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Riassunto mensile di novembre: l’inflazione c’è e non è più “transitoria”

Si è appena concluso un mese abbastanza tribolato sui listini. In particolare i mercati europei hanno perso terreno nella seconda parte di novembre, condizionati dalle preoccupazioni per la diffusione della variante Omicron. Anche negli Stati Uniti l’S&P 500 ha vissuto un mese altalenante, chiuso poi su livelli più bassi rispetto a come lo aveva iniziato.

La Cina vive ancora un periodo grigio, caratterizzato dalle vendite in seguito alle ingerenze del governo di Pechino in alcune sue aziende tech accusate di mettere a repentaglio i dati sensibili dei cinesi.

Allo stesso modo, non è stato accantonato il tema dell’inflazione e del prezzo delle materie prime, argomenti che continuano ad animare i dibattiti politici. Dagli Stati Uniti, il presidente della Federal Reserve fresco di riconferma, Jerome Powell, ha fatto notare come l’aumento generalizzato dei prezzi potrebbe non essere transitorio, come invece più volte sostenuto dalle banche centrali al di là e al di qua dell’Atlantico.

 

I fatti salienti del mese di novembre

La notizia che ha avuto più impatto sui corsi azionari, in particolar modo quelli europei, è quella dell’arrivo della variante Omicron in Europa. Quest’ultima, partita dal Sudafrica, avrebbe caratteristiche nuove, tali da rendere il virus molto più trasmissibile. I governi europei hanno risposto spingendo l’acceleratore sulle terze dosi, e alcuni hanno reintrodotto alcune restrizioni. In Austria, primo Paese nel Vecchio Continente, scatterà l’obbligo vaccinale a partire da febbraio.

Un altro tema importante, come dicevamo poco fa, è quello legato all’inflazione. Nel mese di novembre, secondo le ultime stime dell’Istat, in Italia è salita del 3,8%: non accadeva dal settembre del 2008. Pesano soprattutto i prezzi dei beni energetici, alimentari e dei trasporti. Tra parentesi: nel nostro Paese ha fatto molto parlare l’opa lanciata dal fondo americano Kkr sul gigante italiano delle telecomunicazioni Tim.

 

 

Ma in tema di inflazione, come pure dicevamo prima, non se la passano meglio gli Stati Uniti. Qui, il capo della Fed Powell ha detto che sarebbe ora di “smettere di parlare di inflazione transitoria”, aggiungendo in seguito che nella prossima riunione – che si svolgerà a metà dicembre – si discuterà dell’opportunità di “accelerare il tapering”, ossia la riduzione dell’acquisto di titoli.

Novembre è stato anche il mese della Cop26 di Glasgow, dove i governi del pianeta si sono riuniti per fare il punto sui loro impegni nella lotta ai cambiamenti climatici. Molti commentatori hanno definito il documento finale un compromesso al ribasso, dal momento che prevede di “ridurre” anziché “eliminare” i combustibili fossili senza tabelle di marcia stringenti.

Ma per i più pervicaci realisti si è trattato comunque di un non trascurabile passo in avanti, considerato quanto giganti come India e Cina siano ancora legati al carbone (senza contare i legami con il petrolio di colossi come Russia e Arabia Saudita, con la Russia che è anche il dominus del gas).

In Cina ha provocato inoltre qualche scossone l’indiscrezione, pubblicata da Bloomberg, secondo la quale il governo di Pechino avrebbe chiesto a Didi Global (la Uber cinese) di effettuare un delisting da Wall Street. Una richiesta che rischia di creare un effetto domino sulle altre aziende cinesi quotate all’estero e causare la sfiducia generalizzata degli investitori internazionali.

 

Come si sono mossi i mercati

Cominciamo dall’azionario. In Europa i listini hanno fatto marcia indietro. Il Ftse Mib è sceso verso quota 26mila punti (da oltre 27mila). Anche il Cac 40 francese e il Dax tedesco hanno conosciuto una flessione simile. Negli Usa l’S&P 500 ha avuto un andamento ondivago, per chiudere in territorio leggermente negativo. Lo stesso vale per il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici.

In Asia, il Ftse China A 50 ha proseguito il suo periodo grigio. Così come l’Hang Seng a Hong Kong, che ha di nuovo sperimentato un mese negativo dopo un ottobre parzialmente incoraggiante. In Giappone il Nikkei si è sintonizzato sull’umore negativo dei mercati mondiali.

Sul versante obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è sceso nel corso del mese attorno a quota 1,48%, dall’1,57% di inizio novembre. In Europa lo spread Btp/Bund è rimasto tutto sommato stazionario, a quota 134 punti base (a inizio mese era a 130 punti).

Per quanto riguarda le commodity, l’oro è salito a quota 1.790 dollari l’oncia (dopo che a metà mese si era impennato fino a quota 1.875). Il gas naturale, pur rimanendo su livelli alti, ha ripiegato a 4,37 dollari al metro cubo (a inizio mese era a 5,30 dollari). Anche il petrolio ha chiuso in discesa, a circa 71 dollari al barile per il Brent e a quota 68 dollari il WTI.

Sul fronte valute, il dollaro si è apprezzato sull’euro e ha aerchiviato novembre a quota 1,13.

 

Eventi da tenere d’occhio nel mese di dicembre

Il mese di dicembre accenderà una luce sul destino dei mercati all’inizio del nuovo anno. L’andamento dell’inflazione andrà monitorato molto da vicino, poiché sarà questo a determinare le decisioni di politica monetaria delle banche centrali.

La riduzione degli stimoli, infatti, dovrebbe servire a limitare l’ondata inflattiva, ma si ripercuoterebbe sui mercati azionari. E se, da un lato, la Fed sembra avere già deciso cosa fare dando il via al tapering, in Europa la Bce ha ancora un atteggiamento attendista che sta dando adito a qualche critica.

L’ultimo mese dell’anno è anche quello delle manovre di bilancio dei governi. L’Italia è tra questi, dal momento che entro il prossimo mese presenterà una manovra che si propone di essere espansiva e portatrice di una riduzione delle tasse.

Sempre caldo, infine, il fronte del virus, in attesa di scoprire l’efficacia dei vaccini contro l’ultima variante e con l’incognita delle nuove che potrebbero prendere forma, tra esitazione vaccinale nei Paesi in cui i vaccini ci sono e sono accessibili e difficoltà di accesso alle vaccinazioni nei Paesi più poveri, spaventosamente indietro nelle campagne di somministrazione.

Un peggioramento inatteso della situazione rischierebbe di mettere a repentaglio la ripresa economica e di rovesciare il quadro che, al momento, è atteso per il 2022: quello, cioè, di un proseguimento della crescita, sebbene a ritmi meno tumultuosi rispetto a quelli che abbiamo visto quest’anno.

 


 

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