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#biascomportamentali: come funziona l’avversione al rammarico

Il rammarico è una sensazione che tutti abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita. Si tratta di una sensazione non propriamente positiva, che trae origine da un nostro atto o da una nostra decisione che poi si rivela tutt’altro che azzeccata. Da qualcosa, insomma, che ci costringe a riconoscere un’amara verità: abbiamo commesso un errore di giudizio.

Il rammarico si distingue dalla delusione la quale, in linea di massima, deriva invece da un qualcosa che va male per ragioni indipendenti da una nostra precedente decisione/scelta/mossa e via dicendo.

Per via delle sue caratteristiche, il rammarico, neanche a dirlo, suscita un senso di avversione. Come lo gestiamo? Capirlo è importante, perché anche l’avversione al rammarico – o regret aversion, per dirla in inglese – può pesare sulle nostre scelte d’investimento.

 

La regret aversion spiegata con un esempio

Ma come funziona l’avversione al rammarico, o regret aversion che dir si voglia? Proviamo a spiegarlo con un esempio liberamente tratto dall’attualità di questi anni (ma privo di qualunque valenza scientifica: contiamo sulla comprensione e l’indulgenza degli esperti e dei professionisti del settore che ci stanno leggendo).

Chiediamo al signor Taldeitali, ora in pensione ma che per tanti anni ha svolto l’attività di rappresentante farmaceutico, di rispondere a due quesiti.
 

Quesito numero uno | Sta per scoppiare un’epidemia che potrebbe far ammalare 600 persone. Si possono prescrivere due tipi di vaccino. Lei sceglierebbe:

  • il vaccino A, che consentirà di salvare circa 200 persone;
  • il vaccino B, che con il 33% di probabilità permetterà di salvare tutti e 600 gli ammalati, mentre con il 66% di probabilità non sarà efficace e tutti saranno colpiti dal virus.

Quesito numero due | Sta per scoppiare un’epidemia che potrebbe far ammalare 600 persone. Si possono prescrivere due tipi di vaccino. Lei sceglierebbe:

  • il vaccino A, che farà sì che si ammalino “solo” 400 persone;
  • il vaccino B, che con il 66% di probabilità si rivelerà inefficace, e quindi tutte e 600 le persone si ammaleranno, mentre con il 33% di probabilità si rivelerà efficace e nessuno si ammalerà.

 

 

Il processo mentale che porta alla decisione

Cosa risponde, a questo punto, il signor Taldeitali? Ebbene, il signor Taldeitali risponde “vaccino A” al quesito numero 1 e “vaccino B” al quesito numero 2. In realtà, avrete già notato che i due quesiti sono praticamente identici. La sola e unica differenza è che nel quesito numero uno abbiamo messo in rilievo il concetto di persone “che si salvano”, mentre nel quesito numero due abbiamo posto l’accento sulle persone che “si ammalano”.

La differenza nelle risposte ai due quesiti si deve proprio alla presenza di meccanismi mentali che hanno indotto il signor Taldeitali – ma che allo stesso modo indurrebbero ciascuno di noi – ad agire in modo da evitare, un domani, di dover provare rammarico.

Possiamo quindi considerare l’avversione al rammarico una sorta di “spiacevolezza anticipatoria”: infatti essa consiste nella paura, che proviamo prima di compiere una scelta, di sperimentare rammarico dopo aver compiuto quella scelta, per aver assunto una decisione che poi si rivela sbagliata.

 

Come e quanto ci influenza l’avversione al rammarico?

La paura di provare una simile sensazione influenza in modo significativo il nostro modo di decidere e agire. E, come tutte le paure, può tradursi in un vero e proprio blocco. Può molto facilmente succedere che preferiamo non fare nulla e lasciarci trasportare dagli eventi anche quando ciò rischia di avere sgradevoli conseguenze, invece di rischiare prendendo una decisione.

E in ogni caso, tendiamo a visualizzare i risultati della scelta nel modo che minimizza un nostro (eventuale) errore.

Questi due aspetti sono molto rilevanti nell’ambito delle decisioni di investimento, laddove può accadere che:

  • preferiamo seguire la corrente e fare ciecamente e superficialmente quello che “tutti fanno” quando si tratta di costruire il nostro portafoglio personale, piuttosto che prendere una decisione ben fondata (ma che, ovviamente, potrebbe non portare i risultati sperati);
  • tendiamo ad attribuire ad altri o a una situazione difficile eventuali perdite di portafoglio, invece di essere obiettivi con noi stessi.

Come per tutti i bias di cui vi abbiamo fin qui parlato, il primo passo per superarli – o, quantomeno, per gestirli proficuamente – è prendere atto che esistono. Da qui in poi, si può solo migliorare. Tenendo comunque presente che il rammarico, così come ogni altra emozione negativa, fa parte della nostra vita e non si può eliminare. Ma da esso possiamo trarre preziose lezioni. Come si dice: a volte si vince, altre si impara.

 


 

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