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Riassunto mensile di marzo: mercati sull’ottovolante delle banche

Si chiude un mese di marzo sulle montagne russe per i listini mondiali. A scuotere emotivamente i mercati ci hanno pensato le crisi bancarie partite dagli Stati Uniti e poi approdate in Europa, fino a far crollare il Credit Suisse che è stato poi acquistato da Ubs in quello che è stato un salvataggio in piena regola.

Il timore che il contagio si potesse propagare ulteriormente ha inizialmente fatto scendere le Borse, in particolare i titoli bancari e finanziari. A ciò ha fatto però seguito un corposo recupero, in scia alle rassicurazioni delle principali autorità mondiali.

A favorire la ripresa anche una serie di buoni dati sull’inflazione, che hanno cominciato a far prezzare ai mercati il possibile raggiungimento del picco sui tassi d’interesse da parte della Federal Reserve e, a breve, della Banca centrale europea, istituti sui quali si è fatto forte il pressing anche politico per andare avanti con prudenza nelle prossime riunioni evitando, così, di stressare ulteriormente il sistema bancario e l’economia. Ma riepiloghiamo la cronaca nel dettaglio delle singole voci.

 

I fatti salienti del mese di marzo

Come si accennava, le protagoniste assolute dell’ultimo mese sono state le banche. Tutto è partito dalla Silicon Valley Bank, le sedicesima banca degli Stati Uniti, che è crollata per aver cercato invano un aumento di capitale dopo aver subito una perdita di 1,8 miliardi di dollari.

L’istituto, trovatosi in crisi di liquidità a seguito della stretta monetaria della Fed, si è visto costretto a dismettere una parte del suo portafoglio di bond a lunga scadenza, che a causa della crescita dei tassi avevano perso valore. Il 9 marzo l’istituto californiano ha perso il 62% in Borsa, con conseguente fuga dei depositi che ha reso necessario, il giorno successivo, un intervento delle autorità federali, le quali hanno nominato la Federal Deposit Insurance Corporation come curatore fallimentare.

Il contagio si è poi propagato ad altre banche Usa, dalla Signature Bank (poi fallita) alla First Republic Bank, facendo temere per la tenuta delle banche regionali, al centro di una crisi di fiducia.

In un mondo iperconnesso, non ci è voluto molto affinché un altro grande istituto in salute precaria, la svizzera Credit Suisse, finisse in difficoltà. La Saudi National Bank, primo azionista con il 9,9%, ha dichiarato con il suo presidente che non avrebbe partecipato a un nuovo aumento di capitale, facendo deflagrare la crisi. A tal punto che il 19 marzo, in un salvataggio concertato dalla Banca nazionale svizzera, Ubs è arrivata ad acquisire la banca rivale per 3 miliardi di franchi.

Ha fatto discutere, nel salvataggio della banca elvetica, la scelta di sovvertire i criteri di assorbimento del capitale. La prassi, infatti, prevede che in caso di dissesto bancario debbano essere prima azzerati gli azionisti per coprire le perdite e, qualora non bastassero i soldi, si debba attingere capitale dai bond subordinati.

L’aver azzerato prima una particolare categoria di bond, gli AT1, ha spaventato i mercati, innescando una nuova pioggia di vendite. A pagarne le conseguenze è stata un’altra grande banca europea, Deutsche Bank, che è arrivata a perdere in Borsa fino all’11,6%. I timori sono poi rientrati, con le rassicurazioni delle autorità europee sul rispetto delle regole del bail-in (che prevedono prima l’azzeramento degli azionisti, poi quello degli obbligazionisti) e sulla solidità di Deutsche Bank e del sistema nel suo complesso.

Tra le buone notizie c’è la discesa dell’inflazione, che a marzo è calata sensibilmente in Germania, Spagna e Italia. In particolare, nel nostro Paese, l’inflazione annua è scesa al 7,7%, rispetto al 9,1%, trascinata principalmente dal ribasso dei prodotti energetici.

L’inverno mite, la domanda contenuta di metano e gli stoccaggi pieni hanno poi contribuito a sgonfiare moltissimo il prezzo del gas, con immediate ripercussioni sulle bollette pagate dai cittadini.

La guerra in Ucraina nel frattempo prosegue con i due eserciti in stallo alla cittadina di Bakhmut, dove si consumano sanguinose battaglie. Non ci sono progressi sui negoziati, con il presidente cinese Xi Jinping che è andato in visita a Mosca e il presidente russo Vladimir Putin che si è detto interessato al piano di pace in 12 punti presentato da Pechino, tuttavia bollato come sconveniente per Kiev dagli Stati Uniti. Nel frattempo, Putin ha ammesso per la prima volta che le sanzioni occidentali stanno avendo effetto sull’economia russa.

 

 

Come si sono mossi i mercati

In Europa, Piazza Affari ha chiuso in territorio negativo seppur con un recupero finale: il Ftse Mib ha perso l’1,2%, mantenendosi comunque sopra i 27.000 punti. Guadagno, invece, per il Dax tedesco, che ha è salito dell’1,7%. Bene anche il Cac40, in rialzo dello 0,75%.

Negli Usa l’S&P 500 è salito del 2,5%. Corposamente su anche il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha guadagnato l’8,14% della sua capitalizzazione.

In Asia il Ftse China A 50 ha perso l’1,15%. Meglio l’Hang Seng a Hong Kong (+3,1%). In Giappone, il Nikkei è lievitato del 2,17%.

Sul fronte obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è sceso nel mese al 3,52% (dal 3,96% di febbraio). In Europa, spread Btp/Bund a 181 punti base. Giù tutti i rendimenti dell’Eurozona: Btp al 4,14%, il Bund tedesco a 10 anni è calato al 2,32% e l’Oat francese decennale al 2,84%.

Per quanto riguarda le commodity, l’oro è scambiato a 1.983 dollari l’oncia, con un apprezzamento nel corso dell’ultimo mese. Il gas naturale europeo è arrivato a fine mese a 46 euro al megawattora, dai 43 di inizio mese, ben lontano comunque dal picco di 345 euro raggiunto il 26 agosto. Il petrolio è leggermente sotto gli 80 dollari al barile per il Brent (in calo). Più giù il Wti, a quota 75.

Sul fronte valute, il cambio tra euro e dollaro ha chiuso il mese sostanzialmente stabile a 1,08.

 

Cosa monitorare nel mese di aprile

Sotto i riflettori i dati sull’inflazione e le prossime mosse di politica monetaria. Gli analisti scommettono ora su un rallentamento dei rialzi, ma per scoprirlo bisognerà attendere le riunioni in programma a maggio, per le quali saranno fondamentali i dati sui prezzi di aprile e i primi risultati sul Pil del 2023.

La ripresa dell’economia cinese e il conseguente ritocco verso l’alto delle stime economiche potrebbe portare qualche rialzo sui prezzi del petrolio, mentre in Europa il focus sarà sull’inizio della stagione di riempimento degli stoccaggi, che tuttavia non dovrebbe serbare particolari sorprese.

Attenzione anche alle banche: la sensazione per il momento è che la situazione sia rientrata, ma basterebbe un nulla, in questo contesto perturbato, a riattivare le preoccupazioni dei mercati sulla tenuta del sistema bancario.

Ultimo, ma non certo per importanza, il conflitto russo-ucraino, in caso di svolte (positive come negative) potrebbero esserci ripercussioni sui corsi azionari. Al momento, si attende una possibile controffensiva dell’Ucraina a primavera o comunque prima dell’estate.

 


 

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