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AO Tutor Focus | Il punto di giugno

Il mese che si sta per concludere ha visto un ridimensionamento delle aspettative sugli USA, una conferma del capitale politico di Macron e la liquidazione delle due banche venete. Come impattano queste considerazioni sui nostri portafogli?


Punti chiave

  • La FED ha mantenuto le promesse, ma il FMI riduce le previsioni del PIL statunitense. Come largamente anticipato dal mercato, la Banca Centrale ha alzato i tassi d’interesse di 25 punti base per la seconda volta da inizio anno. Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita degli Stati Uniti: si è passati al 2,1%, sia per il 2017 che per il 2018.
  • La Francia può contare su un Governo con una netta maggioranza. Alla fine è andato tutto per il meglio per il neo Presidente Emmanuel Macron. Il partito En Marche! si è aggiudicato infatti una netta maggioranza anche all’Assemblée Nationale. E per inaugurare al meglio la nuova stagione il PIL del primo trimestre è stato rivisto al rialzo: +0,5%, rispetto al +0,4% della precedente lettura.
  • La Brexit a un anno di distanza. I partiti che l’hanno caldeggiata non godono di un ottimo periodo, e la battaglia con l’Europa è solo all’inizio. Nel frattempo, la Bank of England deve fare i conti con l’aumento dell’inflazione.
  • Le banche venete non esistono più. Il Governo ha deciso di liquidare le due banche (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) facendo comprare la parte buona ad Intesa Sanpaolo, e tenendosi le sofferenze, con un intervento da 5,2 miliardi di euro (potenzialmente, il conto può arrivare a 17 miliardi).

Grafico del mese

Le banche centrali si sono spese tanto per rimettere in piedi un’economia mondiale che sembrava destinata alla deflazione (e forse lo è ancora, ma non ci pensiamo per il momento). Ora che la stagione del Quantitative Easing (QE) sta volgendo al termine (incrociando le dita), il mercato obbligazionario dovrà fare i conti con una buona fetta di domanda in meno. Se non ci sarà qualcun altro a prendere il posto delle Banche Centrali, i tassi d’interesse sono destinati a salire.
 

 

Commento generale

Se guardiamo il bicchiere mezzo pieno, è stato un mese positivo per lo scenario, almeno in termini di rischio: la Grecia ha risolto (almeno per un anno) i suoi problemi di finanziamento, e ci sono buone probabilità che i creditori gli accordino uno sconto sul debito; il Governo italiano è riuscito ad aggirare le regole sul bail-in ed ha messo una pezza al problema delle banche venete – il rischio sistemico è certo diminuito; il problema è legato a chi pagherà il grosso del conto – cioè i contribuenti italiani.

Se vogliamo essere pignoli, la soluzione “italiana” rischia di essere controproducente, perché crea un precedente e nel lungo termine potrebbe minare l’unico vero traguardo raggiunto dall’unione monetaria degli ultimi anni, ossia l’unione bancaria. Il mercato sembra essere della prima opinione, con l’indice FSTE Italy All-Share Banks che ha guadagnato oltre il 6,0% tra l’apertura di lunedì e il momento in cui scriviamo (mercoledì 28 giugno 2017).

Noi siamo più cauti. Rispetto ad inizio anno, lo scenario in termini di rischio è sicuramente migliorato, la bolla cinese fa meno paura, l’inflazione sembra essere sotto controllo, la zona euro ha scongiurato imminenti crisi politiche, e il paventato protezionismo USA non ha trovato riscontro nei fatti: il commercio mondiale è in piena forma.

Nella nostra mappa dei rischi abbiamo ridotto la probabilità che il rischio Eurozona/Italia si realizzi, ma siamo consapevoli che i conti si faranno con la prossima recessione (che prima o poi arriverà) e, fino a quando la zona euro non avrà fatto qualche passo decisivo in più verso l’integrazione fiscale e monetaria, rimane la zona geografica più fragile e potenzialmente più “pericolosa” (almeno tra i Paesi Sviluppati).

