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#SìEuro vs #NoEuro: ecco come la pensiamo noi. E voi?

A dicembre 2013 la visione collettiva delle maggiori case di investimento relativamente al cambio euro/dollaro era di un euro indebolito. La previsione riguardava dicembre 2014, quindi c’è ancora molto tempo a disposizione, però…  è un fatto che l’euro in questo primo trimestre si è apprezzato, non deprezzato.

Ciò non aiuta di certo le esportazioni delle imprese italiane ed europee. In un’Italia dall’economia bolsa e ammuffita, l’euro diventa quindi il capro espiatorio di tutto per una fetta importante della politica e dei cittadini. Si parte dai giudizi su cosa dovrebbe o non dovrebbe fare la BCE  e si finisce con l’annosa questione della sovranità monetaria e dell’uscita dall’euro; oggetto di dibattito in vista delle elezioni europee (e della fantomatica “Eurexit” si era già parlato qui).

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Ma è davvero tutta colpa dell’euro?

Le opinioni sull’argomento sono varie, anche in Advise Only. Vorremmo aprire il dibattito con le persone del team, ma soprattutto lasciare spazio ai contributi di voi lettori.

Per quanto riguarda i vostri investimenti, che siate contro o a favore dell’euro, sul sito www.adviseonly.com troverete tre portafogli che corrispondono a tre scenari diversi:

  • Intermedio, per chi pensa che i problemi attuali dell’euro si risolveranno gradualmente;
  • Euro OK, per i veri ottimisti;
  • Euro Tsunami, per chi pensa che l’euro possa fallire.

Scegliete il portafoglio che fa per voi!

Jacopo Caretta Mussa: “Senza politica industriale, non c’è euro o lira che tenga”

Per il momento nessun libro, articolo o economista è riuscito a convincermi che l’euro sia la causa di tutti i nostri mali. Semplicemente il nesso causale tra bassa crescita e l’euro non mi è assolutamente chiaro. Ma sono pronto a ricredermi.

Jacopo Caretta MussaMa oggi c’è l’euro e l’Italia (come la zona euro) ha bisogno di crescere. Quindi conviene stare nell’euro oppure uscire? La vera questione è che nessuno lo può sapere con certezza. Al di là delle verità assolute spiattellate sui giornali, in economia di certezze ce ne sono poche. Tra queste poche certezze c’è una buona convergenza tra gli economisti su un fatto: la neutralità della moneta. Per quanto la politica monetaria possa aiutare i Paesi ad alleviare i costi di una recessione, non può fare il lavoro dei Governi, che hanno il compito invece di stabilire dove si vuole andare.

L’idea che basti tornare alla famigerata “sovranità monetaria” per rilanciare la produzione e i consumi mi sembra una forzatura. Inoltre, tenete presente che i prodotti italiani non competono solo con la Germania[1], ma anche con il Portogallo, Spagna, India e Cina. Pertanto, penso che gli effetti di una svalutazione siano perlomeno dubbi.

Infine, se è vero che sulla carta uscire dall’euro potrebbe non essere la fine del mondo (a patto che non crei frizioni politiche pesanti), così come non portare ad una nuova crisi di debito, a una forte svalutazione o a una crisi bancaria, siamo sicuri che la probabilità sia uguale a zero? La storia insegna che questi eventi succedono, e anche piuttosto spesso.

E allora se vi proponessi un investimento che ha anche solo la probabilità del 10% di farvi perdere tutto (i risparmi di una vita) con un rendimento atteso comunque incerto (per quante simulazioni si possano fare la certezza su cosa possa succedere in caso di uscita dall’euro non si sa), voi cosa fareste? Io come minimo ci penserei bene.

La crescita economica dipende da una serie di fattori quali la produttività, l’innovazione, il capitale umano, la qualità delle istituzioni, le infrastrutture, ecc. L’Italia non cresce da parecchi anni, e non è la sovranità monetaria che permetterà ai lavoratori di avere uno stipendio decente e alle imprese d’investire.

