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HomeECONOMIA E MERCATIECONOMIA, POLITICA E SOCIETA'Ve la ricordate la truffa dei “diamanti da investimento”?

Ve la ricordate la truffa dei “diamanti da investimento”?

Ah, i bei tempi in cui larga parte delle banche italiane vendeva allegramente diamanti ai propri clienti, facendo balenare davanti ai loro occhi prospettive di rendimento stellari.

Ecco, in media hanno perso il 70%, con punte superiori al -80%. E in effetti è un rendimento stellare, peccato per il segno meno davanti.

Noi su questo blog ve l’abbiamo sempre detto: evitate quelli che sembrano soldi facili. Troppo facili. Non serve una laurea in economia per capirlo. E la storia dei “diamanti da investimento” puzzava da lontano, più di una cassetta di sardine lasciate al sole per tre giorni.

 

Quando il diamante non è per sempre

Tutto iniziava con una “segnalazione” dell’impiegato della banca: signora mia, lo vuole fare un affarone? E lì, il solerte impiegato bancario proponeva al malcapitato cliente, con tanto di brochure patinate, questa forma di “investimento alternativo”: un bel diamante, con prospettive di apprezzamento da sogno, basso rischio (yes, svariate testimonianze riportano questo fatto, perché si sa, “un diamante è per sempre”, “è un bene rifugio”) nonché un canale di riacquisto, caso mai si volessero vendere i sassi di carbonio.

La sottigliezza è che, come sottolineò la Consob illo tempore, l’acquisto di diamanti non si poteva considerare investimento finanziario, e quindi non era soggetto alle regole di vigilanza e tutela del cittadino tipiche del settore. E questa è stata una miserabile falla del sistema di tutela dei risparmiatori – meno male che ci hanno pensato media e associazioni dei consumatori a far salire a galla il cadavere.

Così il contratto era tra il fornitore delle pietre preziose e il cliente, direttamente, senza passare dalla banca. Però la banca, per questo suo ruolo apparentemente innocuo di “segnalatore”, si beccava una grassa retrocessione, circa il 15-20% del valore transato. Bella corposa eh? Considerate che sono considerati cari le gestioni patrimoniali, le unit-linked e i fondi comuni con 3% di commissioni totali… cosa dovremmo dire di queste commissioni sui diamanti?

 

Il guaio è che non c’è cultura finanziaria

Con la tipica mancanza di buon senso (oltre che di cultura finanziaria) che affligge una larga fetta della popolazione dei risparmiatori, migliaia di clienti hanno festosamente abboccato a questa ridicola esca, rimanendo invischiati in un’operazione disastrosa.

Tutto è andato bene finché le richieste di riscatto sono state poche (e comunque i riscatti venivano effettuati con penali del 10% o giù di lì), poi – un grande classico – quando le richieste di vendita sono aumentate, allora i prezzi di quegli invendibili diamanti sono crollati del 70-80%, ed è venuto fuori che l’impegno di riacquisto era piuttosto vago, non certo un obbligo.
 

 
Da lì la storia prosegue con panico, rabbia, denunce, indagini. Solo recentemente (lo scorso 19 luglio, per l’esattezza) è partito, davanti al GUP del Tribunale di Milano, il maxiprocesso che vede coinvolte oltre cento persone tra manager e dipendenti bancari e manager e dipendenti delle società di collocamento dei diamanti via banca.

Le imputazioni sono cosucce da nulla, tipo “truffa aggravata e continuata, con danni patrimoniali ai clienti delle banche indotti ad acquistare pietre preziose, autoriciclaggio e corruzione tra privati”.

Tra l’altro, segnalo che i risparmiatori che non si sono ancora mossi hanno tempo fino al 20 settembre per richiedere la costituzione come parte civile nel processo.

 

Cosa puoi fare se hai comprato diamanti?

Chi ha acquistato diamanti da investimento agli sportelli delle banche o direttamente dalle società coinvolte, ricorda Confconsumatori, e anche chi ha raggiunto accordi transattivi e ottenuto rimborsi parziali potrà costituirsi parte civile per ottenere il ristoro dell’ulteriore danno patrimoniale e il danno morale per aver perso una parte importante dei propri risparmi.

 


 

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