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Etf, la troppa specializzazione può far male alla performance

C’è un tipo di prodotto molto – è il caso di dirlo – specifico, che ha beneficiato della ricerca di rendimento e diversificazione degli investitori: si tratta degli etf specializzati, che hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni. A differenza degli etf tradizionali, che tipicamente seguono un indice, i fondi passivi specializzati offrono un’esposizione a settori di nicchia, come sottocategorie del settore tecnologico o del mondo green.

 

Cosa sono, esattamente, gli etf specializzati?

Gli etf specializzati hanno in genere un focus estremamente ristretto, tipicamente una tendenza che si impone in un dato momento nella società. “Dalla legalizzazione della marijuana al remote working: se c’è una tendenza, ci sarà un etf a valorizzarla”, scrive sull’FT Francesco Franzoni, professore di finanza all’Università della Svizzera Italiana e senior chair allo Swiss Finance Institute.

Ma attenzione: uno studio pubblicato sulla Review of Financial Studies segnala come negli ultimi due decenni gli etf di nicchia abbiano sottoperformato rispetto ai rispettivi benchmark di circa il 30% nei primi cinque anni dalla loro creazione. Di questi, solo circa 3 punti percentuali sono dovuti alle commissioni e 27 punti alla sottoperformance degli asset sottostanti.

La causa è presto detta: la necessità di attirare l’attenzione degli investitori ha portato i fornitori di etf a cavalcare le ultime tendenze, trasformando un prodotto passivo in una sorta di scommessa attiva sul tema del giorno.

Ma come mai? Anche qui, citando sempre l’analisi del profesor Franzoni, possiamo dire che dopo il successo della prima ondata di etf che seguivano indici ampi come l’S&P 500, la concorrenza si è intensificata e le commissioni sono scese. Per contrastare questa evoluzione, gli emittenti hanno ideato nuovi tipi di prodotto con commissioni più alte, concentrandosi su segmenti più piccoli del mercato. Nel 2020, i nuovi etf hanno proposto portafogli legati a settori come i vaccini anti-Covid o la telemedicina. Nel 2021 spazio invece a Bitcoin, auto elettriche e Metaverso.

 

 

La reputazione è tutto. O forse no?

Ora, se l’idea alla base dell’etf offre agli investitori l’emozione di scommettere sul loro tema preferito, gli stessi investitori alla fine saranno meno sensibili al prezzo che pagheranno per il prodotto: ecco quindi che si presenta l’occasione per applicare commissioni più elevate. Basti pensare che, nonostante gestiscano solo il 18% del patrimonio degli etf azionari negli Stati Uniti, questi prodotti raccolgono circa il 35% dei ricavi, grazie alle commissioni più sostanziose che applicano.

Le performance passate, come vi diciamo sempre, non sono garanzia di performance future. Eppure molti investitori tendono a focalizzarsi su quei titoli che in un arco temporale recente hanno registrato buoni rendimenti. Forse consapevoli di ciò, gli emittenti di etf specializzati puntano su settori e temi “caldi”.

Ne consegue che i titoli presenti nei panieri degli etf specializzati partono da valutazioni relativamente elevate: in particolare, i nuovi fondi detengono aziende che prima del lancio hanno registrato rendimenti insolitamente elevati e che hanno goduto di una copertura mediatica molto favorevole.

Insomma, i titoli in pancia agli etf specializzati sono sopravvalutati al momento del lancio e che tendono invece a sottoperformare negli anni successivi. E questo pesa sull’andamento degli etf che li detengono.

 

Morale della favola: non specializziamoci troppo

In conclusione, gli investitori dovrebbero fare attenzione quando prendono in considerazione l’investimento in etf specializzati: rischiano di investire in attività spesso sopravvalutate, pagando per giunta commissioni più consistenti.

 


 

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