Se non si incomincia a parlare di politica industriale, di prodotti in cui si vuole investire, del ruolo dell’Italia nei prossimi dieci anni non c’è euro o lira che tenga. Ma come ho detto all’inizio, sono pronto a ricredermi.

Se vuoi rispondere al mio intervento, scrivi sulla mia bacheca nel sito Advise Only: Jacopo Caretta Mussa.


[1] “Italy: past, present…”, Clemente de Lucia, Credit Agricole, http://economic-research.bnpparibas.com/Views/DisplayPublication.aspx?type=document&IdPdf=23628

Valentina Magri: “Dar tutta la colpa all’euro è troppo comodo””

L’euro ha senz’altro delle colpe. È indubbio che il tasso di cambio reale a favore della Germania ha favorito le esportazioni tedesche. Un altro problema dell’euro è stata una visione un po’ troppo marxista e ottimista dell’unione politica: ci si è illusi che potesse essere “comprata” con una moneta unica.

valentina magri

Non è stato così, come testimoniano le difficoltà dei Paesi membri dell’Europa a parlare con una voce sola. Un’altra questione irrisolta è la politica fiscale: per fare davvero gli “Stati Uniti d’Europa”, non basta accentrare l’intera politica monetaria sotto l’egida della Bce. Bisogna anche accentrare la politica fiscale, ossia il controllo delle entrate, uscite e debiti degli Stati europei in un unico organismo sovranazionale. Ne beneficerebbe anche la mobilità delle persone: migrare o da uno Stato all’altro d’Europa sarebbe più semplice ed equo.

Premesso questo, l’euro NON ha TUTTE le colpe. Trascinare solo la moneta unica sul banco degli imputati per l’attuale situazione italiana sarebbe perlomeno pressappochista. O peggio: un modo per sviare l’attenzione dai problemi strutturali del Belpaese. E’ la strategia vecchia come il mondo di trovare un capro espiatorio su cui scaricare i problemi della Nazione per evitare di assumersi le proprie responsabilità.

Qualche esempio? La disoccupazione giovanile da record non è colpa dell’euro, ma dell’eccessiva distanza tra mondo della scuola e lavoro in Italia. La crisi non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco. Un altro esempio: il debito pubblico italiano. Esso ha iniziato a salire vertiginosamente alla fine degli anni Ottanta, quando ha superato il 90% del Pil. All’epoca l’euro circolava solo nel mondo delle idee e l’economia andava bene a livello mondiale. Solo che negli “anni buoni” in cui tutti crescevano, noi siamo cresciuti meno degli altri (il record è stato il +3,7% del Pil del 2000) e lo Stato ha continuato a indebitarsi, spendendo molto più di quanto incassava. Il colpo di grazia è stata ancora una volta la crisi, che ci ha trovati totalmente impreparati, come ha scritto recentemente l’Ocse.

Se vuoi rispondere al mio intervento, scrivi sulla mia bacheca nel sito Advise Only: Valentina Magri.

Giuseppe Leozappa: “Sono filosoficamente innamorato dell’idea di Europa Unita”

Sono un europeista convinto. Ma bisogna ammetterlo: l’euro così com’è non funziona. L’entusiasmo del 2002 (o la malafede di qualcuno) ha portato a chiudere la pratica dell’Unione Monetaria in tutta fretta. È mancato un progetto omogeneo che avesse l’obiettivo di far convergere le diverse politiche economiche. Anzi, dopo il 2002, pare che le cose siano andate al contrario! Ogni paese con il suo Fisco, le sue politiche sul lavoro, il suo Welfare State

giuseppe leozappaCome sappiamo la bolla è scoppiata nel 2008 e oggi, per molti, è proprio l’euro la causa di tutti i mali.

