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HomeECONOMIA E MERCATICOMMENTO AL MERCATORiassunto mensile di novembre: la prospettiva di una Fed più morbida dà forza al rimbalzo

Riassunto mensile di novembre: la prospettiva di una Fed più morbida dà forza al rimbalzo

Il momento positivo sulle Borse mondiali si è prolungato nel mese di novembre. A lanciare il minirally autunnale sono stati i primi dati positivi sull’inflazione, che sembra essersi lasciata alle spalle il picco in America e per la prima volta rallenta anche in Europa.

La situazione, tuttavia, rimane oggetto di oscillazioni e incertezze, poiché il conflitto in Ucraina non sembra essere vicino a una risoluzione e i prezzi dell’energia, nonostante la vistosa discesa osservata a ottobre, hanno ripreso a salire. Quantomeno, se si guarda al gas. Di contro, continua la discesa dei prezzi del petrolio, di fronte ai timori per un rallentamento economico a livello globale e alla prosecuzione della politica zero Covid in Cina, malgrado l’insofferenza ormai conclamata della popolazione.

Sui mercati è andata bene pressoché ovunque, a partire dall’Europa e dagli Stati Uniti. Più di tutti, però, si è evidenziata la grande rimonta dell’azionario cinese, che aveva vissuto momenti particolarmente grigi nel corso dell’anno. Sempre positivo, ma più sottotono, è stato il mese del Nikkei, a Tokyo, che ha realizzato un rialzo di pochi punti percentuali.

 

I fatti salienti del mese di novembre

All’inizio dello scorso mese c’è stato l’atteso meeting della Federal Reserve, la banca centrale Usa, che ha decretato il quarto rialzo dei tassi d’interesse consecutivo da 0,75%, portando il costo del denaro nella forchetta fra il 3,75% e il 4%.

Dai verbali della Fed, usciti verso fine mese, emerge però una maggioranza del board orientata verso un rallentamento del ritmo nel rialzo dei tassi, che nella riunione di dicembre dovrebbe essere di mezzo punto. A dare manforte a questo orientamento sono arrivati i buoni dati sul fronte del carovita: a ottobre, infatti, il dato sui prezzi al consumo è risultato al 7,7% su base annua, meno delle attese che avevano posizionato l’asticella al 7,9%. Questo ha galvanizzato i mercati mondiali e Wall Street, che ora vedono all’orizzonte un rallentamento nel percorso di restringimento della politica monetaria.

E se negli States il picco inflattivo sembra raggiunto, ora le cose sembrano andare meglio anche in Europa. Nell’Eurozona il dato sull’inflazione si è attestato per il mese di novembre al +10% su base annua, dal +10,6% di ottobre. In Italia il dato è stato stabile al +11,8%, una novità se si pensa che la corsa dei prezzi continuava ad accelerare ormai da molti mesi consecutivi. Anche questo, secondo gli analisti, dovrebbe essere un buon viatico verso una marcia più mite della Bce sul fronte dei tassi d’interesse.

I dati economici, dal canto loro, continuano almeno a non essere negativi: l’Istat ha confermato per l’Italia una crescita del +0,5% nel terzo trimestre dell’anno. Ed è tornata a crescere, a novembre, anche la fiducia di consumatori e imprese nel Vecchio Continente. Anche negli Stati Uniti il Pil del terzo trimestre è stato rivisto al rialzo al +2,9% rispetto al trimestre precedente, andando a configurare un possibile scenario di soft landing: vale a dire una mitigazione dell’inflazione accompagnata da una crescita economica ancora presente.

 

 

Nel nostro Paese, tra l’altro, ha visto la luce la prima bozza della manovra di bilancio, che destina 21 miliardi su circa 35 a calmierare le conseguenze del caro energia su imprese e famiglie.

Sempre a novembre si è tenuta la Cop27 a Sharm El-Sheikh, che per molti osservatori ha portato a pochi impegni concreti da parte delle potenze mondiali nella lotta al cambiamento climatico. In ogni caso, il risultato più tangibile è l’accordo sulla creazione di un fondo per compensare le drammatiche conseguenze degli eventi estremi nei Paesi più vulnerabili del mondo.

