a
a
HomeECONOMIA E MERCATICOMMENTO AL MERCATOBollettino AO | Banche centrali: la pacchia è finita

Bollettino AO | Banche centrali: la pacchia è finita

I fatti salienti della settimana

Documento “molto importante”. Dopo la burrascosa conclusione del G7 canadese (con le tensioni commerciali più vive che mai), il presidente USA Donald Trump ha incontrato il dittatore nordcoreano Kim Jong-un a Singapore. I due hanno siglato un documento definito “molto importante” e che in realtà rappresenta solo un primissimo passo nel percorso che Stati Uniti, Giappone, Cina e Corea del Sud sperano porterà alla denuclearizzazione della penisola coreana.

La FED ha aperto le danze. Ma questa è stata soprattutto la settimana delle banche centrali. La Federal Reserve ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli al corridoio compreso tra l’1,75% e il 2%, nel secondo aumento del 2018 dopo i tre del 2017. Cosa più importante: gli interventi di rialzo dei tassi quest’anno potrebbero essere quattro anziché tre.

Questo perché le stime sono migliorate. Secondo la FED, nel 2018 il PIL crescerà del +2,8% (dal +2,7% previsto a marzo) e il tasso di disoccupazione scenderà al 3,6% (sotto, quindi, al 3,8% stimato a marzo). E poi c’è l’inflazione, che quest’anno dovrebbe essere del 2,1% (contro l’1,9% della stima precedente).

Anche la BCE inizia a ritirare le truppe. La Banca Centrale Europea ha confermato i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale allo 0%, allo 0,25% e al -0,40%.

Ma c’è una novità non di poco conto sul programma di acquisti mensili: a settembre caleranno da 30 a 15 miliardi al mese e a dicembre si interromperanno del tutto (però, ha assicurato il presidente Mario Draghi, i reinvestimenti sul capitale rimborsato continueranno a lungo).

Se la FED alza le stime, la BCE le riduce: nel 2018 il PIL crescerà del 2,1% anziché del 2,4% previsto in precedenza. Rivista al rialzo invece la stima dell’inflazione, all’1,7%.

Draghi mette due cose in chiaro. Sollecitato dai giornalisti, durante la conferenza stampa post riunione Draghi ha messo qualche puntino sulle “i”. Sugli acquisti dei bond, nessun complotto contro l’Italia. I Paesi dell’Eurozona devono approfittare dell’attuale fase economica favorevole per ricostituire margini di manovra nelle finanze pubbliche, cosa particolarmente importante “per i Paesi in cui il debito pubblico resta elevato” (leggasi Italia).

Alla classe politica Draghi ha raccomandato di cogliere i benefici delle misure di politica monetaria ancora espansive per “incrementare il potenziale di crescita a più lungo termine” e “ridurre le vulnerabilità”. Poi: “l’euro è irreversibile e non ha alcun senso metterlo in discussione”.

Obiettivi puntati sul ministro Savona. Qualche ora prima, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa AGI, presentando il suo libro “Come un incubo e come un sogno” alla stampa estera, il ministro per le Politiche Europee Paolo Savona ha detto che l’euro “non solo ha aspetti positivi ma indispensabili”, anche se la costruzione va perfezionata.

La Bank of Japan conferma la sua linea. La Banca Centrale del Giappone ha deciso di mantenere invariata la sua linea politica monetaria considerando il livello ancora contenuto dell’inflazione e i più recenti segnali di ripresa economica.

Turchia alle prese con l’inflazione. Sempre a proposito di banche centrali: in Turchia, l’autorità monetaria ha alzato di 100 punti base il tasso di riferimento portandolo al 6,75%, dopo l’intervento di aumento di 75 punti base di tre mesi fa.

Obiettivo, frenare l’inflazione: a fine maggio, i prezzi al consumo risultavano essere lievitati del +7,7% rispetto all’anno prima (in confronto al +5,3% annuo registrato nello stesso periodo del 2017).

Nel 2016 il Paese ha ricevuto un prestito da 2,4 miliardi di euro dal Fondo Monetario Internazionale impegnandosi in cambio a ridurre il deficit e a portare avanti le riforme.

Report sulle banche italiane. S&P Global Ratings ha rilasciato un nuovo rapporto sulle banche italiane nel quale sostiene che negli ultimi due anni i nostri istituti “hanno costantemente migliorato il loro merito di credito riducendo in modo significativo lo stock di esposizioni deteriorate”.

Tuttavia, continuare a diminuire i crediti deteriorati incrementando la redditività sarà possibile solo in presenza di “una ripresa economica sostenuta”. E il persistere dell’incertezza politica potrebbe ancora pesare sulla performance economica del Paese e “minare la fiducia degli investitori nelle banche domestiche”.

Bollettino Europa. E a proposito di agenzie di rating e banche: Moody’s ha elevato l’outlook per la Spagna a “positivo” stanti la crescita del prodotto interno lordo e il calo dei crediti deteriorati.

