosicchè l’accumulazione del capitale e le disparità sociali aumentano in modo ancora maggiore che altrove
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Valentina Magri / Giugno 17, 2014
Vero, grazie per la precisazione. Ho riportato i dati di Piketty del World Top Income Database relativi all’Italia nel secondo grafico della prima infografica. Gli altri dati citati sono tratti da rapporti che trattano in modo dettagliato la disuguaglianza in Italia.
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giuseppe leozappa / Giugno 17, 2014
Grazie per le info
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pablito / Giugno 19, 2014
ancora con questa storia delle diseguaglianze? ma se lo dice anche bankitalia che l’italia è uno dei paesi con meno disiguaglianza..basta leggersi il paper sulla ricchezza delle famiglie italiane.
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Valentina Magri / Giugno 20, 2014
Eppure nel “Rapporto annuale 2014” (cap. 5, p. 23), l’Istat scrive che “l’Italia rimane uno dei paesi europei con livelli più elevati di diseguaglianza economica anche dopo l’intervento pubblico, collocandosi
al quinto posto in Europa dopo Regno Unito, Grecia, Portogallo e Spagna”.
E’ molto eloquente il grafico che trovi a p. 23 di questo doc.: http://www.istat.it/it/files/2014/05/cap5.pdf
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Crocco / Maggio 23, 2015
Beh non ci volevano tutti questi grafici…sono cose arcinote da decenni
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