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Riassunto di un 2021 non privo di sfide ma all’insegna del Toro (e uno sguardo al 2022)

Che anno è stato il 2021? Prima di immergerci nell’anno appena iniziato – che già si profila interessante sotto molti punti di vista (“possa tu vivere tempi interessanti”, recita quella certa antica maledizione cinese) – facciamo una sintesi.

Che anno è stato il 2021, quindi? Un anno nel segno del Toro, anche se non per tutti, e caratterizzato da almeno tre grandi turbolenze: nuove varianti del coronavirus, inflazione e interventismo del governo cinese, che ha spaventato non poco gli investitori internazionali.

 

Il Toro ha continuato a correre, ma non per tutti

Di fatto, dopo la grande correzione del marzo 2020, i principali listini mondiali sono cresciuti con poche battute d’arresto. L’America, in particolare, ha vissuto un anno sugli scudi, con l’S&P 500 che ha aumentato il suo valore di oltre il 25%.

Un sentiment che è stato largamente condiviso dall’Europa, dove perfino un indice che prima della pandemia non offriva performance esaltanti, come il nostro Ftse Mib, ha guadagnato il 24,7%, con una capitalizzazione che ha raggiunto i 757 miliardi di euro.

Tutto questo grazie all’andamento spedito della campagna vaccinale, alla caduta di molte restrizioni e alla prospettiva di una ripresa di consumi e spostamenti.

La politica delle banche centrali, poi, è rimasta espansiva. E molti governi hanno messo in cantiere ambiziosi piani d’investimento per rilanciare l’economia post pandemica. Negli Stati Uniti lo hanno chiamato Green New Deal, la controparte europea è stata il Next Generation Eu, i cui fondi nel nostro Paese saranno spesi attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (o Pnrr).

Chi non ha partecipato alla festa rialzista è stata la Cina, economia che si era rialzata prima delle altre ma che ha dovuto fare i conti con un anno molto tormentato. Anche il Nikkei giapponese, colpito dalla pandemia e dalle turbolenze asiatiche, ha avuto una performance meno positiva dei colleghi americani ed europei.

 

Quel pasticciaccio brutto che si è verificato in Cina

Il mercato azionario cinese era andato bene nel 2020, ma ha conosciuto grossi intoppi nel 2021. Il governo guidato dal presidente Xi Jinping è intervenuto in varie occasioni per limitare il potere delle sue big tech.

Alla fine del 2021 ha di fatto stoppato la gigantesca ipo di Antgroup, mentre in estate ha messo nel mirino alcune aziende che si erano quotate a Wall Street come Didi Global, l’Uber cinese, finita sotto investigazione della Cyberspace Administration of China con l’accusa di “violare i regolamenti sulla raccolta di dati personali”.

È poi arrivata la scure sui profitti delle aziende di tutoring scolastico, a cui è stato precluso l’accesso agli investimenti stranieri e imposto l’obbligo di registrarsi come no profit.

Tutti fattori che hanno spaventato non poco gli investitori istituzionali, innescando una raffica di vendite che ha fatto perdere terreno a listini come l’Hong Kong Hang Seng e il Ftse China A50.

Come dimenticare, poi, la crisi del mercato immobiliare cinese, che ha spinto fino al default un gigante come Evergrande il cui titolo ha perso oltre il 90% del proprio valore. Pechino e la banca centrale cinese sono al lavoro per evitare l’effetto domino.

 

Il caro delle materie prime può strozzare la ripresa

La ripresa economica repentina ha scaldato i prezzi delle materie prime. E se, almeno inizialmente, gli analisti erano per la maggior parte concordi sulla transitorietà dei rincari, adesso ci sono esperti di rilievo, come il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che ritengono l’inflazione ormai un fenomeno strutturale, con cui faremo i conti a lungo.

Nel corso dell’anno si è assistito a un’impennata del prezzo del rame e alla crisi dei semiconduttori, fondamentali per l’automotive e la produzione di molti dispositivi elettronici. Ma si è anche osservato il forte aumento dei costi per l’approvvigionamento di energia, con i prezzi altissimi di carbone e gas naturale.

È cresciuto anche il prezzo del petrolio, con il Brent alle soglie degli 80 dollari al barile e il Wti a 76 dollari, mentre un anno prima erano entrambi intorno ai 50 dollari o meno. Tutto questo si è riversato, oltreché sulle bollette, anche sui costi dei prodotti finali, sui quali gravano anche le difficoltà della logistica, zavorrata fra le altre cose dalle restrizioni pandemiche.

