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Le scelte di investimento degli italiani al Salone del Risparmio 2024

Cosa provano i risparmiatori pensando ai loro risparmi in questa fase? Il 38% cautela, il 31,6% preoccupazione, il 22,8% senso di sicurezza e il 18% ansia. Più preoccupati appaiono i risparmiatori con bassi redditi (40,7%) rispetto a quelli ad alto reddito (18,9%). È invece condivisa trasversalmente la paura di subire in questa fase perdite in caso di investimento: coinvolge infatti il 76,7% dei risparmiatori.

Sono alcuni dei principali risultati del quinto Rapporto Assogestioni-Censis intitolato “Perché gli italiani investono come investono”, presentato nella prima giornata della quattordicesima edizione del Salone del Risparmio, in corso all’Allianz MiCo di Milano.

Il Rapporto è stato presentato da Sara Lena, ricercatrice Censis, e discusso da Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, Paola Pietrafesa, vicedirettore Allianz Bank Financial Advisors, Niccolò Rabitti, co-head for Italy Morgan Stanley Investment Management, Gianluca Serafini, amministratore delegato e direttore generale Fideuram Asset Management Sgr, Luca Tenani, country head Schroders, e Massimo Fracaro, caporedattore L’Economia – Corriere della Sera.

 

Risparmia il 76,7% degli italiani, ma in particolare:

  • il 77,3% dei residenti al Nord-Ovest;
  • il 77,3% al Nord-Est;
  • il 77,2% al Centro;
  • il 75,7% al Sud e Isole.

Varia l’intensità della creazione di risparmio:

  • il 39,3% degli italiani risparmia al massimo il 5% del suo reddito annuo;
  • il 33,2% tra il 6% e il 15%;
  • il 17,2% tra il 15% e il 20%;
  • il 10,3% oltre il 20%.

 

Attenzione agli scenari geopolitici

Oltre nove italiani su dieci seguono ormai gli eventi globali, quindi guerre e crisi economiche, anche in altri Paesi. Focus soprattutto sulle guerre in corso dall’Ucraina al Medio Oriente (47,6%), di cui si teme l’espansione, e al cambiamento climatico (37,5%).

Le paure globali condizionano anche le decisioni sui soldi: al 44,2% dei risparmiatori è capitato di modificare decisioni sull’utilizzo dei soldi proprio a causa di notizie su eventi globali come le guerre, al 7% è capitato spesso e al 37,2% qualche volta. E gli eventi globali rafforzano l’incertezza dei risparmiatori: il 45,7% pensando al futuro prossimo dei risparmi si dichiara incerto, il 34,3% pessimista, solo il 20% ottimista.

Di fronte a crisi globali e densa incertezza, il 69,6% dei risparmiatori crede sia meglio investire su strumenti finanziari italiani. Ne sono più convinti l’81,9% con la licenza media, il 73,8% dei diplomati e il 60,5% dei laureati. Pur di investire in Italia, il 48,6% dei risparmiatori accetterebbe rendimenti minori: e d’altra parte, come sottolinea la nota di presentazione del Rapporto, l’opzione Italia è una risposta psicologica rassicurante di fronte alle nuove paure globali.

 

Il ritorno dei titoli pubblici

Paure globali, rialzo dei tassi e livello del debito pubblico da finanziare potenziano l’attrattività dei titoli pubblici. Tra i risparmiatori pronti a investire in strumenti finanziari, il 41,3% vorrebbe farlo in titoli di Stato, il 37,7% in fondi comuni di investimento, il 28,3% in buoni postali di risparmio, il 26,8% in obbligazioni, il 23,9% in polizze assicurative.

 

Cala la presa del contante

Il 45,8% dei risparmiatori in questa fase opterebbe per strumenti finanziari, il 32,4% terrebbe le risorse liquide, il 21,8% investirebbe in immobili. Nel febbraio 2020, in epoca pre-Covid, gli italiani pronti a tenere le risorse liquide erano il 45% (-12,6 punti percentuali tra il 2020 e il 2024). Minore attrattività del contante: il 78,5% dei risparmiatori ritiene che non sia garanzia di sicurezza come in passato.

 

La competitività del risparmio gestito

Il 46,9% degli italiani ha intenzione di investire di più o di iniziare a investire in prodotti del risparmio gestito, mentre il 14,4% è indeciso e il 38,7% non vuole tali strumenti.

Cosa convincerebbe i refrattari a investire nel risparmio gestito?

  • Il 35,6% indica la possibilità di capire meglio di cosa si tratta.
  • Il 23,8% la certezza che sono prodotti in linea con le proprie convinzioni etiche.
  • Il 22% costi più bassi per i servizi.
  • Il 19% i consigli e le spiegazioni di interlocutori di fiducia.
  • Il 18,5% prodotti più attraenti e più convincenti.

 

Consulenti finanziari più positivi sul futuro

Anche i consulenti finanziari vivono gli effetti della nuova attenzione sociale alla globalità: all’83,2% è capitato che propri clienti chiedessero di modificare decisioni sull’utilizzo dei soldi a causa di notizie su eventi globali (guerre, crisi internazionali, eccetera).

Sul futuro prossimo dell’economia italiana, il 45% dei consulenti finanziari si dichiara incerto, ma il 43,4% è ottimista e l’11,6% pessimista. Il 67,1% dei consulenti finanziari è ottimista sul futuro prossimo di risparmi e investimenti degli italiani e l’89,1% è ottimista sulla capacità della consulenza finanziaria di garantire supporto appropriato ai risparmiatori nell’attuale fase.

Così commenta Giorgio De Rita, segretario generale del Censis.

 

In un contesto in cui il crescente interesse per gli eventi globali genera uno stato diffuso di incertezza, il risparmio rappresenta una delle principali fonti di sicurezza. A cambiare è l’intenzione di destinazione del risparmio degli italiani: se in passato la liquidità rappresentava la principale destinazione, oggi c’è un maggiore interesse per i titoli di stato, mentre i prodotti del risparmio gestito conservano una loro specifica attrattività.

 

Questo, infine, il punto di vista del direttore generale di Assogestioni Fabio Galli.

 

L’osservatorio fotografa la comprensibile apprensione dei risparmiatori. La risposta a scenari complessi non può essere però solo un arroccamento sull’immobilismo del conto corrente. Il 46,9% dei risparmiatori che investono o vogliono investire in fondi comuni è la migliore testimonianza dei risultati ottenuti dall’industria in 40 anni di attività ma deve rappresentare un punto di partenza. Trasparenza, professionalità, educazione sono le chiavi per fare in modo che questa percentuale cresca ancora e con essa la consapevolezza che una pianificazione patrimoniale orientata al lungo periodo è fondamentale per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo come singoli e come collettività.

 


 

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