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#IlGraffio – la Coop sei tu (ecco il peso nell’economia italiana)

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Le cooperative sono decisamente una realtà importante del nostro paese, fin dalla nascita della Repubblica. Esse, infatti, presentano un riconoscimento ufficiale direttamente nella Costituzione, l’art 45 recita: “la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazioni”.

In questo post tocchiamo brevemente due aspetti delle coop: il peso sull’economia nazionale, il trattamento fiscale e normativo al quale sono sottoposte.

Il peso delle coop nell’economia italiana

Secondo una recente rilevazione il mondo cooperativo, nelle sue varie forme (le principali sono Legacoop, che rappresenta circa la metà del giro d’affari, poi ci sono Confcoop e Agci), pesa per il 10% del PIL italiano, con 153,7 miliardi di euro di giro d’affari e occupando oltre 1,1 milioni di persone.

  • Industria: 441.660 occupati e con un fatturato annuo di € 31,4 miliardi.
  • Agro-alimentare: 106.237 occupati e un giro d’affari di € 38,5 miliardi.
  • Cooperative di consumo: 103.557 occupati, € 29 miliardi, con la Conad principale operatore fra i dettaglianti, Unicoop Firenze e Coop Adriatica principali player fra le coop di consumo.
  • Cooperative sociali: qui vi è la massima concentrazione di occupati, ben 359.241 per un fatturato annuo di € 10,4 miliardi.
  • Credito e finanza: 72.014 occupati, giro d’affari di € 29,8 miliardi.
  • Sanità: 11.950 occupati, fatturato di € 8,7 miliardi.

Negli anni ruggenti dell’industria, per capirci, la Fiat pesava per il 3% del PIL italiano: il confronto conferma che la cooperazione è una componente fondamentale dell’economia italiana che va dalle infrastrutture alla assistenza domiciliare, dall’agenzia assicurativa agli asili-nido, dalla coltivazione di cibo alla distribuzione commerciale. La cooperazione è dappertutto.

Il trattamento normativo e fiscale delle coop

I prestiti sociali, la forma di raccolta di depositi che le cooperative Coop ricevono dai propri soci/associati, sono pari a € 11 miliardi (ultimo dato disponibile, 2013) e coinvolgono 1,2 milioni di soci. Questa liquidità è fonte primaria per il funzionamento dell’intero sistema delle cooperative di consumo.

Sino al luglio 2014, i prestiti sociali avevano anche un forte “appeal fiscale”: la ritenuta al 12,5% sugli interessi maturati. Tuttavia, l’aumento dell’aliquota al 26% sugli interessi corrisposti ai soci prestatori (varato con la legge 89 del 23 giugno 2014, si applica sugli interessi divenuti esigibili dal 1° luglio 2014, con effetto retroattivo su quelli maturati in precedenza) ha azzerato questo privilegio.

Questi depositi dei soci/associati Coop non sono coperti da fondi di garanzia, diversamente dai depositanti delle banche. Dopo alcune vicende che hanno coinvolto alcune coop, la LegaCoop ha approvato un testo di auto-regolamento che le Coop dovrebbero adottare a maggiore garanzia dei depositanti: obblighi informativi sull’andamento e sull’utilizzo del prestito sociale, stato economico patrimoniale e finanziario della singola Coop, modelli di controllo.

L’attività di raccolta però non è presidiata da Bankitalia, diversamente da quanto previsto per banche, intermediari finanziari, holding vigilate.

La “disciplina speciale” sulla raccolta delle cooperative è chiaramente diversa: molto più lasca e corriva di quella esercitata su bancheintermediari finanziari. La domanda sorge spontanea: perché?

Come troppo spesso accade nel Belpaese, i buoi scappano lontano e i pastori-controllori suonano il piffero.

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