È stato anche il mese del G20 di Bali, evento che può annoverare il ripristino del dialogo tra Stati Uniti e Cina come tra i risultati più degni di nota.

La guerra in Ucraina ha conosciuto un importante punto di svolta: la ritirata delle truppe russe dalla città di Kherson, che è tornata nelle mani dei soldati di Kiev. Si tratta della più importante riconquista dell’esercito ucraino dall’inizio della controffensiva autunnale. Almeno inizialmente si pensava che questo evento avrebbe accelerato i colloqui di pace, ma le attese sono rimaste deluse e ora la Russia è impegnata in bombardamenti a tappeto sulle infrastrutture energetiche ucraine, con gran parte del Paese che è rimasta al freddo e al buio.

In Europa sono andati male i colloqui tra i ministri dell’Energia per trovare un accordo sul tetto al prezzo del gas. La Commissione europea aveva formulato una proposta che prevedeva un automatismo per calmierare i prezzi qualora le quotazioni fossero rimaste a 275 euro megawattora per almeno due settimane. Un price cap molto alto, quindi, che molti Paesi, tra cui l’Italia, hanno ritenuto inadeguato. Sta di fatto che il mancato accordo ha portato a un aumento dei prezzi del gas.

In Cina, nel frattempo, è in atto un’ondata di proteste contro le restrizioni della politica zero Covid del governo di Pechino. Se da una parte il governo ha risposto allentando leggermente le restrizioni, dall’altra sta reprimendo il dissenso per riportare l’ordine.

 

Come si sono mossi i mercati

Azionario. In Europa i principali listini hanno osservato guadagni significativi: Il Ftse Mib in Italia ha chiuso il mese ben oltre i 24.000 punti (+9,5% da inizio mese), in linea il Dax tedesco (9,2%). Bene anche il Cac40 francese, salito dell’7,6%. Negli Usa l’S&P 500 è salito del 5,3%. Più o meno in linea il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha visto una progressione del 5,4% della sua capitalizzazione. In Asia, il Ftse China A 50 ha osservato una ripresa del 13,8%. Ancora meglio l’Hang Seng a Hong Kong (+27,5%). In Giappone, il Nikkei ha guadagnato il 2,3%.

Obbligazionario. Il rendimento del bond decennale Usa è sceso fino a quota 3,59% (da 4,06%). Giù anche i rendimenti dell’Eurozona: Btp al 3,68%, Bund tedesco all’1,88% e Oat francese al 2,27%. In calo anche lo spread Btp-Bund.

Materie prime. L’oro è salito in modo deciso a 1.798 dollari l’oncia. Il gas naturale europeo ha ripreso quota, arrivando a 142 euro al megawatt/ora (a inizio ottobre era a 128). Il petrolio, al contrario, è sceso: a 88 dollari (da 95) il barile di Brent, a 82 il Wti (da 87 dollari).

Valute. L’euro ha riguadagnato punti nel cambio con il biglietto verde, portandosi a 1,04 dollari.

 

Eventi da tenere d’occhio nel mese di novembre

Il 13 e 14 dicembre si riunisce la Fed, mentre il 15 dicembre sarà il turno della Bce. Tutti si aspettano, dopo i dati incoraggianti sull’inflazione, che gli aumenti dei tassi d’interesse (sicuri per entrambe) saranno minori rispetto alle sedute precedenti e intorno al mezzo punto percentuale.

Gli sviluppi della guerra russo-ucraina continueranno giocoforza a essere monitorati, poiché da essa dipendono i costi dell’energia. Se si aprisse la possibilità di colloqui di pace, è verosimile che la speculazione sui mercati del gas diminuirebbe e anche i costi delle bollette tornerebbero a essere più miti, con un vantaggio per l’intera economia in Europa e non solo.

Il 13 dicembre sarà la volta di una nuova riunione straordinaria dei ministri dell’Energia, con la speranza che si riesca a trovare un accordo convincente sul pacchetto energia Ue, che ha il suo pezzo forte proprio nell’ormai famigerato price cap. Non solo gas: il 4 dicembre fari puntati sul meeting Opec+.

Ancora grandissima attenzione sui dati economici, inflazione in testa, per capire quanto profonda sarà, se ci sarà, la recessione che ormai molti danno per scontata a cavallo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023.

 


 

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