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#ABCFinanza: Come funzionano i fondi comuni d’investimento?

Sono tra gli strumenti finanziari più diffusi tra gli investitori italiani e anche su questo blog li citiamo spesso quando parliamo di investimenti. Ma che cosa sono, in parole semplici, i fondi comuni di investimento?

Per farla molto breve, potremmo dire che sono dei “contenitori” (in gergo più tecnico si definiscono veicoli d’investimento), in cui un insieme di risparmiatori fa confluire i propri risparmi. Queste quote individuali di risparmio vengono custodite presso una banca depositaria e “prese in carico” da una società di gestione, che le investe collettivamente sui mercati finanziari.

 

Il funzionamento dei fondi comuni

Procediamo per piccoli passi. Nel funzionamento dei fondi comuni come veicolo del risparmio, ci sono tre soggetti fondamentali:

 

Che tipo di fondi comuni si possono comprare?

Tralasciando i vari aspetti giuridici e semplificando un po’, possiamo dire che i fondi comuni d’investimento si dividono in due grandi famiglie:

  • Oicr (acronimo di organismi di investimento collettivo del risparmio), di cui fanno parte:

    – I fondi comuni tradizionali, che possono essere:

aperti (possono essere sottoscritti in ogni momento, ed in ogni momento è possibile ottenere il rimborso totale o parziale del capitale)

chiusi (possono essere sottoscritti solo in un certo lasso di tempo e la restituzione del capitale può essere richiesta solo alla scadenza del fondo o dopo un certo numero di anni)

– Le Sicav (acronimo di società di investimento a capitale variabile)

  • ETF (acronimo di Exchange Traded Fund)

 

 

Che differenza c’è tra queste due famiglie di fondi comuni?

La distribuzione: i fondi tradizionali sono distribuiti attraverso un processo di “collocamento”. In sostanza, se voglio comprare un fondo tradizionale devo rivolgermi a un intermediario autorizzato al collocamento (la mia banca o il mio consulente finanziario). Gli ETF, invece, sono venduti in Borsa, come un’azione.

Gestione dell’attività: nella maggior parte dei casi, in Italia almeno, i fondi tradizionali sono a gestione “attiva”: questo vuol dire che le società di gestione prendono una molteplicità di decisioni che dovrebbero permettere al fondo di battere un determinato indice “benchmark”, oppure di conseguire un “total return”, cioè un ritorno assoluto, attraverso una strategia gestionale. Di norma, il gestore del fondo ricerca l’Alfa (e l’investitore paga questo suo impegno). Al contrario, un ETF ha di norma una gestione “passiva”, cioè il gestore del fondo si limita a replicare la performance di un determinato indice o mercato (ad esempio un ETF sulla Borsa di Milano replicherà, pari pari, l’andamento di Piazza Affari).

La struttura di costo: la gestione “attiva” presuppone un maggiore dispendio di risorse in analisi e rotazione dell’attività. Per questa ragione di solito la gestione attiva ha una struttura di costi più onerosa rispetto ad una gestione passiva.

Semplificando, ecco i costi a cui potreste andare incontro a seconda del fondo:

Spesso la voce “costi” dei fondi comuni e degli ETF viene sintetizzata nel TER (Total Expense Ratio), che comprende l’insieme delle commissioni – un investitore in ETF deve poi considerare in aggiunta anche i costi di negoziazione.

Le varie tasse che gravano sugli strumenti finanziari sono un ulteriore onere sia per i fondi tradizionali, sia per gli ETF.
 

È meglio investire in un fondo tradizionale oppure in un ETF?

A priori, è impossibile dirlo. Possono essere entrambi ottimi strumenti, così come pessime soluzioni d’investimento: non dipende dal veicolo ma su cosa si investe, dal fatto che lo strumento sia adatto o meno ai propri obiettivi e dal costo. La performance di un fondo è infatti frutto di un mix di fattori che dipendono dal profilo di rischio del fondo, dalle scelte d’investimento della società di gestione e ovviamente dalla struttura dei costi.

Prima di gettarsi nell’investimento in un dato fondo, occorre verificare la politica d’investimento, il livello di rischio, l’entità e la struttura dei costi e, infine, com’è andato storicamente in termini di performance. Quest’ultima è un’informazione di limitata validità, a meno di non avere anni di storia: non prevedendo il futuro, non c’è fondo (tradizionale o ETF) che possa garantire un rendimento certo per il futuro.

Negli ultimi anni gran parte del successo degli ETF è dovuto proprio al fatto che, grazie alla loro semplicità e ai bassi costi, hanno ottenuto performance superiori a buona parte dei fondi tradizionali.

La vera sfida per un investitore accorto consiste proprio nel ricercare strumenti il cui costo sia giustificato dalla qualità del prodotto rispetto alle proprie esigenze (dando per scontato che sia in linea con il proprio profilo di rischio). Non è affatto detto che fondi con costi elevati siano migliori di fondi con costi bassi.
 


 

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