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Argentina: #CiaoDefault…che sia la volta buona?

L’Argentina torna dopo 15 anni sul palcoscenico della finanza. I (pazienti) risparmiatori italiani hanno vinto la loro battaglia: con il rimborso dei “Tango Bond” si chiude il capitolo default del Paese sudamericano. Un primo successo per il neo presidente (di origini italiane) Mauricio Macri.

L’Argentina torna sul mercato

Don’t cry for me, Argentina” cantava Madonna sulle note del compositore inglese Andrew Lloyd Webber, ricordando la celebre figura di Evita Peron. L’appello “musicale” solo ora (forse) viene accolto: 15 anni dopo il default del Paese dell’America Latina e la conseguente separazione dai mercati finanziari, il contenzioso legato ai Tango Bond (le obbligazioni del Paese) si avvia verso una conclusione definitiva.

E l’Argentina fa il suo ritorno sul mercato.

Piccolo ripasso di storia

Nel lontano dicembre del 2001, con le dimissioni e la fuga in elicottero dell’allora presidente Fernando De La Rua al culmine delle proteste per la crisi in corso in Argentina, venne dichiarato il default sul debito pubblico dello Stato per un valore pari a $132 miliardi. Di conseguenza le relative obbligazioni statali furono “cancellate” e con esse gli investimenti di circa 450 mila risparmiatori italiani per un totale di €12,8 miliardi.

Il lungo travaglio

Iniziarono così le trattative per la ristrutturazione del debito tra il Governo e la T.F.A. (Task Force Argentina), un’ associazione a tutela degli investitori promossa da 8 banche italiane[1] nel 2002 : un primo step fu raggiunto nel 2005 attraverso lo “scambio” del 76% dei titoli in default, con obbligazioni a più elevata duration e valore nominale drasticamente inferiore (circa il 30% dei titoli originari!). Nel 2010, l’Argentina propose un secondo accordo analogo.

Alla fine, il 93% dei risparmiatori aderì ad una di queste due proposte.

La situazione attuale

Per gli italiani che non accettarono una delle precedenti ristrutturazioni, la T.F.A. ha trovato nel febbraio del 2016 un accordo con il governo del neo presidente Mauricio Macri: a 50 mila risparmiatori verrà corrisposto (in contanti) il 150% del capitale investito (2,74% annuo) prima del default per un piano di rimborso totale di circa $1,35 miliardi, il tutto entro la prossima estate. Condizione vincolante per ottenere il rimborso sarà quella di presentarsi personalmente presso la propria banca per firmare i relativi documenti (spediti via posta a partire dal 16 maggio) entro i termini previsti (quattro settimane).  Nel mentre il Tesoro valuta l’imposta da applicare: quella relativa ai titoli di stato (12,5%) o inferiore, dato che si tratta di un risarcimento.

Coloro che invece nel 2002 si affidarono alla giustizia ordinaria (piuttosto che al TFA) saranno i più remunerati: si parla di un rimborso di circa il 200% del capitale investito. La pazienza (e un buon avvocato) alla fine ha pagato.


Rating Moody’s: da Caa1 a B3 (18/04/2016)

Una rinascita?

Sconfitti anche i “fondi avvoltoio” americani, con i quali si è concluso un  accordo per il rimborso di $9,3 miliardi, l’Argentina è tornata sul mercato dei capitali il 18 aprile attraverso una emissione record: $16,5 miliardi (rispetto ai $12,5 previsti) con scadenze da 3 a 30 anni e cedole comprese tra il 6,25% e l’8%, attraverso la quale Mauricio Macri vuole far fronte a questa importante tranche di rimborsi e (soprattutto) chiudere definitivamente il capitolo default, riportando l’Argentina all’interno del panorama finanziario mondiale.

[1] Unicredit, San Paolo IMI, Banca Intesa, Banca Antonveneta, Banca Sella, Iccrea Banca, Banca Nazionale del Lavoro e Monte dei Paschi di Siena.

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