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I numeri dell’Italia che si avvicina al voto europeo

“L’indicatore di stress macrofinanziario dell’Italia si mantiene su livelli elevati”: così parla la Banca d’Italia nel primo dei due Rapporti sulla stabilità finanziaria del 20191. Domandona: cos’è questo indicatore? E cosa ci dice, esattamente? Mentre si avvicina il voto del 26 maggio per il rinnovo del Parlamento Europeo, vediamo di capire come il nostro Paese si presenta a questo storico appuntamento internazionale.

 

Il “tensionometro” italiano

L’indicatore delle condizioni finanziarie, spiega la Banca d’Italia, “fornisce informazioni sullo stress macrofinanziario cui è sottoposta l’economia”2. È costruito aggregando misure di tensione per i cinque principali mercati italiani, vale a dire:

  • obbligazionario, che include i titoli di Stato;
  • azionario relativo al segmento degli intermediari finanziari;
  • azionario complessivo;
  • cambi.

Gli indicatori di tensione finanziaria utilizzati includono differenziali di rendimento, volatilità e misure di perdita massima.

Negli anni, l’indicatore ha tracciato in modo accurato sia i principali episodi di tensione originati a livello globale, il cui punto di innesco è stato il fallimento di Lehman Brothers nel settembre del 2008, sia quelli che più specificamente hanno interessato i mercati finanziari italiani, come la crisi del debito sovrano del biennio 2011-2012.

 

Cosa ci dice l’indicatore oggi?

Nell’ultimo anno il valore dell’indicatore è cresciuto, pur rimanendo al di sotto dei livelli raggiunti durante la crisi finanziaria globale e nel corso di quella del debito sovrano. L’incremento, spiega Bankitalia, riflette soprattutto gli sviluppi sul mercato obbligazionario e le performance azionarie delle società finanziarie.

“In passato”, si legge sul Rapporto della Banca d’Italia, “livelli elevati di stress finanziario hanno preceduto un rallentamento dell’economia: un peggioramento dell’indice pari a una deviazione standard, circa 0,1 unità, si è associato a una minore crescita nei successivi 12 mesi intorno a 0,9 punti percentuali”. Ma attenzione: siccome la variazione del PIL potrebbe non essere del tutto riconducibile al mutamento delle condizioni finanziarie, “il valore riportato rappresenta un limite superiore di tale impatto”.

 

 

La conferma del nostro Barometro

Questo clima di “attenzione” è confermato anche dal nostro Barometro del Rischio relativo all’Italia, un indice proprietario che ha una valenza analoga a quella dell’indicatore della Banca d’Italia. Il Barometro oscilla tra 0 e 100: se il valore è pari o superiore a 50, il rischio finanziario è nella norma o inferiore alla norma, se invece è meno di 50 allora vuol dire che sono presenti situazioni di stress finanziario. L’attuale valore, quindi, sembrerebbe portare alla luce un quadro potenzialmente più critico. In linea con l’indicatore di Bankitalia.

 

Barometro Italia | amCharts

 

Una nota sui premi per il rischio sui titoli pubblici italiani, che da novembre sono scesi ma restano comunque più alti rispetto all’aprile 2018. “Se i rendimenti all’emissione dei titoli di Stato italiani dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati”, sostiene Bankitalia, “nel biennio 2019-2020 si avrebbe una spesa complessiva per interessi sul debito pubblico di circa 4 miliardi superiore a quella che si sarebbe avuta con i tassi attesi dai mercati ad aprile 2018”.

A questo punto, può essere interessante andare a spulciare anche gli indicatori macroeconomici raccolti dall’autorità di Via Nazionale.

 

Quella resilienza tutta italiana

La Banca d’Italia registra per il 2019 le previsioni di un tasso di crescita annuo del Prodotto Interno Lordo pari allo 0,1%, e dello 0,9% per il 2020. Quanto al debito pubblico, il suo livello in percentuale del PIL nel 2019 dovrebbe attestarsi al 133,4%, per poi salire al 134,1% nel 2020 (nel 2018 il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato al 132,2% dal 131,4% del 2017).

 

Italia Area euro
PIL 2019 0,1% 1,3%
PIL 2020 0,9% 1,5%
Debito pubblico/PIL 2019 133,4% 83,6%
Debito Pubblico/PIL 2020 134,1% 81,8%
Vita residua
titoli di stato 2019
6,7 anni
Avanzano primario/PIL 2019 0,9% 0,6%

Fonte: Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 1 – 2019

 

Ma attenzione: “secondo il Documento di Economia e Finanza 2019, approvato dal governo il 9 aprile, il debito crescerebbe ancora nell’anno in corso e si ridurrebbe dal 2020, anche in seguito all’incremento delle aliquote delle imposte indirette già incluso nella legislazione vigente”, riporta Bankitalia.

I rischi macroeconomici per la stabilità finanziaria sono accentuati dall’indebolimento della crescita globale, ma riflettono anche vulnerabilità interne. A fronte di tali rischi, l’economia italiana è però caratterizzata da un’alta resilienza, che deriva da diversi fattori. Fra questi, l’elevata ricchezza delle famiglie e l’indebitamento del settore privato, che è tra i più bassi nell’area euro: 41,1% sul PIL quello delle famiglie e 69,6% il debito in capo alle società non finanziarie, a fronte rispettivamente del 57,6% e del 105,9% dell’area euro.

In più, la vita media residua dei titoli di Stato (6,7 anni) rallenta la trasmissione al costo medio del debito del rialzo dei rendimenti all’emissione.

Riconoscendo questi fattori di forza, a febbraio e ad aprile le agenzie Fitch Ratings e Standard & Poor’s hanno confermato il merito di credito dei titoli di Stato italiani al livello BBB. Entrambe le agenzie hanno tuttavia mantenuto negativo l’outlook, ossia la direzione attesa di un eventuale futuro cambiamento del rating.

Un cambiamento che potrebbe avere effetti negativi anche rilevanti per il sistema finanziario italiano, come già abbiamo avuto modo di dire3.

 



1 – Rapporto sulla stabilità finanziaria, fonte: Banca d’Italia
2 – An indicator of macro-financial stress for Italy, fonte: Banca d’Italia
3 – Effetto rating: le 5 conseguenze della bocciatura dell’Italia

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