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Educazione finanziaria: gli italiani non sono più gli ultimi

Secondo un recente studio condotto da Allianz, gli europei hanno serie difficoltà nella comprensione dei concetti finanziari di base, soprattutto quando si parla della relazione tra rischio e rendimento.


Non più ultimi (ma c’è poco da gioire)

In Italia, lo sappiamo già, non brilliamo certo per cultura finanziaria. Ma per una volta non siamo proprio gli ultimi. E comunque siamo in ottima compagnia – mal comune mezzo gaudio: secondo un recente studio condotto da Allianz, gli europei hanno in generale serie difficoltà a comprendere i concetti finanziari di base, seppur con qualche differenza da regione a regione.

Una situazione preoccupante, a maggior ragione se pensiamo che in gran parte del Vecchio Continente la responsabilità delle decisioni su temi complessi, primo tra tutti quello della pensione, si sta spostando sulle spalle del singolo individuo. Affrontare questo genere di scelte finanziarie significa identificare i propri bisogni e la soluzione più adatta a soddisfarli, valutandola all’interno di una vastissima gamma di prodotti di risparmio disponibili sul mercato: non è facile farlo, se mancano le conoscenze di base.

E un errore può costare caro: per esempio, utilizzare uno strumento inappropriato per accumulare ricchezza durante l’età lavorativa, o una strategia di spesa sbagliata, possono ritorcersi contro l’individuo (e, in aggregato) e contro l’intera società, in termini di costi elevati da sostenere negli anni della vecchiaia.

Ma veniamo ai numeri: lo studio, condotto online su un campione rappresentativo di 1.000 persone in 10 Stati europei (Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito), ha rilevato che austriaci, tedeschi e svizzeri sono i più ferrati sulle tematiche finanziarie, mentre restano indietro francesi, portoghesi e italiani.

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Più della metà degli europei fatica a comprendere il concetto di rischio

Ma l’aspetto forse più interessante della ricerca è l’analisi di quali sono i concetti più difficili da afferrare. Le domande del sondaggio si sono basate principalmente su tre argomenti: tassi di interesse, inflazione e rischio. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che gli intervistati hanno mostrato più difficoltà, seppur con le dovute distinzioni tra Paese e Paese. In media infatti, circa ¾ del campione ha risposto correttamente alla domande sui tassi di interesse e il 63% a quelle sull’inflazione, mentre meno della metà ha saputo rispondere alle domande sul rischio, scivolando in particolare sulla relazione rischio/rendimento.

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Va detto che molti intervistati hanno preferito non mettersi nemmeno in gioco, rispondendo con un “non lo so” alle domande sul rischio, specialmente a quella sulla diversificazione, che tra l’altro non richiedeva alcun calcolo. Una spiegazione, rileva lo studio, potrebbe essere da ricercare nei termini utilizzati per comporre la domanda, che erano più “finanziari” rispetto al resto del questionario (venivano citati fondi azionari e azioni).

Gender gap

Un altro tema emerso dall’indagine è il divario di conoscenza tra uomini e donne: queste ultime mostrano conoscenze finanziarie nettamente inferiori, soprattutto in Italia. Nel nostro Paese gli uomini hanno risposto correttamente al 25% delle domande in più rispetto alle donne, mentre in Austria la differenza è solo dell’8%. Il gender gap si riduce però nelle fasce più giovani della popolazione.

Anche l’istruzione sembra giocare un ruolo importante nell’atteggiamento delle persone nei confronti delle tematiche finanziarie: non solo le persone con un grado di istruzione superiore hanno dato in media un maggior numero di risposte corrette, ma attribuiscono anche un maggior valore alla consulenza finanziaria. Se il 63% delle persone con un’istruzione universitaria pensa che trarrebbe benefici dai consigli di un consulente professionista, la quota scende al 55% per gli intervistati con un grado di scolarizzazione più basso – che paradossalmente ne avrebbero più bisogno.

I Millennials non si interessano ai loro risparmi

La giovane età invece non sembra giocare a favore dell’educazione finanziaria: gli under 35 mostrano meno competenze degli over 50.

Parte della spiegazione potrebbe essere la minore esperienza dei Millennials con investimenti e prodotti finanziari, spesso ancora completamente al di fuori dei loro interessi: solo il 20% degli under 35 dice di aver riflettuto su quanto denaro gli potrebbe servire negli anni della pensione. In realtà, all’età di 35 anni, le decisioni finanziarie di lungo termine – come quelle sulla pensione appunto – dovrebbero già essere state prese.

La carenza di alfabetizzazione finanziaria può avere effetti molto negativi sui risparmi e sul benessere finanziario dei risparmiatori di oggi, specialmente in un ambiente caratterizzato da tassi di intedesse molto bassi, come quello attuale. Se prima della crisi finanziaria del 2008 gli strumenti di risparmio più basici – come i conti correnti bancari – offrivano comunque un rendimento minimo accettabile, oggi il costo/oppotunità del lasciare i soldi “sotto il materasso” è molto più alto (qui per approfondire). Il problema è che molte persone non hanno le conoscenze di base per comprendere e quindi sottoscrivere consapevolmente i prodotti finanziari più sofisticati di cui avrebbero bisogno.

Le istituzioni hanno ormai preso coscienza del problema e le iniziative a sostegno dell’educazione finanziaria iniziano a farsi più concrete e corpose. Anche in Italia, dove all’interno del cosiddetto “Decreto Salva-Risparmio” è stato approvato un decreto dedicato proprio all’educazione finanziaria e alla sua integrazione all’interno delle normali attività scolastiche. Ma i cittadini europei non hanno ancora davvero aperto gli occhi sulla necessità di comprendere meglio le dinamiche finanziarie del mondo che li circonda.


Per chi volesse approfondire, qui trova il report completo di Allianz (in inglese).


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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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