Non sono un economista, ma voglio dire la mia. Nei primi nove anni di unione monetaria i dodici paesi hanno visto migliorare moltissimo la maggior parte dei dati macroeconomici. L’Italia è cresciuta poco in termini di PIL, vero, ma questo è dipeso più probabilmente dalla forte pressione fiscale interna, della totale assenza di riforme strutturali, della mancanza di una politica industriale seria. Abbiamo passato anni a dividerci sul rifinanziamento delle missioni di “pace”, sulla Fini-Giovanardi, sulla Devolution, sulla fecondazione assistita (tutti temi importantissimi), ma non abbiamo fatto un passo su Fisco, lavoro, industria, giustizia, Pubblica amministrazione, nuove tecnologie, ricerca e università.

E poi, prima dell’euro, ricordate l’inflazione a due cifre? I tassi di interesse oltre il 10% per un titolo decennale (nei primi anni ’90 un BTP pagava il 13%: il doppio rispetto al recente periodo dello spread a 500, per intenderci).

Sapete cosa significa? Che con l’ingresso nell’euro lo Stato italiano ha risparmiato miliardi e miliardi di interessi. Con quei danari avremmo potuto rivoltare l’Italia come un calzino. “Se li sono rubati i politici“, penserà qualcuno. Vero, ma chi ha votato quei politici? Gli stessi che, oggi, danno la colpa all’euro.

Sono europeista da sempre, dicevo. Anzi dico di più: sono filosoficamente innamorato dell’idea di Europa Unita, non perché sia inconsapevolmente schiavo dell’informazione pro-euro (critica molto di moda su Twitter), ma perché sono convinto che l’intreccio di culture, idee, nazioni, economie e costumi sia molto superiore alla loro somma.

Il successo dei partiti anti-euro è un segnale: dobbiamo ripensare l’Europa insieme, come un unico paese, una grande democrazia composta da tanti popoli. E perché no, anche con la stessa moneta. Se ci pensate per 140 anni la Valle d’Aosta e la Lombardia, pur avendo economie molto diverse, hanno convissuto con lo stesso conio: la lira. Si può fare anche con l’euro.

Se vuoi rispondere al mio intervento, scrivi sulla mia bacheca nel sito Advise Only: Giuseppe Leozappa.

Pasquale Rossi: “L’euro è un errore. Uscirne si può, ma non risolverà tutto”

Domando: la creazione dell’area valutaria comune ha raggiunto lo scopo di pace e prosperità per i Paesi partecipanti come stabilito nei Trattati europei?

Pasquale RossiIl processo che ha portato all’adozione dell’euro (iniziato molti anni prima che si parlasse di regime di cambio irrevocabilmente fisso) è privo di colpe o ha contribuito all’indebolimento/problemi di alcune economie aderenti all’Unione Monetaria Europea (UME) e all’esplosione della crisi che stiamo vivendo?

Argomentare risposte a queste domande o ad altre come quella del post, dicendo che l’uscita dall’euro sarebbe la soluzione per tutti i problemi secondo me non è serio ed è una sciocchezza. Tuttavia è altrettanto scorretto non ammettere che, a seguito di un forte shock estero (la crisi dei mutui sub-prime negli Stati Uniti), l’euro ha aggravato notevolmente la crisi che ha colpito i diversi Paesi dell’Eurozona. La teoria economica e diversi premi Nobel per l’economia si erano già espressi con scetticismo sulla creazione della moneta unica, mettendo in guardia i Paesi dai rischi a cui andavamo incontro! Come ho scritto in questo post, gli economisti degli anni ’50 e ’60 indicavano come il cammino dovesse iniziare dall’integrazione delle economie reali. Inoltre, la teoria economica ci aveva detto che era per lo meno lecito dubitare dell’idea che l’integrazione monetaria avrebbe stimolato l’integrazione economica.

Cosa dire allora di fronte all’esperienza di vita vissuta dall’area valutaria comune? La teoria economica e l’approccio tradizionale della Teoria delle Aree Valutarie Ottimali stanno ottenendo una bella rivincita!

