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Previsione degli utili aziendali

Dal punto di vista dei obbligazioni-mercato obbligazionario la miglior misura della crescita economica è rappresentata dal tasso di crescita anno su anno del PIL nominale. Per quanto attiene ai mercati azionari la crescita viene infatti misurata:-in termini nominali (anche le imprese riportano il fatturato e gli utili in termini ‘nominali’)-nell’arco dell’intero anno (anche in questo caso esattamente come fanno le imprese, che non riportano dati trimestrali annualizzati)Il primo compito di un investitore in titoli azionari è quello di cimentarsi nell’esercizio di previsione degli utili aziendali. Come vedremo, dall’osservazione di pochi dati è possibile prevedere in buona parte la dinamica dei profitti d’azienda. Proviamo ad evidenziare alcuni metodi di stima dei profitti. Il primo metodo considera il PIL nominale come ad un’approssimazione del fatturato delle imprese nel loro insieme, mentre il costo del lavoro può essere considerato una buona approssimazione dei costi totali d’impresa (mediamente nei Paesi industrializzati il costo del lavoro rappresenta circa i 2/3 dei costi complessivi sostenuti dalle imprese). La differenza tra l’andamento del PIL nominale e il costo del lavoro in aggregato tende ad andare nella stessa direzione degli utili aziendali. Le eccezioni sono poche e costituiscono, quasi sempre, il risultato di fattori internazionali. Ad esempio, negli ultimi anni (2008, 2009 e 2010) gli utili di molte aziende dei principali Paesi industrializzati sono risultati molto più robusti di quanto sarebbe stato lecito attendersi, data la deludente crescita economica (e ciò ha tratto in inganno non pochi analisti, che si sono affrettati a prevedere tracolli nei mercati azionari). La spiegazione è, con ogni probabilità, facilmente identificabile nei trend, molto diversi tra loro, tra crescita economica nei Paesi industrializzati e crescita economica nei Paesi emergenti. Negli ultimi anni, mentre la crescita nei Paesi sviluppati ha conosciuto tassi di sviluppo molto modesti, le economie dei Paesi emergenti hanno realizzato eccellenti performance. Di conseguenza, proprio i profitti di quelle numerose aziende che fatturano percentuali importanti dei loro ricavi fuori dai confini nazionali (tipicamente tutte le aziende esportatrici e le multinazionali) ne hanno notevolmente beneficiato.Il secondo metodo di stima dei profitti consiste nel moltiplicare un numero indice delle materie prime – il Commodity Research Bureau (CRB) è quello più noto e il suo valore è pubblicato quotidianamente da gran parte della stampa specializzata – per un numero indice della produzione industriale (i dati sulla produzione industriale vengono rilasciati mensilmente nella maggior dei Paesi). Banalmente si tratta di un prodotto tra prezzi (quello delle materie prime) e quantità (la produzione industriale). L’andamento, nel tempo, del risultato di quest’operazione risulta essere ben correlato all’andamento dei profitti aziendali. In questo caso, inoltre, l’impatto della crescita nel resto del mondo (soprattutto nei Paesi emergenti) è catturato grazie all’andamento del prezzo delle materie prime.Infine il metodo che utilizza un indice che differisce nelle statistiche di diversi Paesi, il cosiddetto ‘indice dei direttori d’acquisto’ ([http://www.adviseonly.com/blog/mercati/il-grafico-della-settimana-pmi-segnale-o-coincidenza/ ne parliamo qui sul Blog]) Si tratta di un indice che consente di anticipare con sufficiente accuratezza l’andamento del fatturato delle imprese. Negli Stati Uniti, ad esempio, tale indice è noto con l’acronimo di ISM (Institute for Supply Management) ed è calcolato dall’associazione che raggruppa i direttori degli acquisti delle imprese industriali americane.Grazie all’utilizzo congiunto di questi indicatori è possibile individuare, con sufficiente approssimazione e con anticipo rispetto alla pubblicazione dei dati ufficiali, l’ammontare dei profitti aziendali, nonché i punti di svolta nei trend.

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