 

Inflazione e come gestirla: la sfida dell’anno 2022 (e seguenti)

La crisi energetica e il contestuale aumento dei consumi hanno innescato una dinamica inflattiva che sta spingendo le banche centrali a intervenire. La Fed ha già detto che ridurrà il programma di acquisto titoli (facendo quindi tapering) e che potrebbe accelerare il rialzo dei tassi d’interesse già nel 2022.

La banca centrale europea è parsa più cauta: il programma di acquisti in chiave antipandemica (Pepp) terminerà a marzo, ma gli altri programmi rimarranno in piedi.

Una virata restrittiva delle politiche monetarie potrebbe innescare una correzione sui mercati azionari, ma è anche vero che un’inflazione eccessivamente alta potrebbe frenare la ripresa e ridurre i profitti delle aziende. I regolatori avranno il non facile compito di trovare il giusto equilibrio tra le due cose.
 

 

Omicron e le altre: l’impatto delle varianti sull’economia

Malgrado l’ottimismo che ha caratterizzato, in una varietà di gradazioni, tutto il 2021, il virus ha continuato a rappresentare una grossa fonte di preoccupazione. Tant’è che la maggiore battuta d’arresto dei listini, avvenuta a settembre, è stata proprio in concomitanza con un incremento dei contagi esponenziale in Paesi come Gran Bretagna e Germania.

Ritracciamento anche a novembre, alla notizia dell’arrivo della variante Omicron nel continente europeo e negli States. D’altra parte, l’aumento dei casi è pressoché immancabilmente destinato a ripercuotersi sull’economia, con il calo dei consumi e degli investimenti a fare da cinghia di trasmissione.

 

Emergenza clima: Glasgow tra accordi e disaccordi

Novembre è stato il mese della Cop26 di Glasgow. Ok limitare l’innalzamento della temperatura media globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali e, di conseguenza, il ricorso ai combustibili fossili, quindi avanti con la transizione energetica: ma se per alcuni Glasgow ha rappresentato un passo avanti di portata epocale, per altri ha dato luogo a un compromesso al ribasso insufficiente a frenare il cambiamento climatico.

 

Metaverso, criptovalute e Nft: la riscossa del virtuale?

Criptovalute sempre sotto i riflettori, con i loro vigorosi rialzi ma anche la loro volatilità da capogiro. La regina del comparto, Bitcoin, ha chiuso il 2021 appena sotto i 41mila euro di valutazione, dai circa 27mila di inizio anno.

Si è parlato tanto di Nft, Not fungible token, un token crittografico che rappresenta l’atto di proprietà e il certificato di autenticità scritto su Blockchain di un bene unico. Ma anche di Metaverso, ossia il mondo digitale parallelo annunciato da Facebook che, per l’occasione, ha anche modificato il suo nome in Meta.

Ma quello di Facebook non è l’unico metaverso su piazza: sulla piattaforma 3D Decentraland, infatti, la sussidiaria di Tokens.com, Metaverse Group, ha speso l’equivalente di 1,8 milioni di dollari per acquistare 4,8 metri quadrati nel distretto della moda.

 

Quali saranno i fatti salienti di gennaio e dei mesi a venire?

Da monitorare l’andamento dell’inflazione e le contromisure che governi e banche centrali metteranno in campo per limitarne l’impatto sulle economie, ma anche la campagna di vaccinazione anti-Covid, oltre ai nuovi farmaci contro il virus (al vaccino si aggiungerà la pillola di Pfizer, appena approvata anche dall’Ema).

Occhio anche alla partita geopolitica, come la questione Ucraina e il dossier Kazakhstan, che vedono affrontarsi Europa, Stati Uniti e Russia, con possibili ripercussioni anche sulle forniture di gas.

E rimane aperta anche la disputa commerciale e tecnologica tra Stati Uniti e Cina, fronte che continuerà a intrecciarsi con i faldoni belli tosti di Hong Kong e Taiwan.

Attenzione, infine, agli appuntamenti elettorali. In Italia, fari puntati sulla partita per il Quirinale – dal 24 gennaio al via le votazioni per il successore del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – e sulla tenuta del governo Draghi, con tutte le potenziali ripercussioni su economia, riforme e, soprattutto, gestione del pacchetto Pnrr.

 


 

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