Restando in tema di dati macro dall’Europa. In Germania, l’indice ZEW a giugno è sceso a -16,1, peggio delle attese. In Gran Bretagna il tasso di disoccupazione a fine aprile era al 4,2%. Eurostat ha contato nell’area euro 157,2 milioni di occupati nel primo trimestre, livello record, con un +0,4% dal trimestre precedente (+1,4% anno su anno).

Aggiornamento OCSE. Il superindice OCSE sui trend dell’attività economica nei sei-nove mesi a venire vede per gli Stati Uniti e il Giappone un ritmo di crescita stabile e segnali di rallentamento per il Canada. Tra le maggiori economie europee, minore slancio della crescita per Germania, Francia e Italia e per l’Eurozona nel suo insieme. In rallentamento il Regno Unito.

Tra i principali Paesi emergenti, segnali di rafforzamento per la Cina e di stabilizzazione per la Russia e il Brasile, accelerazione per l’India. La disoccupazione nell’area ad aprile è scesa al 5,3% (-0,1%), mentre in Italia è salita all’11,2% (+0,1%).


Fai come altri 42.000 italiani, iscriviti gratis alla nostra newsletter!


Grafico della settimana

L’euro non si tocca, ha detto Draghi giovedì 14 giugno. Tutti d’accordo? Insomma. L’Eurobarometro diffuso in settimana dimostra che, all’interno dell’area dell’euro, Austria, Grecia e Italia sono un po’ “freddine” in materia. Noi italiani, in particolare, presentiamo un tasso di approvazione del 59%, a fronte della media europea prossima al 75%. Bicchiere mezzo pieno, ma si può migliorare.

Come si sono mossi i mercati

Effetto banche centrali in Giappone ed Europa. Borse statunitensi in ordine sparso: in calo il Dow Jones, piatto l’S&P500 rispetto alla settimana precedente, in rialzo il Nasdaq. Chiusura in salita per la Borsa di Tokyo venerdì, che ha beneficiato delle decisioni della BCE e della BoJ. Sprint per l’Eurostoxx dopo il meeting della BCE, il Ftse MIB in settimana si è riportato sopra i 22 mila punti, segnando un deciso rialzo di oltre il 4%.

In rialzo i rendimenti dei titoli italiani. È stata una settimana di ripiegamento verso i 230 punti base per il differenziale BTP-Bund, con una fiammata del rendimento del decennale italiano, che ha fatto risalire lo spread, dopo l’annuncio della BCE giovedì 14 giugno.

Segnali interessanti dalle aste che si sono tenute in settimana: assegnati BTP a tre anni per 2 miliardi di euro, con rendimento all’1,16%, al top da febbraio 2014, BTP a sette anni per 2,12 miliardi di euro, con rendimento al 2,37%, e BoT a 12 mesi con rendimento dello 0,55%, tornato positivo dopo oltre due anni e mezzo (non lo era dall’ottobre 2015). Insomma, le nostre emissioni trovano investitori interessati, ma oggi bisogna remunerarli di più rispetto a qualche settimana fa.

L’euro ri-perde quota. Il cambio euro/dollaro, che si era attestato sull’1,17-1,18, dopo l’annuncio della Banca Centrale Europea ha cominciato a perdere quota: la moneta unica si è indebolita e ha chiuso la settimana intorno all’1,15 rispetto al biglietto verde. Giù anche il cambio euro/yen.

OPEC, è tempo di vertice. “I prezzi del petrolio sono troppo alti, l’OPEC è tornata alla carica. Non va bene”: così si è espresso via Twitter il presidente USA Donald Trump mentre si avvicina il vertice OPEC del 22 giugno, che dovrà decidere sui tagli alla produzione introdotti a fine 2016 per riportare i prezzi su livelli più soddisfacenti per i Paesi produttori (e infatti sono risaliti da 30 a 70 dollari al barile). L’intesa scade a fine 2018.

Intanto il dato settimanale sulle scorte di petrolio USA, uscito come sempre mercoledì, ha rivelato un calo superiore alle attese e fatto quindi virare al rialzo il prezzo del petrolio, stante il vecchio adagio secondo cui meno ce n’è e più costa.

 

In agenda

Di seguito, alcuni dei principali appuntamenti e dati macroeconomici della prossima settimana (fonte: Bloomberg).

Stati Uniti – Martedì 19 giugno arriverà il dato sui permessi di costruire rilasciati a maggio. Il 20 giugno attenzione alle vendite di abitazioni esistenti a maggio e le scorte di petrolio greggio nella settimana in cui si riunisce il vertice dei Paesi esportatori (OPEC). Giovedì 21 focus sull’indice della FED di Filadelfia a giugno.

Gran Bretagna – Giovedì 21 giugno la parola passerà alla Banca d’Inghilterra, che comunicherà la decisione sul tasso d’interesse (ci si attende la conferma a quota 0,50%).

Europa – Il dato clou della settimana sarà l’indice dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero, che sarà rilasciato venerdì 22 giugno.

Fai come altri 42.000 italiani, iscriviti gratis alla nostra newsletter!


Scritto da

Con www.adviseonly.com la finanza non è mai stata così semplice. La nostra missione è spiegarvi il mondo degli investimenti in modo chiaro e senza giri di parole, per rendervi investitori più informati e consapevoli.

Nessun commento

lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.