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Previdenza complementare, finalmente arrivano i Pepp

Il panorama della previdenza complementare si arricchisce con l’arrivo dei Pepp, prodotti pensionistici paneuropei ad adesione individuale. Se ne parla da diversi anni – la proposta della Commissione Ue risale addirittura al 2017 – ma ora, finalmente, i Pepp possono diventare realtà.

Lo scorso 22 marzo è diventato applicabile il regolamento Ue 2019/1238 sui Pan-European personal pension product e il 5 maggio è arrivato il via libera del Consiglio dei Ministri sullo schema di decreto legislativo per calare la normativa comunitaria nel sistema previdenziale nazionale. Ora il testo è passato alle commissioni parlamentari, che hanno 60 giorni di tempo per esprimere eventuali considerazioni. Ma l’ossatura della normativa è ormai pronta.

 

Come funzionano questi Pepp?

Si tratta, come abbiamo accennato, di prodotti pensionistici individuali che andranno ad affiancarsi, in Italia, a fondi pensione aperti e Piani individuali pensionistici (Pip).

Ma con alcune particolarità, che vediamo di seguito.

  • I Pepp – lo dice il nome – sono prodotti europei, armonizzati all’intera Ue. Significa che, se sottoscriviamo un Pepp in Italia e poi ci trasferiamo a vivere in un altro Paese dell’Ue, potremo continuare ad accumulare i contributi nello stesso prodotto. Per farlo, l’idea è quella prevedere un sistema di sotto-conti nazionali che rispettino i requisiti e le condizioni previste dallo Stato membro di riferimento.
  • Potranno essere distribuiti da una molteplicità di operatori: compagnie assicurative, banche, fondi pensione professionali, alcune società d’investimento e gestori patrimoniali.

I Pepp prevedono inoltre, nella versione base, un tetto massimo ai costi pari all’1% del capitale accumulato su base annua e la possibilità di cambiare fornitore ogni cinque anni. Infine, le prestazioni pensionistiche Pepp potranno essere erogate anche in forma di capitale in un’unica soluzione (oltre che sotto forma di rendita o prelievo parziale, in alcuni casi specifici). Questi prodotti si basano su adesione e contribuzione volontaria, e i contributi saranno deducibili dal reddito complessivo al massimo fino a 5.164,57 euro.

Il regolamento si sofferma infine sull’offerta dei Pepp in forma totalmente digitale, un aspetto che strizza l’occhio alle nuove generazioni, con l’idea di coinvolgerle fin da subito nella sottoscrizione di una forma pensionistica complementare.

Del resto, ha osservato Michele Siri, professore dell’Università di Genova, in occasione di un intervento sul tema nel corso della 12esima edizione del Salone del Risparmio a Milano, “dati Covip mostrano che, in Italia, solo un terzo circa dei lavoratori aderisce a uno o più prodotti di previdenza complementare, mentre nei Paesi cosiddetti frugali, i più virtuosi in ambito Ue da questo punto di vista, il 100% della popolazione attiva fa riferimento alla previdenza integrativa. È uno scenario preoccupante per il sistema produttivo italiano e, in quest’ottica, i Pepp potrebbero svolgere un ruolo strategico”.

 

Possibili limiti

Non mancano naturalmente elementi di criticità nella nuova normativa. Per esempio, a differenza dei fondi pensione integrativi, ai Pepp non sarà possibile versare il Tfr, il che elimina anche la possibilità di ricevere contributi aggiuntivi dal datore di lavoro. Un altro problema evidenziato dagli esperti potrebbe sorgere in fase di maturazione dei requisiti per ottenere la prestazione pensionistica.

La normativa italiana prevede che questo diritto scatti quando matura il diritto alla pensione obbligatoria, purché il sottoscrittore sia iscritto al prodotto di previdenza complementare da almeno cinque anni. Nel caso dei Pepp, questi cinque anni sarebbero invece riferiti al sotto-conto nazionale. In pratica, se un sottoscrittore si dovesse trasferire in un altro Paese proprio negli ultimi cinque anni prima della pensione, il conteggio si andrebbe ad azzerare, il che andrebbe a ostacolare la mobilità transfrontaliera che invece i Pepp stessi vorrebbero agevolare.

 

 

Il nodo della fiscalità

Infine, c’è il tema del regime fiscale: ai nuovi prodotti paneuropei dovrebbero essere riconosciuti gli stessi sgravi concessi ai prodotti pensionistici individuali nazionali (aliquota del 20% sul maturato).

“Considerato che il regime fiscale delle forme di previdenza complementare non è armonizzato tra i vari Paesi, è importante che al sotto-conto nazionale dell’investitore si applichi il medesimo regime fiscale, a prescindere dallo Stato in cui è istituito il fornitore”, aggiunge Arianna Immacolato, direttore fisco e previdenza di Assogestioni.

 

Un cantiere ancora aperto

Va detto che i nuovi prodotti pensionistici paneuropei non hanno ancora fatto un “bagno di realtà”. Proprio per questo, ricorda Immacolato, “è già prevista la possibilità di mettere a punto decreti correttivi una volta che questi prodotti saranno calati nel mondo reale”. Insomma, il cantiere Pepp è ancora aperto, ci sarà tempo per rivedere i dettagli.

 

Rilanciare la previdenza complementare in Europa

L’impostazione generale, comunque, è interessante sotto diversi punti di vista: per il respiro europeo di questi nuovi prodotti, al passo con un mondo sempre più globalizzato in cui i trasferimenti da un Paese a un altro sono all’ordine del giorno.

Ma anche per la spinta che i Pepp si propongono di imprimere al settore della previdenza complementare. Stando a uno studio condotto dalla Commissione europea, entro il 2030 i prodotti pensionistici individuali in Europa potrebbero arrivare a valere 2.100 miliardi di euro, 700 miliardi in più rispetto a quanto previsto alla stessa data in uno scenario senza Pepp.

 

I primi Pepp verso il 2023

Nel momento in cui scriviamo, diversi Paesi europei devono ancora completare il quadro normativo e nessun prodotto è ancora stato registrato presso l’apposito elenco tenuto dall’Eiopa, l’autorità di vigilanza. Secondo gli esperti, i primi Pepp inizieranno a essere commercializzati, anche in Italia, nella seconda metà dell’anno o a partire dal 2023.

“Il progetto Pepp è un rispettabile tentativo di armonizzare il risparmio previdenziale individuale in Europa, introducendo un nuovo prodotto verso cui vi sia una graduale, progressiva convergenza di operatori e aderenti”, ha commentato Luigi Di Falco, head of life and pensions di Ania. “Trattandosi di una modalità di offerta articolata, che implica capacità di gestire posizioni previdenziali in più Paesi e con un target di clientela propenso alla mobilità professionale all’interno dell’Unione, riteniamo che lo sviluppo dei Pepp sarà piuttosto graduale e potrà prendere piede nel medio-lungo termine”.

 


 

Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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