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Italiani e digitale, 4,3 milioni sono “offline”

Nel periodo tra il 2007 e il 2020, i consumi degli italiani si sono contratti del 13%, complice la crisi del 2008 che ha gettato sulla Penisola una coltre d’incertezza economica ancora non del tutto dissipata (e, anzi, oggi resa più fitta dalla crisi pandemica). Nonostante questo, la spesa per gli smartphone è aumentata nello stesso periodo del 450% e quella per i pc dell’89%.

Bastano questi pochi numeri – citati dal direttore generale di Censis, Massimiliano Valerii, in occasione della presentazione del rapporto “La digital life degli italiani” – per farsi un’idea di quanto il digitale sia ormai percepito dalle persone come uno strumento in grado di semplificare la vita. “Queste spese vengono viste come un investimento: i dispositivi digitali permettono di risparmiare tempo e denaro e di soddisfare esigenze”, riflette Valerii.

In effetti, stando all’indagine condotta da Censis in collaborazione con Lenovo, per il 70% degli italiani la digitalizzazione migliora la qualità della vita.

 

Una quotidianità sempre più digitale

Una sensazione che si è ulteriormente acuita nel periodo della pandemia e del lockdown, che ha letteralmente trascinato milioni di cittadini dentro il digitale, costringendo alcuni a intensificarne l’utilizzo e altri ad avviarlo.

Così oggi, in Italia, per il 74,4% degli utenti è ormai abituale l’uso combinato di una pluralità di device (smartphone, pc, laptop, tablet, smart tv, console di gioco), mentre il luogo dal quale ci si connette non ha più importanza (il 71,7% degli utenti svolge ovunque le proprie attività digitali) così come sono diventati relativi gli orari (il 25,5% naviga spesso di notte).

Ormai gli italiani sembrano anche piuttosto disinvolti con il web: il 69,4% degli utenti si sente sicuro quando effettua pagamenti o altre operazioni finanziarie online e il 55,6% utilizza almeno qualche volta i servizi cloud per salvare documenti e informazioni.

“La pandemia ha accelerato la trasformazione digitale di almeno cinque anni, portando permanentemente in primo piano nuovi comportamenti digitali sia nella sfera privata sia nel lavoro”, commenta Emanuele Baldi, executive director di Lenovo Italia. “Ecco perché dobbiamo concentrarci su tecnologie più intelligenti che si adattano meglio a questo futuro”.

 

Intere zone offline e difficoltà pratiche

C’è però un dato importante da considerare quando si parla di digitalizzazione in Italia ed è la quota di persone che ancora oggi, nel 2021, hanno problemi di connessione nelle zone in cui vivono (l’indagine parla di 13,2 milioni di persone) o sono del tutto offline (4,3 milioni di persone).

Senza considerare che ci sono anche 24 milioni di persone che, seppur nelle condizioni di connettersi, faticano a utilizzare i device digitali: nel dettaglio, 9 milioni hanno difficoltà nell’inviare e/o ricevere messaggi con WhatsApp o Telegram, 8 milioni nell’utilizzare la propria posta elettronica, 8 milioni con i social network (Facebook, Instagram, eccetera), 7 milioni con la navigazione sui siti web, 7 milioni con le piattaforme che consentono di vedere in streaming eventi sportivi, film e serie tv.

E ancora: 6 milioni hanno difficoltà con l’e-commerce, 5 milioni non sanno fare i pagamenti online, 4 milioni non hanno dimestichezza con l’uso delle app e delle piattaforme per le videochiamate e i meeting virtuali.

L’8,5% del Paese non si “collega”

E questo succede per problemi infrastrutturali e/o per mancanza di competenze: di questa quota fanno parte la popolazione più anziana e quei cittadini che abitano nelle cosiddette zone bianche, dove non arriva alcun tipo di segnale.

“Siamo all’alba di una nuova transizione digitale”, sostiene Valeri. Ora però “serve un progetto di società digitale pienamente inclusiva, che possa dare risposta alla domanda ancora insoddisfatta di dispositivi, connessioni, competenze, e superare le diversità di accesso”.

 

Il galateo nella “digital life”

Ci sono poi delle problematiche di “condotta” nella vita digitale degli italiani. Tradotto: spesso i device vengono utilizzati in modo improprio, nella vita privata e nel lavoro. Qualche esempio?

Circa 4 milioni di italiani si lamentano per il tempo eccessivo che il compagno o la compagna passa al cellulare e 7 milioni rivelano di essersi sentiti gelosi a causa delle interazioni social del proprio partner.

Non solo. Due terzi dei lavoratori (il 66%) utilizzano device personali per motivi di lavoro e, parallelamente, il 26,9% degli occupati (e il 39,8% dei dirigenti) usa i dispositivi elettronici aziendali per ragioni personali.

Il che, tra l’altro, comporta rischi per la sicurezza dei dati e per la privacy di lavoratori e aziende.

Tirando le somme, dall’analisi Censis emerge un’Italia avviata ormai in modo deciso sulla strada della digitalizzazione, dove restano però zone d’ombra, sia dal punto di vista delle infrastrutture sia dal punto di vista delle competenze. I margini di miglioramento sono ancora ampi e in questo, rileva il rapporto, le imprese possono giocare un ruolo cruciale.

 


 

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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