Per quanto riguarda gli altri rischi, abbiamo eliminato il rischio FED e lasciato invariato quello legato all’inflazione e il rischio Abenomics. Il secondo rialzo dei tassi della FED è stato infatti largamente anticipato e, al momento, non ci sono valide ragioni per credere che la FED possa accelerare il processo di normalizzazione. Al contrario, la FED sembra convinta di arrivare ben presto a raggiungere i propri obiettivi di politica monetaria (ovvero il 2,0% di inflazione e massimo impiego). Se così fosse, prima o poi i salari saranno destinati ad accelerare e, di conseguenza, lo stesso faranno i prezzi, generando inflazione. Tra l’altro anche la BCE sembra ottimista riguardo la dinamica dei prezzi, mentre le aspettative d’inflazione sono ai minimi dall’elezione di Trump. Se le banche centrali avessero ragione, i mercati finanziari starebbero in qualche modo sottovalutando il rischio inflazione.

In Giappone, dopo anni di politica monetaria e fiscale aggressiva, nessuno sa veramente cosa accadrà, ma al momento la congiuntura economica è migliorata e persino la Bank of Japan potrebbe arrivare a ridurre il peso del QE.

A giugno, il rischio bolla speculativa sulla tecnologia sembra rientrato e il clima finanziario rimane favorevole agli attivi rischiosi e all’euro.

Snapshot Mercati

 

 

Valutazione per asset class

Non ci sono cambi sensibili in termini di valutazioni assolute e relative. Sul fronte azionario migliorano le valutazioni del mercato giapponese, per via del momentum, che da aprile sta accelerando. Il Nasdaq è il mercato americano con le peggiori valutazioni complessive (fondamentali + momentum), ma il rischio bolla ci sembra un po’ esagerato. La tecnologia a livello mondiale rimane invece il settore con il miglior profilo valutazioni fondamentali – momentum. Questo ci dicono i numeri.

Sul fronte obbligazionario, peggiorano leggermente le valutazioni dei Paesi Emergenti. In aggregato, il profilo rischio/rendimento è più favorevole al credito che ai titoli governativi. Rispetto ad inizio anno, le commodities sono sempre meno interessanti. Il momentum rimane fortemente negativo per l’energia, l’agricoltura e i metalli preziosi.

 

I portafogli

Nell’ultimo mese la performance dei portafogli è stata penalizzata da un leggero calo dei mercati europei, dal deprezzamento del dollaro e dal continuo calo del petrolio. Il trend di breve periodo non è cambiato; a posteriori possiamo dire di aver fatto bene a ridurre il peso del dollaro (e, probabilmente, nel corso del mese, sfruttando un probabile rimbalzo, contiamo a ridurre ancora il peso dell’USD – quindi preparatevi, nel caso vi arriverà una comunicazione specifica, come sempre) e delle commodities, che continuano a soffrire il crollo del petrolio.

Lo scenario di rischio è migliorato e dal nostro punto di vista non ci sono grandi rischio di bolla in giro. Tuttavia, non ci sono neanche grandi opportunità. Da inizio anno, le performance dei portafogli sono in media modeste e dipendono in larga parte dalla percentuale di azioni presente in portafoglio. Non abbiamo un orizzonte temporale breve, per cui siamo molto tranquilli e vi invitiamo ad esserlo altrettanto.

Considerate che in questa fase, la componente obbligazionaria è un freno ma, complessivamente, la qualità dei mercati azionari e una buona prassi di diversificazione del portafoglio, ci impediscono di aumentarne il peso.

Per quanto riguarda l’asset allocation non ci sono grandi novità: rimaniamo corti di duration (ossia limitiamo il rischio legato al rialzo dei tassi d’interesse) e preferiamo il credito rispetto ai titoli governativi, mentre sul fronte azionario non ci prendiamo grandi rischi.

[accordion title=”Portafogli Obiettivo”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation.

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[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tematici”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation.

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[/accordion] [accordion title=”Portafogli Tattici”]

Non abbiamo effettuato cambi di asset allocation.

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