È evidente come i costi dell’adozione della moneta unica sono – alla prova dei fatti – superiori ai benefici. Inoltre, non esiste una vera volontà politica di realizzare meccanismi  di cooperazione e coordinamento tra Paesi,  i passi verso l’integrazione economica e politica sono irrisori, le distanze economiche tra Paesi si sono ampliate. Numerose sono le pubblicazioni nazionali ed internazionali che hanno proposto possibili percorsi di uscita dall’euro.

In conclusione, ritengo che l’integrazione economica europea sia un valore da perseguire, ma sono critico verso questo tipo di euro sistema e architettura istituzionale dell’UME.

Resto d’accordo con il percorso indicato dagli economisti degli anni ’50 e ’60. In parallelo al percorso da loro indicato, bisogna avviare le necessarie misure di breve e medio-lungo periodo in grado di  stimolare l’economia, una crescita sostenibile e la competitività dei Paesi. A questo punto, l’esistenza di meccanismi di cooperazione e coordinamento (si presuppone quindi una vera volontà politica tra Paesi) permetterebbe forme di integrazione economica maggiore, offrendo la possibilità, ad esempio, di sfruttare i vantaggi politici derivanti dal peso rilevante che paesi uniti avrebbero nelle trattative internazionali.

Se vuoi rispondere al mio intervento, scrivi sulla mia bacheca nel sito Advise Only: Pasquale Rossi.

Raffaele Zenti: “L’euro, così com’è, non sta in piedi”

L’assenza di crescita in Italia e in altri Paesi dell’Eurozona non è colpa dell’euro, ma della miope mancanza di strategia economica-industriale dell’Italia, unita a un’allegra gestione del debito pubblico. Una colpa che arriva da tempi lontani (dagli anni ’70).

raffaele zentiMa l’euro, così com’è, non sta in piedi: manca di un’effettiva unione politica ed economica, e gli sforzi per tenerlo in piedi in queste condizioni rischiano di peggiorare la situazione fino a livelli insostenibili.

Le soluzioni sono due:

  1. cooperare, andando avanti nel processo di integrazione, guardando avanti in modo costruttivo;
  2. rompere il giocattolo, uscendo dall’euro e tornare quindi alla ormai mitica sovranità monetaria.

I rischi sono a mio modo di vedere asimmetrici, molto maggiori nel secondo caso.

Chi propende per la seconda soluzione, l’uscita dall’euro, adotta schemi di ragionamento tipici degli economisti, fondati solo in astratto, avulsi dalla realtà dei mercati finanziari: un sistema fortemente interconnesso e complesso (in stretto senso matematico-statistico), quindi imprevedibile, rapidissimo a cambiare stato, “da solido a gassoso” in poche ore.

Pensare di controllare l’incontrollabile è molto rischioso e velleitario, tutto qui.

Se vuoi rispondere al mio intervento, scrivi sulla mia bacheca nel sito Advise Only: Raffaele Zenti.

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Ultimi commenti
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    Quando siamo entrati nell’euro, ho pensato: cavolo, equivale quasi al dollaro?
    E mi è sembrata già un’impresa assurda.
    Poi ho pensato, che dato che i politici, viaggiano spesso, per loro era sicuramente comodo, avere questa moneta
    Ho partecipato agli incontri che parlavano del trattato di maastricht e di europa unita e la cosa sembrava buona e giusta
    Ma si doveva partire prima da una politica comune
    Secondo me il progetto è fallito e qualche volpone come pare esserlo soprattutto la Germania, ci sta marciando sopre
    Forse sarebbe meglio tornare alla lira e riparlare dell’Europa partendo da politiche comuni da applicare in tutti i paesi
    Non sono un’imprenditrice, chi meglio di loro, può decidere di questo
    Secondo me, tornando alla lira, l’economia riprenderebbe il suo cammino
    Ciao, grazie

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    Un contributo al dibattito leggete qui:
    http://ideecontroluce.it/unipotesi-da-non-esorcizzare/

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